IL digiuno e l’astinenza nella vita attuale della Chiesa – VII
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L’originalità del digiuno cristiano
7 Di fronte al rapido mutare delle condizioni sociali e culturali caratteristico del nostro tempo, e in particolare di fronte al moltiplicarsi dei contatti interreligiosi e al diffondersi di nuovi fenomeni di costume, diventa sempre più necessario riscoprire e riaffermare con chiarezza l’originalità del digiuno e dell’astinenza cristiani.
Oggi, infatti, il digiuno viene praticato per i più svariati motivi e talvolta assume espressioni per così dire laiche, come quando diventa segno di protesta, di contestazione, di partecipazione alle aspirazioni e alle lotte degli uomini ingiustamente trattati. Circa poi l’astinenza da determinati cibi, oggi si stanno diffondendo tradizioni ascetico-religiose che si presentano non poco diverse da quella cristiana.
Pur guardando con rispetto a queste
usanze e prescrizioni – specialmente a quelle degli ebrei e dei musulmani, – la Chiesa segue il suo Maestro e Signore, per il quale tutti i cibi sono in sé buoni e non sono sottoposti ad alcuna proibizione religiosa (18), e accoglie l’insegnamento dell’apostolo Paolo che scrive: «Chi mangia, mangia per il Signore, dal momento che rende grazie a Dio» (Rm 14,6).
In tal senso, qualsiasi pratica di rinuncia trova il suo pieno valore, secondo il pensiero e l’esperienza della Chiesa, solo se compiuta in comunione viva con Cristo, e quindi se è animata dalla preghiera ed è orientata alla crescita della libertà cristiana, mediante il dono di sé nell’esercizio concreto della carità fraterna.
Custodire l’originalità della penitenza cristiana, proporla e viverla in tutta la ricchézza spirituale del suo contenuto nelle condizioni attuali di vita è un compito che la Chiesa deve assolvere con grande ‘vigilanza e coraggio. Il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione
8 In rapporto all’originalità del digiuno e dell’astinenza è da risvegliare la consapevolezza che la prassi penitenziale della Chiesa, n°lle sue forme molteplici e diverse, raggiunge il suo vertice nel sacramento della Penitenza e della Riconciliazione.
Il cammino per la conversione del cuore, D desiderio e l’impegno per il rinnovamento spirituale, l’apertura sincera al “credere al vangelo” (cf Me 1,15) trovano la loro verità piena e la loro singolare efficacia nel segno sacramentale della salvezza, operata dalla morte e risurrezione di Gesù e da lui donata alla Chiesa con l’effusione del suo Spirito.
Solo nell’inserimento nel mistero di Cristo morto e risorto, mediante la fede e i sacramenti, tutti i gesti, grandi e piccoli, di penitenza e di digiuno e tutte le opere, note e nascoste, di carità e di misericordia acquistano significato e valore di salvezza.
Il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione si rivela in tal modo necessario non solo per ottenere il perdono dei peccati commessi dopo il Battesimo, ma anche per assicurare autenticità e profondità alla virtù della penitenza e alle diverse pratiche penitenziali della vita cristiana.
Dal rifiorire di una più diffusa e frequente partecipazione a questo sacramento, vissuto nella fede in tutti gli atti che lo compongono – dall’umile confessione delle colpe al pentimento, dal proposito di rinnovare la propria vita all’accoglienza del dono divino della misericordia, fino al compimento della soddisfazione, – l’insieme della prassi penitenziale della Chiesa potrà acquistare la pienezza del suo significato inferiore e religioso, e farsi strumento di sincero e genuino rinnovamento morale e spirituale. Mediante il sacramento, infatti, lo Spirito crea il cuore nuovo, diventando così legge di vita, ossia risorsa di grazia e sollecitazione per un’esistenza convertita e penitente (19).
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