I Testimoni di Geova – Lezione XX
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V. II – PARTE SECONDA
L’INSEGNAMENTO
DELL’ANTICO TESTAMENTO
Il caso del buon ladrone (Luca 23,40-43)
La verità: Luca, l’evangelista della misericordia divina, ci ha conservato le parole che Gesù morente disse al buon ladrone. Questi aveva rivolto a Gesù una preghiera: “Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno. Gli rispose: ‘In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso’” (Luca 23, 42-43). Con questa sua chiara risposta Gesù assicura che quella preghiera veniva esaudita: in quello stesso giorno, subito dopo la morte, sarebbero stati insieme in un nuovo modo di essere, in uno stato felice di vita: in paradiso.
Commenta la Bibbia di Salvatore Garofalo:
“Al tempo di Gesù, negli scritti non canonici, paradiso era usato sia nel significato generale di giardino recinto, sia per indicare il paradiso terrestre o una regione del cielo (cf. 2 Corinzi 12,4); Apocalisse 2,7) o luogo dove vanno le anime dopo la morte. Qui designa il luogo dove erano raccolte le anime dei giusti in attesa della redenzione e dove Gesù sarebbe disceso (cf. Atti 2, 24-31: 1 Pietro 3, 18-20 ecc.), in attesa del trionfo della risurrezione, al quale seguirà il definitivo ritorno in cielo”.
Dunque, quello stesso giorno, il corpo del ladrone sarebbe finito chissà dove. Eppure egli, il suo io spirituale e immortale, sarebbe sfuggito alla morte del corpo e avrebbe continuato a vivere con Cristo.
L’errore: Questa indubbia dichiarazione di Gesù sull’immortalità dell’anima crea una seria difficoltà ai tdG. Per superbia, spostano arbitrariamente la punteggiatura, cioè la virgola, e fanno dire a Gesù: “Veramente io ti dico oggi: Tu sarai con me in Paradiso”.
Questa spiegazione è sbagliata e da scartarsi:
a) Va notato anzitutto che nel testo originale di san Luca (testo critico), ricuperato scrupolosamente e scientificamente dai migliori studiosi della Bibbia, la virgola è posta prima e non dopo “oggi”. I tdG dicono che la loro traduzione della Bibbia è una versione fedele del testo critico, di cui riconoscono sia l’autenticità che l’integrità generale. Vi sarebbero solo occasionali scostamenti. Nel caso di Luca 23, 42-43 hanno introdotto uno scostamento sostanziale al testo critico e hanno dato ai loro seguaci una infedele traduzione. Una cosa dicono ma un’altra fanno. Quanta ipocrisia!!!
b) In secondo luogo è risaputo che le espressioni Io ti dico, In verità ti dico e simili, senza determinazioni di tempo (come oggi), sono formule di stile biblico paragonabili alle altre Dice il Signore, Oracolo di Jahve ecc. Usandole, gli autori sacri vogliono mettere l’autorità di chi parla.
Nel caso presente, san Luca intende mettere in evidenza la maestà di Gesù. Benché apparentemente sconfitto, Egli parla da sovrano che distribuisce favori ed assegna posti a chi lui si rivolge. Gesù ha perciò usato la formula biblica abituale: Sono io a dirtelo! Te l’assicuro io! Senza aggiunta. Egli ha detto: “Io ti dico: oggi sarai con me in Paradiso” (Luca 22,43).
Obiettano i geovisti: Quel giorno Gesù non andò in paradiso. Quindi non poteva promettere al ladrone di essere con lui in paradiso.
La risposta: Quel giorno Gesù “discese agli inferi”, ossia andò col suo spirito nell’Ade o regno dei defunti (cf. Atti 2,31) per annunciare la liberazione ai morti dell’antichità: “Cristo morto una volta per sempre per i peccati (…) per ricondurvi a Dio (…); in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione” (1 Pietro 1, 18-19). Il buon ladrone era con Lui.
Io sono la risurrezione e la vita (Gv. 11,25)
Un esempio della maggior luce apportata da Gesù sul destino dell’uomo dopo la morte si ha nel dialogo tra lui e Marta, la sorella di Lazzaro, che Gesù risuscitò da morte (cf. Giovanni 11, 1-44).
