I Testimoni di Geova – Lezione y
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La Madonna contestata
Gesù, Perché primogenito?
I contestatori della verginità perpetua di Maria dicono: La Bibbia afferma che Maria diede alla luce il suo primogenito (Luca 2, 7). Dunque ebbe un secondo, un terzo, un quartogenito ecc. Se così non fosse stato, l’evangelista avrebbe dovuto dire: “diede alla luce il suo unigenito”.
Si risponde:
– In tutte le lingue, presso tutti i popoli, il primo nato -è sempre detto primogenito, seguano o no altri fìgli.
– Presso gli Ebrei, poi, il primo nato era sempre detto e rimaneva sempre primogenito per- ché al primo nato erano riservati particolari diritti di famiglia (Deuteronomio 21, 15-17).
– Una sicura conferma a questo modo di pensare e di chiamare il primo nato è stata recentemente data da una scoperta archeologica. In una iscrizione di un cimitero giudaico, datata il 28 gennaio dell’anno 5 avanti Cristo, una madre, di nome Arsinoe, morta dopo aver dato alla luce un unico fìglio, dice: “Nel dolori del parto del mio primogenito la sorte mi condusse al termine della vita”.
E’ chiaro che quel bambino non ebbe altri fratelli né quella donna altri fìgli. Sarebbe stato più appropriato – secondo noi – dire unigenito. Chi compose quella iscrizione la pensava diversamente. Egli usò il termine primogenito, non unigenito.
Come rispondere?
1 – Dicono: Lo stato di verginità perpetua era estraneo alla mentalità ebraica.
Si risponde:
– Non è affatto vero che al tempo di Maria e di Giuseppe lo stato di perpetua continenza, quale consacrazione a Dio, fosse sconosciuto presso gli Ebrei. Sia uomini che donne si votavano a tale stato. Lo attesta lo scrittore giudeo Filone e lo confermano inequivocabilmente i documenti scoperti in questi ultimi decenni nelle grotte di Qumrám in Palestina.
– Lo stato di perpetua continenza sarà scelto da Cristo e da lui consigliato per il Regno di Dio (Matteo 19, 10-12). “Se qualcuno ha abbandonato casa, moglie ecc., riceverà di più in questa vita, e nel futuro la vita eterna” (Luca 18, 29).
– San Paolo e tanti altri discepoli di Cristo provenienti dal giudaismo hanno accolto l’invito di Cristo e non si sono sposati per lavorare meglio, cioè a tempo pieno, per il Regno di Dio (1 Corin- zi 7, 7) .
2 – Dicono: Passi per Maria. Ma com’è possibile ammettere che Giuseppe avesse l’intenzione di sposare Maria e vivere in perpetua continenza?
Si risponde:
E’ chiaro che l’uomo senza lo Spirito di Dio non comprende le cose dello Spirito. Le giudica assurdità (1 Corinzi 2, 14). I tdG che contestano la perpetua continenza di Giuseppe rivelano una mentalità naturalistica, materialistica. Per loro il regno di Dio consiste nel mangiare cibi prelibati, bere vini squisiti, niente digiuno’ niente continenza, obbligo di moltiplicarsi per popolare la terra…”.
– Non così giudica l’uomo spirituale (1 Corinzi 2, 15). Certo è lecito pensare che Giuseppe non sia entrato da sé nel nuovo ordine di idee simili a quello di Maria. Ma è stato illuminato e guidato dallo Spirito: ha potuto giudicare solo per mezzo dello Spirito (1 Corinzi 2, 14). “Giuseppe, figlio di David, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo” (Matteo 1, 20).
3 – Dicono: Sarebbe forse un disonore per Maria se avesse avuto altri fìgli? La maternità, la vita coniugale sono forse un male, un peccato?
Si risponde: – Né la Bibbia e tanto meno la Chiesa Cattolica hanno mai detto che la maternità o la vita coniugale sia un peccato o anche un’imperfezione. Tutt’altro! La Chiesa Cattolica ha condannato antichi eretici che negavano la bontà delle nozze. Se qualche cattolico avesse una mentalità diversa, il suo modo di pensare non potrebbe essere attribuito alla Chiesa.
– Per i cattolici – in piena fedeltà alla Bibbia – il matrimonio, la paternità, la maternità so- no realtà sacre. Dio stesso le ha volute e le vuole. Egli ha benedetto l’unione dei due sessi agli albori dell’umanità (Genesi 2, 24). La Chiesa Cattolica, a differenza di altre Chiese e sette, considera il matrimonio come un sacramento.
