Il Crocifisso che alcuni avrebbero voluto eliminare dalle aule
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Ci piace ricordare quanto ebbe a dire Sua Santità Giovanni Paolo II, in occasione della giornata mondiale della Pace del 1999, ovvero che la libertà religiosa costituisce il cuore stesso dei diritti umani. Essa è talmente inviolabile da esigere che alla persona sia data la possibilità persino di cambiare religione, secon-do la sua coscienza. Ciascuno, infatti, è tenuto a seguire la propria coscien-za, in ogni circostanza e non può essere costretto ad agire in contrasto con essa. Proprio per questo, nessuno può essere obbligato ad accettare per forza una determinata religione, quali che siano le circostanze e le motivazioni.
Ci piace, altresì, richiamare l’articolo 19 della nostra Costituzione il quale recita che tutti hanno diritto di professare la propria fede religiosa, liberamente, in qualsiasi forma, individuale od associata, di farne propa-ganda e di esercitare, in privato o in pubblico, il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume. Basterebbero queste due citazioni per far accantonare ogni pretesa, da qualsiasi parte provenga, di schiodare dai muri dei pubblici uffici e delle scuole il crocifisso.
Ma vi è di più perché lo Stato non può certamente incentivare o consentire che si commettano reati; infatti rimuovere il crocifisso, esposto pubbli-camente, cade sotto il disposto dell’ultimo com-ma dello articolo 404 del Codice Penale, il quale, con il titolo di “Offesa ad una religione mediante vilipendio e danneggia-mento di cose” recita che chiunque, pubblicamente e intenzio-nalmente distrugge, disperde, deterio-ra, rende inservibile o im-bratta cose che formino oggetto di culto o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto è punito con la reclusione fino a due anni.
Queste considerazioni scaturiscono dalla sentenza della Corte di tutela dei Diritti dell’uomo di Strasburgo, emessa in passato, con la quale si era chiesto allo Stato italiano di rimuovere il crocifisso dalle aule scolastiche, perché la Sua presenza avrebbe costituito una violazione del diritto di educare i giovani secondo le loro convinzioni. Stricto iure, la richiesta era inaccoglibile perché non in linea con le garanzie di libertà religiosa che lo Stato Italiano riconosce a tutti i credi, purchè non ledano i diritti altrui.
Compete, indubbiamente, allo Stato, secondo il dettame costituzionale dello articolo 3, rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale per garantire a tutti i cittadini pari dignità davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali. Siffatti ostacoli possono menomare la li-bertà e l’uguaglianza, condizionando il pieno svilup-po della persona umana, siccome viene garantita, altresì, dall’ONU, dalla UE con precise norme alle quali, ai sensi dell’articolo 10 della Costituzione, il nostro Stato si conforma, purchè generalmente riconosciute.
Ma siffatta aspirazione di libertà e di uguaglianza, proprio per-ché tale, per affermarsi ed espandersi, non può me-nomare i diritti acquisiti da altri, anzi è tenuta a proteggerli e a tutelarli. Non si può parlare di libertà e di uguaglianza se si vuole distruggere il simbolo di una Fede, apposto su di un muro, conformemente a quanto stabilisce la legge, ma prima ancora la coscienza umana, per esporre, al suo posto, un altro, di altro credo o nessun altro, per il trionfo del laicismo, dell’ateismo, dell’agnosticismo. E’ noto che dopo il Concordato del 1984 fra lo Stato Italiano e la Santa Sede, la religione cattolica non è stata più riconosciuta religione di Stato, ma soltanto una confessione ammessa nello Stato.
Con la legge del 24 febbraio 2006 nr°85 è stato abrogato l’articolo 406 del CP, il quale recitava che chiunque avesse commesso uno dei fatti prevedenti dagli articoli 403 CP (offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone); 404 CP (offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose;) 405 CP (turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa) veniva punito nei termini dei predetti articoli ma la pena era diminuita La soppressione del suddetto articolo 406 CP ha riaffermato e rafforzato il principio della piena colpevolezza di chi offende qualsiasi credo religioso ammesso nello Stato, nei modi anzidetti senza alcuno sconto di pena.
E’ stato soppresso altresì l’articolo 402 del CP che prevedeva la punibilità di chi avesse offeso la religione di Stato. Il surrichiamato Concordato del 1984, poi, che ha fatto seguito a quello del 1929, non ha minimamente scalfito i Regolamenti del 1924 e del 1928 che autorizzavano l’esposizione del crocifisso nei pubblici uffici e nelle scuole, per cui, non essendo nemmeno caduti in desuetudine, non si vede a quale norma giuridica lo Stato possa appellarsi per rimuoverlo.
(Continua)
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