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Il bene dell’altro

16 Aprile 2015 | Filed under: Riflessioni
     

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Cosa significa amare Dio e come possiamo rispondere al suo amore per noi? La Scrittura ci da la testimonianza di un Dio che è amore e che ci ama in modo preveniente e incondizionato; il suo amore interpella la fede e impegna totalmente l’uomo.

Ma l’a­more di Dio non va disgiunto dall’amore per il prossimo. L’amore è il fine della vita cri­stiana, il comandamento nuovo, definitivo che Gesù ci ha lasciato. Amare il prossimo significa ricercare il bene dell’altro, operare a favore dell’altro; è un cammino che non si mitre di idealismi, ma avviene attraverso gesti e atteggiamenti vissuti nel quotidiano e che costituiscono una grammatica umana dell’a­more.

Nell’Antico Testamento troviamo questo concetto espresso in un comando che viene sviluppandosi nei secoli fino a realizzarsi pie­namente nella vita di Gesù, vero “paradigma di cosa sia l’amore del prossimo”. In lui trova infatti completa espressione l’antico coman­damento, prima ancora di essere riformulato a parole.

Ci sono tanti tipi di amore, da quello che lega genitori, figli, educatori, a quello tra amici, o tra uomo e donna. Ciascuno ha caratteristiche precise: l’uno nasce da legami di sangue, l’altro da affinità o esperienza con­divisa, l’altro ancora da attrazione sessuale e bisogno di uscire dalla famiglia per costruire una nuova vita in cui essere protagonisti.

Ma c’è un altro amore, quello verso il prossimo, che non può nutrirsi della logica degli amori di cui si diceva prima e sono tante le manie­re in cui esso si esplicita. Noi crediamo di comunicare avvicinandoci in tempo reale a chi si trova a grande distan­za da noi, ma questo non crea prossimità, anzi, l’illusione di avvicinarsi grazie a mezzi di comunicazione sempre più sofisticati è una delle malattie più gravi del mondo di oggi. Solo la prossimità fisica rende possibile una vera relazione.

Senza di essa si passa con faci­lità dalla solitudine all’isolamento. E questo il rischio che corrono vecchi e malati, che hanno bisogno della presenza dell’altro. L’amore del prossimo è per chi io rendo vici­no: quando lo rendo vicino potrò amarlo. Per un vero colloquio dobbiamo vedere il corpo dell’altro, sentire il suo odore, guar­darlo negli occhi.

Mentre nel Levitico (Lv 19,18) si dice: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” a conclusione di una serie di comandi, in base ai quali ogni israelita era chiamato ad avere col prossimo una relazione fraterna contrassegnata da amore, ben tre volte si trova nella Bibbia l’esortazione: “Amerai lo straniero che risiede presso di te”.

Dunque, il prossimo non era solo il fratello ebreo ma anche chi si fosse rifugiato nel suo territorio, per lavoro o per altri motivi. Amare come te stesso indica che devi prima amare te stesso e questo è possibile quando percepisci te stesso come creatura di Dio. Solo allora puoi amare l’altro. Si potrebbe dire: “Ama il tuo prossimo per­ché è come te stesso”

Padre Eduardo Scognamiglio


     

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