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I Testimoni di Geova – Lezione XVIII

8 Dicembre 2013 | Filed under: Testimoni di Geova and tagged with: Falsificatori Bibbia, Testimoni di Geova
     

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V. II – PARTE     SECONDA

san-paolo

L’INSEGNAMENTO

DELL’ANTICO TESTAMENTO

Alla scuola del Maestro Divino

La Bibbia, dunque, nella sua Prima Parte o Antico Testamento contiene numerose testimonianze attestanti la sopravvivenza dell’uomo subito dopo la morte. Tuttavia agli antichi Israeliti Dio non fece conoscere nella sua pienezza la dottrina circa il destino dell’uomo subito dopo la morte. Gesù ha portato a compimento questa prima rivelazione. Disse un giorno Gesù:

“Non crediate che io sia venuto per abolire la  Legge o Profeti: non sono venuto per abolire, ma per portare a compimento” (Matteo 5,17).

Da parte sua san Paolo insegna:

“Dopo avere Iddio, a più riprese e in modi parlato un tempo ai padri per il tramite dei profeti, ora, alla fine dei giorni, ha parlato a noi per il tramite di un Figlio” (Ebrei 1,2, Garofalo).

 

Obiettano i geovisti:

“La venuta di Gesù Cristo su questa terra non recò alcun cambiamento. Dio non cambia la sua personalità o le sue giuste norme. Mediante il suo profeta Malachia egli dichiarò: ‘Io sono Geova; non sono cambiato’ (Malachia 3,6)”.

 

Si risponde:

a) L’affermazione geovista è antiscritturale. La venuta di Gesù Cristo su questa terra ha recato molti cambiamenti. Se ciò non fosse vero, dovremmo annullare tutti gli scritti del Nuovo Testamento.

No, mediante Gesù Cristo Dio ha fatto nuove tutte le cose (cf. Apocalisse 21,5); “le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate delle nuove” (2 Cor. 5,17).

b) I tdG tentano di oscurare tanta bellezza biblica con la citazione di Malachia 3,6 strappato dal suo contesto. Dio, mediante il profeta Malachia voleva dire semplicemente che egli era sempre fedele alle sue promesse, anche se gli Israeliti si mostravano infedeli ai loro impegni verso di Lui. Questo significa che Dio in se stesso mai cambia. Ma le parole di Malachia non vogliono affatto dire che non possa cambiare ossia arricchirsi la conoscenza che noi abbiamo di Dio, della sua bontà, delle sue giuste norme ecc., se a Lui piace rivelarsi attraverso il tempo. Questo appunto Dio ha fatto mediante il Figlio.

c) Tra le cose che il figlio di dio ci ha fatto conoscere meglio vi è il destino dell’uomo subito dopo la morte. Gesù ha confermato con la sua autorità divina che, secondo la giusta norma o volontà di Dio, la fine dell’uomo non è come quella del cane, ma con l’ingresso gioioso del servo fedele nella Casa del Padre (cf. Matteo 25,21), oppure per chi volontariamente si è separato dall’Amore, come il rifiuto di essere ammessi nella gioia del Regno (cf. Luca 16,23).

Voi siete in grande errore (Mt. 22,29)

In una disputa coi sadducei, che negavano la risurrezione, Gesù rispose e disse più di quanto gli era stato chiesto:

 “Voi siete in grande errore e non comprendete le Scritture né la potenza di Dio. Alla risurrezione infatti non si prende moglie né marito, ma si è come angeli in cielo. Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quel che vi è stato detto da Dio: ‘ Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe?’. Non è il Dio dei morti ma dei viventi” (Matteo 22, 29-32).

 

Due cose afferma Gesù assai chiaramente:

La prima riguarda la futura risurrezione. Contro i sadducei che la negavano, Gesù dichiara che i morti risorgeranno (cf. Giovanni 5, 28-29). La dichiarazione di Gesù va riferita alla risurrezione dei corpi alla fine del mondo.

La seconda è una esplicita affermazione della sopravvivenza dell’uomo subito dopo la morte o, che è lo stesso, dell’immortalità dell’anima.

Commenta La Sacra Bibbia di Salvatore Garofalo:

“Gesù cita le parole dette da Dio a Mosè dal roveto (Esodo 3,6) per provare l’immortalità dell’anima. Perché Dio sia Dio di qualche cosa o di qualcuno, la cosa o la persona devono esistere; d’altra parte, se Dio dopo la morte dei patriarchi, continua a dirsi loro Signore (io sono e non io ero) è segno che non li ha abbandonati alle tenebre dell’oltretomba (lo Sceol) e tanto meno alla distruzione completa, ma si riserva di glorificarli nel futuro, con la risurrezione del corpo perché l’uomo sia completo secondo natura”.

I tre patriarchi, dunque Abramo, Isacco, Giacobbe – secoli dopo la morte – sono raltà viventi, hanno un modo di essere che è vita.

Obiettano i geovisti: Gesù non intendeva dire che i tre patriarchi fossero anime viventi nell’oltretomba. Egli voleva solo far capire che, dopola sua morte, Dio “controlla le prospettive di vita futura dell’individuo. Spetta a Dio decidere se ridarà al deceduto lo spirito o forza vitale” (da “E’ questa vita tutto quello che c’è?”, p.52).

 

Si risponde:

a) Si tratta evidentemente d’una spiegazione superficiale, che va direttamente contro la Scrittura. In effetti, i deceduti conservano lo spirito o forza vitale (meglio anima) nella regione dei morti, che gli antichi israeliti chiamavano Sceol, ma Gesù chiamava  “seno di Abramo” (cf. Luca 16,22) o anche Ade (cf. Apocalisse 20,12), o cielo (cf. Matteo 5,12) o paradiso (Luca 23,43).

b) Inoltre Dio ha già deciso di dare il corpo risuscitato a tutti indistintamente.

“Perché verrà l’ora in cui tutti (greco pantes) coloro che sono nei sepolcri, udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna” (Giovanni 5, 28-29; Atti 24,15).

Padre Nicola Tornese


     

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