Appena incontrata quella donna che piangeva la morte del fratello, Gesù le dice: “Tuo fratello risorgerà” (Gv. 11,23). E poiché Marta, da buona giudea, era abituata all’idea della risurrezione futura, risponde prontamente a Gesù: “So che mio fratello risorgerà nell’ultimo giorno” (Gv. 11,24).
Ma Gesù rettifica quell’idea, completa quella speranza e dice a Marta: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore vivrà; anzi, chi vive e crede in me non morirà mai” (Gv. 11,26).
Sì, Gesù è la Vita, ora, presentemente: Io sono la Vita. Egli dà la vita ora, al presente a quanti si legano a lui con la fede: “Chiunque vive e crede in me non morirà mai. Credi tu questo?” (gv.11,26).
Che cosa chiede Gesù a quella donna?
Un atto di fede non nella futura risurrezione in cui Marta già credeva, ma accettare una nuova idea, che quella donna nn riesce a capire. E’ comunque sicura che il Maestro dice la verità: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire in questo mondo” (Gv. 11,27).
Cos’è questa nuova idea?
Lazzaro, suo fratello, che ha creduto nel Figlio di Dio, non è morto. Chiamandolo d’oltretomba, Gesù dà la prova che le sue parole sono verità e vita
Errori e verità
1 – L’errore: In Giovanni 11,26 Gesù non dire “non morirà mai”, ma “non morirà in eterno” che è ben di verso. Così traducono anche alcune Bibbie cattoliche. ora l’espressione “non Morirà in eterno” (greco eis tòn aiona) fa pensare più a una morte completa, totale, senza sopravvivenza, ma con la speranza, anzi la certezza della risurrezione.
La verità:
Sì, è vero che alcune traduzioni della Bibbia anche cattoliche, rendono la frase greca eis tòn aiona con le parole “in eterno”; ma molte altre Bibbie cattoliche e non cattoliche, traducono “non morirà mai” (iamais, never). Anche la Bibbia dei tdG traduce così! Il mio corrispondente da Cagliari non conosce neppure la propria Bibbia!
2 – L’errore: “Jn Giov. 11,25-26, oltre alla speranza della risurrezione, Gesù indicò qualcos’altro per coloro che sarebbero stati in vita quando l’attuale mondo malvagio avrebbe avuto fine. Quelli con la speranza di essere sudditi terreni del Regno di Dio avrebbero avuto la prospettiva di sopravvivere senza mai morire”.
La verità:
Questo è contrario alla Bibbia. Infatti, specie nel vangelo di Giovanni, Gesù ripetutamente afferma che, per chi crede in Lui, la vita eterna non comincia in un futuro indeterminabile, ma è già Posseduta ora, al presente. In Giov. 3,15 Gesù dice: Affinché chi crede abbia (greco éke, al presente) la vita eterna”. E in Giov. 5,24 leggiamo: < chi ascolta la rnia parola e crede a colui che mi ha mandata>, ha la vita eterna (… ), è passato dalla morte alla vita” (cf. 1 Giov. 3,14). Parimenti in Giov. 8,51 Gesù afferma: , In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte”.
3 – L’errore: in tutti questi testi di Giovanni, Gesù vuol dire che “le persone, che esercitano fede nel riscatto di Cristo sono da Dio considerate carne nella via della vita eterna.
La verità:
In tutti questi testi di Giovanni, Gesù parla di un fatto compiuto, d’un passaggio dalla morte alla vita già avvenuto, d’una vita eterna già posseduta, non di una via alla vita eterna. Dio considera tutte queste persone già in Possesso d’una vita, su cui la morte non ha più Potere.
b) Si ricordi pure che in Apocalisse 20,4-5, Giovanni parla di una prima risurrezione per “quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua ecc.”. Risurrezione vuol dire “passaggio già avvenuto dalla morte alla vita”. Si tratta evidentemente di una risurrezione spirituale, distinta da quella del corpo che avverrà alla fine dei tempi. Tutti costoro hanno già la vita eterna e continuano ad averla anche dopo la morte. Tutti, non soltanto uno sparuto numero di 144.000!
4 – L’errore: Lazzaro risuscitato non disse nulla della vita d’oltretomba. Quindi non è vita d’oltretomba.