– Tuttavia, sull’esempio di Gesù che non volle sposare, e alla luce del suo insegnamento (Matteo 19, 1-12; Luca 18, 29; 1 Corinzi 7, 7), la perpetua continenza a servizio del Regno di Dio, liberamente scelta, è uno stato di vita cristiana conforme all’ideale evangelico. Dio la ispira e dà anche gli aiuti necessari per praticarla. E’ una decisione eroica, che pochi cristiani fuori del cattolicesimo hanno il coraggio di prendere.
4 – Dicono: L’Apostolo Paolo chiama Marco anepsios, ossia cugino di Barnaba (cf. Colossesi 4, 10). Doveva usare lo stesso termine anepsios, e non adelphòs, se voleva dire che Giacomo era cugino, e non fratellastro di Gesù (cf. Galati 1, 19).
Si risponde:
a – Nel vocabolario greco-italiano di Lorenzo Rocci (,sotto la voce anepsios) è detto che anepsios significa congiunto, parente, e frequentemente cugino, nipote e anche lontano parente. in effetti, la parola nepos (= nipote) deriva da anepsios. Marco dunque poteva essere anche nipote o lontano parente di Barnaba.
Il fatto che Pietro lo chiama figlio mio (cf. 1 Pietro 5, 14) è un segno che doveva essere piuttosto giovane. E la cosa è confermata se, a giudizio di molti esegeti, Marco va identificato con qued neanil scos (= giovanotto), di cui parla appunto il vangelo di Marco (14, 51).
La traduzione latina del Nuovo Testamento, detta Volgata, rende anepstos con la parola con sobrinus, che come anepsios ha un signfficato elastico, e non significa necessariamente cugino. Anche altre versioni rendono anepsios e consobrinus con la parola nipote.
b – Diverso è il caso di Giacomo. Ricordando il suo incontro con lui a Gerusalemme, Paolo lo chiama o piuttosto lo designa com’era generalmente designato in quella comunità, ossia fratello del Signore (Galati 1, 19). Paolo vuol mettere in risalto la posizione occupata da Giacomo a Gerusalemme, e non il grado della sua parentela con Gesù
I parenti (= cugini) di Gesù erano indicati nella catechesi come i fratelli del Signore. Paolo si attiene a questa fraseologia. Non c’era bisogno di specificare meglio. Tutti sapevano che Giacomo era un cugino di Gesù, fìglio dell’altra Maria.
5 – Dicono ancora:
San Giovanni, parlando dei fratelli di Gesù (cf. Giovanni 7, 5) cita indirettamente il Salmo 69, 9 dov’è detto che i fratelli erano figli della stessa madre. I cosiddetti fratelli di Gesù sono dunque figli di Maria.
Si risponde:
a – San Giovanni non cita il Salmo 69, 9 né direttamente né indirettamente. Che non lo citi direttamente appare chiaro dal fatto che le parole del Salmo 69, 9 non si trovano né in san Giovanni né in alcun altro scrittore del Nuovo Testamento.
Che lo citi indirettamente è una pura, gratuita, settaria supposizione dei tdG, vale a dire una loro aggiunta alla Parola di Dio (cf. Apocalisse 22, 8; Deuteronomio 4, 2).
b – Sì, nel Salmo 69, 9 si precisa che i fratelli di cui si parla, sono figli della stessa madre. Dice il salmista:
Un estraneo son diventato ai fratelli e un forestiero ai figli di mia madre (Garofalo).
In base al cosiddetto parallelismo, che regola la poesia ebraica, il secondo verso ripete il concetto del primo e precisa che i fratelli, di cui si è parlato, sono fratelli carnali, fìgli della stessa madre.
Se né Giovanni né alcun altro scrittore del Nuovo Testamento citano mai Salmo 69, 9, è segno evidente che erano convinti di non poter adattare ai cosiddetti fratelli di Gesù quelle parole del Salmo. I cosiddetti fratelli di Gesù non erano fìgli della stessa madre.
c – E’ questo è tanto più signifìcativo in quanto sia nei vangeli che in san Paolo sono citati tanti altri versetti del Salmo 69, ma mai il verso 9 . Sarebbe stato ovvio sia per Giovanni che per Matteo (Cf. Giovanni 7, 5; Matteo 12, 46-50) citare il Salmo 69, 9 quando parlano dell’avversione dei cosiddetti fratelli di Gesù nei riguardi di lui. Non lo fanno perché erano convinti che nel caso di Gesù non si trattava di fratelli carnali, figli della stessa madre, ma di parenti (cugini o secondi cugini).
Padre Nicola Tornese s.j.
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