Il dialogo con i figli deve partire dai genitori
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Il confronto della verità
I nostri figli hanno colto i nostri limiti, i nostri difetti e compromessi, i nostri tradimenti e le nostre falsità e per questo prendono a “calci” tutto e tutti. Quando vengono traditi dentro, danno un “calcio grosso” soprattutto alla loro vita. Sono tante piccole cose di cui voi forse non vi siete neppure accorti perché, pensavate, “mio figlio non vede, non capisce”. E invece siamo noi che non vedevamo loro, non capivamo loro.
Se avessimo avuto il coraggio di dire: «Sì, ho sbagliato, sono stato uno “stupido”, un debole, perdonami», vostro figlio vi avrebbe perdonato, perché tutti siamo peccatori, anche lui lo è. I vostri figli sono più buoni di voi perché sono più veri, più genuini, ma non hanno trovato il confronto della verità. La verità è che voi non siete stati dei modelli di vita autentica, sincera. I figli non pretendono la perfezione dai genitori, ma desiderano la sincerità, perché il cuore dei bambini e degli adolescenti cerca la conferma della verità, della coerenza.
Ma ora non sentitevi in colpa, non voglio questo: tutti siamo poveri e peccatori, ma dobbiamo riconoscerlo. Sapete perché in Comunità stiamo bene insieme? Perché mettiamo in comune non le nostre doti, le nostre qualità, la nostra santità, ma perché mettiamo in comune “sul tappeto” i nostri limiti, i nostri difetti, le nostre piaghe aperte. Allora questo ci rende compassionevoli e buoni gli uni verso gli altri, ci rende più pazienti, perché il “tuo” peccato è il mio, le “tue” miserie sono le mie.
Tutte le sere i ragazzi, dopo il Rosario e la lettura della Parola, si siedono in cerchio e raccontano la loro giornata, parlano di sé, condividono. A chi? Ai fratelli che vivono con loro. Sono loro i “maestri” gli uni degli altri, lo “psicologo” l’uno dell’altro. Insegniamo loro a liberarsi, nella pace, nella verità e nel perdono, dal peso dei compromessi che rimanendo dentro dì noi diventano tristezza, diventano motivo per scappare.
Quello che ho fatto di male mi ritorna in mente, mi occupa i pensieri, mi “martella” il pensiero, la coscienza, mi da fastidio… e allora cosa faccio? Scappo! Così è incominciato tutto: i vostri ragazzi dovevano dirvi delle cose, ma non hanno saputo o potuto dirvele quando avevano dodici anni, dieci anni, otto anni, perché sentivano urlare papa e mamma, perché non c’era tempo per dirsi delle cose nella pace, nella verità, nel perdono.
Si sono tenuti tutto dentro, hanno macinato, ingoiato, sofferto con rabbia, con violenza, e poi sono scappati perché erano stanchi, non ce la facevano più. Il papà non aveva tempo per ascoltare: «Stai zitto, sono stanco. Cosa vuoi? Lavoro tutto il giorno, ti mantengo, porto a casa i soldi!». E la mamma: «Non parlare, lasciami guardare la telenovela, zitto!».
E tutto questo ripetuto una volta, due, dieci… poi, quando crescono, i genitori ad un certo momento dicono: «I miei figli non dialogano». Ma pensa a quante volte gli hai chiuso la bocca, magari sin dai primi mesi di vita: già da piccolo ogni volta che piangeva gli “chiudevi” la bocca col “ciuccio”. Poi, crescendo, hai continuato ripetendogli sempre: “Stai zitto!”. Lì è “nato” il potenziale drogato perché è iniziata la sfiducia, la spaccatura tra genitori e figli, il mutismo.
Una volta, quando tornavo a casa in treno, ho assistito a questa scena: un bambino di quattro anni, mentre il treno correva, guardava fuori dal finestrino e chiamava continuamente la mamma dicendole: «Mamma, mamma, guarda che bei fiori!». La mamma stava leggendo un libro, e per tre o quattro volte non ha mai risposto. Poi, finalmente, apre la bocca e dice: «Stai zitto un momento, lasciami stare!».
Tra me riflettevo: quel bambino crescerà e quando avrà quindici anni non parlerà più con sua madre, diventerà “muto”, e allora i genitori diranno: «Non dialoga mai con noi!». Ma non gli è stata data la possibilità di aprirsi quando “parlava”. Dovete diventare sensibili, veri, e come genitori avere il coraggio di dire: «Cos’hai da dirmi?», e lui: «Sai, mamma, ti volevo dire che l’altro giorno, quando hai risposto così freddamente al papa, ci sono rimasto male. Poi vai dappertutto, vai di qua e di là, ma non ti prendi cura del papa, di noi».
I vostri figli vogliono vedere dei genitori con degli occhi luminosi, sorridenti, in pace con loro stessi, uniti. Desiderano solo vedere voi felici: la loro vita è nella vostra gioia!
Madre Elvira Petrozzi
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