La verità:
a)I vangeli non ci hanno conservato tutti i fatti sulla vita di Gesù, Se fossero stati scritti uno per uno, il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere (cf. Giovanni 21, 24-25).
b) Tanto meno i vangeli sono stati scritti per soddisfare a curiosità di uomini cavillosi, ma “perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché credendo abbiate la vita eterna nel suo nome” (Giovanni 20,21). Gesù risuscitò Lazzaro non perché egli, un uomo come tutti gli altri, prendesse il posto di Gesù nel rivelarci la vita d’oltretomba, ma perché i testimoni del miracolo, presenti e futuri, “credano che tu mi hai mandato” (Giovanni 11,42).
L’insegnamento di san Paolo
1 – Scrisse ai Filippesi:
“Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno (...) Sono stretto in questa alternativa: ho il desiderio d’andarmene per essere con Cristo, che è cosa -di gran lunga migliore; ma il rimanere nella carne è più necessario a riguardo di voi” (Filippesi 1,21-24).
Spiegazione:
San Paolo guarda alla morte come a un guadagno, non come a una non-esistenza e neppure come a una vita inconscia e tenebrosa. Se dipendesse da lui, egli sceglierebbe, preferirebbe di andarsene per essere con Cristo. Questo stato, o modo di essere, che egli considera molto migliore (verso 23), è una esistenza con Cristo, che succede direttamente alla morte senza attendere la risurrezione dei corpi.
L’essere con Cristo ricorda certamente le parole di Gesù al buon ladrone: “In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso” (Luca 23,43).
2 – In termini simili scriveva ai Corinzi:
“Preferiamo piuttosto sloggiare da questo corpo per andare nella patria, presso il Signore” (2 Corinzi 5,8).
Spiegazione:
Qui come in Filippesi 1,21-24 Paolo intravede una unione del cristiano con il Cristo immediatamente dopo la morte individuale. Questa attesa di una beatitudine dell’anima separata risente dell’influsso greco, che d’altra parte era già sensibile nel giudaismo contemporaneo’. La novità di questa fede deriva da una rivelazione radicalmente nuova del significato della vita e della salvezza”.
Commenta la Bibbia di Salvatore Garofalo.
“Le anime dei giusti (in questo caso quella di Paolo), subito dopo la morte, senza aspettare la risurrezione dei corpi saranno ammesse alla presenza di Dio e alla sua visione. Questa concezione supera quella ebraica dello Sceol dove le anime sarebbero restate fino alla risurrezione finale vivendo una vita grama”.
Anime sotto l’altare (Apocalisse 6,9)
Leggiamo nell’Apocalisse, capitolo 6, versetti da 9 a 11:
“Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della Parola… Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto di pazientare ancora un poco fìnché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro”.
Spiegazione:
Per capire questa visione di Giovanni bisogna tener presente che egli poco prima (Apocalisse 6, 1-8) descrive la dolorosa realtà della vita qui sulla terra. In contrasto con ciò che avviene sulla terra è rivelato a Giovanni quel che accade in cielo. Nel santuario celeste egli vede le anime (psychai) dei fedeli che hanno subìto il martirio per amore di Cristo. Esse sono attualmente e realmente ai piedi dell’altare celeste. La loro vita, con la morte, non fu spazzata via dall’esistenza.
Falsa spiegazione
L’errore:
I tdG sono del parere che Giovanni voleva dire che “gli uomini avevano ucciso i loro corpi umani, ma non avevano potuto uccidere le loro anime, cioè il loro diritto o titolo alla vita celeste nel regno di Dio.
La verità:
a) San Giovanni ha visto anime (psychai), non titoli di futura gloria. In nessun vocabolario greco è detto che la parola psychè significa titolo o diritto. Essa significa vita reale. In questo caso, vita umana trasferita in cielo, cioè anime nello stato di gloria.
b) L’autore ispirato parla di vita celeste già raggiunta, non di diritto alla vita futura. Come il “Testimone fedele e verace” (Apoc. 3,14) ha compiuto sulla croce il sacrificio di sé al Padre ed è ora assiso sul trono (Apoc. 7,17), così anche i martiri cristiani sono già nel santuario del cielo vicinissimi a Dio (Apoc. 7,9-17).
Padre Nicola Tornese
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