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I Testimoni di Geova – Lezione XXVIII

29 Gennaio 2014 | Filed under: Testimoni di Geova and tagged with: Falsificatori Bibbia, Testimoni di Geova
     

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Geova
 

 Geova – Chi era costui?

Ancora equivoci e sofismi

 

1 – L’errore:

I tdG vorrebbero far intendere che la preoccupazione principale dei primi cristiani era quella di chiamare e far chiamare Dio col nome di Geova. Come prova citano le parole di san Pietro nel giorno di Pentecoste, che sottolineò una componente essenziale dei messaggio cristiano quando citò le parole di Gioele: “Chiunque invocherà il nome di Geova sarà salvato” (Atti 2, 21; Gioele 2, 32) .

La verità:

a) Come sempre, l’uso che i geovisti fanno della- Bibbia è arbitrario, opportunista, settario. Ilel caso presente è da dimostrare anzitutto che Gioele abbia chiamato Dio col nome di Geova. I fatti indicano il contrario perché questo falso nome di Dio fu inventato per errore nel 1530, circa duemila anni dopo Gioele, e millecinquecento dopo san Pietro. Né Gioele  né Pietro potevano chiamare Dio Geova.

b) Il significato delle parole di Gioele e di Pietro non è quello insinuato settariamente dal Corpo Direttivo geovista. Né Gioele né Pietro volevano dire che, per essere salvi, bisogna chiamare Dio col nome di Geova (o anche di Jahve). Nome vuol dire “Persona” nello stile biblico. Invocare il Nome vuol dire “rivolgersi a una persona”. Sia Gioele sia san Pietro volevano dire che per essere salvi bisogna rivolgersi al vero Dio, cioè che la salvezza viene solo dal vero Dio, non dai falsi dèi. Il nome qui non c’entra.

e) Infine il Nome, cioè la Persona, a cui san Pietro si riferisce, è quello di Gesù. Soltanto da Gesù può venire la salvezza (cf. Atti 4,22).

“I cristiani designano se stessi come “coloro che invocano il nome del Signore” (cfr. Atti 9,14.21; 22,16; 1 Corinzi 1, 2; 2 Timoteo 2, 2); però il nome “Signore” non è riferito più a Jahve, ma a Gesù (cfr. Filippesi 2, 11; Atti 3, 16). Nel giorno del giudizio ci sarà salvezza o condanna a seconda che si sarà invocato o no questo nome, se sarà riconosciuto o meno Gesù come Signore (cfr. Atti 4, 12 e Romani lo, 9)”

2 – L’errore:

In modo simile i tdG strumentalizzano le parole di san Giacomo, di cui in Atti 15, 14-15: “Simone ha narrato come Dio ha avuto cura di scegliersi tra le genti un popolo per il suo Nome”. A parere dei geovisti, Simone avrebbe detto che i pagani devono conoscere e chiamare Dio col nome di Geova .

La verità:

a) Anche qui come nel testo precedente di Atti 2, 21 la spiegazione geovista è superficiale e setta- ria. Ripetiamo ancora una volta che nome, nello stile biblico, indica la persona. Invocare il Nome di Dio, temere il Nome di Dio, consacrarsi al Nome di Dio ecc. significa invocare, temere, consacrarsi alla Persona del vero Dio, qualunque sia la parola usata per chiamarlo. Qui non c’entra affatto Geova.

b) San Giacomo voleva dire che Dio, il vero Dio, aveva programmato fin dall’eternità di chiamare anche i pagani (le nazioni) alla sua vera conoscenza e adorazione. Trarre un popolo per il suo Nome significa chiamare i pagani a far parte del popolo del vero Dio. Non vi è nessun riferimento a come il vero Dio debba essere chiamato. E’ un’insinuazione settaria dei tdG.

3 – L’errore:

Hanno pure scritto: “L’apostolo Paolo non lasciò dubbi sull’importanza che aveva per lui il nome di Dio. Nella sua lettera ai Romani, cita le stesse parole del profeta Gioele e incoraggia quindi i suoi conservi cristiani a mostrare la loro fede in quella dichiarazione andando a predicare il nome di Dio ad altri affinché questi pure potessero essere salvati (Romani 10- 13-15)”

La verità:

            a) Leggendo il contesto della Lettera ai Romani, cap. 10, appare chiaro che san Paolo non parla affatto di Geova. Egli parla solo e sempre di Cristo come termine della Legge (v. 4), come Signore (v. 9) e afferma che chiunque crede in Lui (in Cristo) non sarà deluso (v. 11), applicando a Cristo ciò che in Isaia 28,16 è detto del fondamento sicuro di salvezza cioè di Jahve.

b) In questo contesto Paolo applica a Cristo il testo di Gioele: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato” (Gioele 2, 32; Romani 10, 13). Né in Paolo né in Gioele c’è “Geova”. Paolo rivolge le sue parole sia ai Giudei sia ai pagani. Non c’era proprio bisogno di ricordare ai Giudei che per salvarsi bisognava invocare Jahve (non Geova). Già lo sapevano. Egli vuole precisare sia coi Giudei che coi pagani che solo la Persona di Cristo può salvare. Il Signore da invocare è Cristo, non Jahve (Geova non c’entra affatto). Applicando a Gesù il titolo di Signore, riservato solo a Dio nell’Antico Testamento, è evidente che nel pensiero di Paolo l’opera e la dignità di Cristo coincidono con l’opera e la dignità di Dio, dell’unico Dio.

Padre Nicola Tornese s.j.


     

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