I Testimoni di Geova – Lezione XXII
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Quanto detto finora sulla psychè è dottrina biblica e rimane valida. Ma alla scuola di Gesù i veri cristiani hanno imparato a conoscere meglio la psychè: vi è stato un approfondimento e arricchimento di significato. La psychè umana è conosciuta nella sua interezza solo quanto la si concepisce dotata di una dimensione spirituale e immortale.
A questo proposito ripetiamo le belle parole del gesuita McKenzie:
“La novità della fede del Nuovo Testamento non deriva da una nuova idea del nefesh-psychè, ma da una rivelazione radicalmente nuova del significato della vita e della salvezza”.
a) Gesù ha detto chiaramente che nell’uomo a componente spirituale che è sede della soprannaturale e in quanto tale sfugge alla morte terrena e si proietta nell’aldilà: è immortale. Diceva ai discepoli:
“Non temete coloro che uccidono il corpo ma non uccidere l’anima (psychè). Temete, piuttosto, Colui che può far perire e anima (psychè) e corpo nella Geenna” (,Matteo 10,20,Garofalo).
Oltre dunque alla vita umana, che può essere stroncata dall’uomo, Gesù afferma l’esistenza d’una vita (psychè), che sfugge alla morte terrena. L’uomo non ha potere su di essa. Continua anche dopo la morte del corpo e può essere gettata nella Geenna (cf. Luca 12,4)
b) si tratta d’una realtà presente non di una di futura felicità; di un tesoro già posseduto che bisogna custodire gelosamente, preservare per la vita eterna, costi quel che costi.
Perciò diceva Gesù:
“Chi ama la sua vita (psychè) la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna” Giovanni 12,24, Garofalo).
Il significato è che esiste nell’uomo una realtà che bisogna conservare per la vita eterna: nulla vieta di chiamarla anima come parte spirituale e immortale dell’uomo. Per conservarla, è necessario non amarla d’un falso amore, cedendo cioè alle passioni e al peccato, ma di quell’amore vero, che al mondo può sembrare odio, ma di fatto è vero amore
c) I fedeli discepoli di Cristo capirono bene quale tesoro fosse presente nell’uomo e ne fecero oggetto delle loro cure pastorali. Certo Cristo stesso continua ad essere pastore e guardiano delle anime (psychai) (cf. 1 Pietro 2,25), ma ha voluto che anche i suoi rappresentanti fossero responsabili della loro salvezza. Paolo pieno di zelo assicurava i cristiani di Corinto:
“Ora molto volentieri per le vostre anime (psychai) Io spenderei tutto e spenderei anche interamente me stesso” (2 Corinzi 12,15).
Qui san Paolo parla in qualità di ministro di Cristo. La sua generosità verso quei cristiani non aveva come scopo il loro benessere materiale e sociale, ma i loro interessi eterni, la salvezza delle loro anime.
Lo stesso interesse dimostra l’apostolo quando esorta i destinatari della Lettera agli Ebrei di non venire meno davanti alle prove: “Noi però non siamo di quelli che si ritirano a rovina, ma di quelli che credono a salvaguardia dell’anima (psychè)” (Ebrei 10,39). E consiglia loro di obbedire alle loro guide perché esse vegliano per le vostre anime (psychai) come coloro che devono renderne conto (Ebrei 13,17).
Non meno zelante si mostra san Giacomo quando scrive: “Rigettando ogni sozzura ed eccesso cattivo, accogliete con dolcezza la parola in voi seminata, che può salvare le anime (psychai) vostre” (Giacomo 1,21).
Un testo di san Giacomo (5,20)
L’errore:
Giacomo ammette che l’anima muore. In- fatti scrive: “,Colui che converte un peccatore dall’errore della sua via salverà la sua anima dalla morte” (Giacomo 5,20).
La verità: Riportiamo, anzitutto, per intero il testo di san Giacomo:
“Fratelli miei, se qualcuno tra voi avesse errato lontano dalla verità e qualcuno l’avesse avvertito, sappia che chi converte un peccatore dal suo traviamento sal- verà l’anima sua dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati” (Giacomo 5,19-20, Garofalo).
Spiegazione:
a) San Giacomo assicura una ricompensa divina allo zelo o amore di colui che riesce a ricuperare dalla cattiva strada un traviato. Questa ricompensa è espressa con le parole: “Salverà l’anima sua dalla morte”. Che cosa dobbiamo intendere per “morte dell’anima”?
Se per anima (greco psychè) s’intende la “persona”, è chiaro che Dio non ha mantenuto mai la sua promessa. Infatti, vi sono stati moltissimi uomini, cristiani e non cristiani, che hanno avvertito e ricuperato tantissimi altri dalla via dell’errore; eppure sono morti! In tantissimi casi Dio non sarebbe stato fedele alle sue promesse. E’ impossibile! Egli è “Dio di fedeltà” (cf. Deuteronomio 32,4).
b) San Giacomo dunque aveva in mente l’anima in quanto parte spirituale e immortale dello uomo. Quest’anima può morire in quanto può essere separata da Dio, non distrutta (cf. Matteo 10, 28). Infatti, nella stessa lettera san Giacomo parla del peccato che genera la morte (1,15, cf. 1 Giovanni 5.16). Anche qui non si tratta di morte fisica * distruzione perché molti peccano e continuano a vivere fisicamente. Si tratta invece di quella morte spirituale opposta alla vita che Dio dà all’uomo fedele, virtuoso, collaudato dalle prove come dice lo stesso san Giacomo (cf. 1,12). li pensiero dunque di san Giacomo è che lo zelo o carità del cristiano nel ricuperare il fratello traviato sarà ricompensato mediante la sua salvezza: la sua anima non morrà nel senso che non subirà la morte spirituale, ossia la separazione da Dioper la vita e per l’eternità. Su di lei non avrà potere la seconda morte (cf. Apocalisse 20,6).
c) Una conferma a questa spiegazione si ha da ciò che segue, vale a dire che al cristiano zelante sarà perdonata una moltitudine di peccati. Mediante il perdono dei peccati l’anima è liberata dalla morte spirituale. Il cristiano zelante avrà come ri- compensa la salvezza eterna perché “la carità copre una moltitudine di peccati” (1 Pietro 4,8; cf. Proverbi 10,12).
Padre Nicola Tornese
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