I Testimoni di Geova – Lezione N° 138
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Il Quarto Vangelo
La Messa come sacrificio
1. – L’errore:
“Gesù offrì il sacrifìcio di se stesso una volta, non c’è mai bisogno che lo ‘rinnovi’ – Ebrei 9.24-28; 7:25; 27; 10-‘11,12,14-18”.
La verità:
a) Nei testi citati dalla Lettera agli Ebrei l’autore sacro non fa nessun riferimento alla Santa Cena né per affermare né per negare il suo valore sacrificale. Non era sua intenzione parlare di queste cose. Egli concentra il suo argomento sul sacrifìcio della Croce per contrapporlo ai sacrifìci cruenti ,degli Israeliti dell’Antico Patto. Sarebbe perciò un abuso della Parola di Dio voler dedurre che nei testi citati vi sia una formale negazione della natura sacrificale della Santa Cena.
b) Nella Santa Messa non è rinnovato il Sacrificio della Croce nel senso che si offre a Dio un nuovo sacrificio. Cristo si è offerto sulla Croce una volta per tutte (cf. Ebrei 9,7-8) Egli tuttavia ha trovato il modo di essere sempre in mezzo a noi come sacerdote e vittima nel pane e vino consacrati, applicando gli effetti salvifici dell’unico sacrificio della Croce. (Cf. supra pp. 5-7 e 13-15).
2. – L’errore:
“Chi ne ‘rinnova’ di continuo il sacrificio non lo considera di valore maggiore dei sacrifici animali che si facevano sotto la Legge. – Ebrei 10,1-4”.
La verità:
a) La Santa Messa non ‘rinnova’ il sacrificio cruento del Calvario in senso numerico o quantitativo. Essa è lo stesso unico Sacrificio del Calvario “ricordato” (cf. i Corinzi 11,26) in una forma effettiva mediante la presenza del Signore nel pane e nel vino consacrati. La S. Messa in tanto ha valore in quanto è connessa col sacrificio della Croce: ad esso non aggiunge nulla, ma ne applica il valore saivifico attraverso il tempo.
b) Al contrario, i sacrifici che si facevano sotto la Legge erano indipendenti l’uno dall’altro: il valore salvifìco di uno era limitato e separato dal valore salvifico dell’altro o degli altri. L’autore della Lettera agli Ebrei puntualizza il contrasto tra i sacrifici antichi e quello unico e irripetibile di Cristo, non già tra il Sacrificio della Croce e la S. Messa.
3. – L’errore:
“Cristo è in cielo, non è portato quotidianamente nel sacrificio della messa. – Efesini 1:20,21; Ebrei 9:24”.
La verità:
a) Certamente Cristo è in cielo col suo corpo glorioso. Ma essere in cielo non vuol dire essere nella stratosfera, sulle nostre teste, come grossolanamente insinuano i tdG. Essere in cielo non va preso in senso spaziale, ma indica un modo di essere, e vuol dire che Cristo appartiene all’ambito del divino in contrapposizione alla “terra” come ambito del puramente umano.
b) Malgrado questa sua condizione o modo di essere invisibile egli ci ha assicurato di voler essere presente nel pane e nel vino consacrati con una presenza che ricorda in modo effettivo la sua azione salvifica mediante il sacrificio della Croce. Certo, è una presenza misteriosa, che non va accertata o misurata con un ragionamento meramente umano. “E’ lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla” (Giovanni 6,63). Noi crediamo alla parola di vita del Figlio di Dio come hanno creduto i primi discepoli (cf. Giovanni 6,67-70), tra i quali c’era tuttavia Giuda. Nulla è impossibile a Dio! (cf. Luca 1,37).
4. – L’errore:
“Gesù disse: ” Continuate a fare questo in ricordo di me , non in sacrificio. – Luca 22: 19”.
La verità:
Il punto è sapere che tipo di commemorazione o ricordo intendeva Cristo. Vi sono infatti vari tipi di commemorazione o ricordo. Si può commemorare una persona con un discorso in suo onore o con una lapide o con un monumento o anche con una visita al cimitero o al luogo del suo martirio ecc.
Gesù ha voluto e l’ha detto espressamente che il ricordo di Lui fosse fatto mediante un’azione, un gesto, un rito, ossia mediante la consumazione in un pasto comunitario, di natura prettamente religiosa, del pane-Corpo e del vino-Sangue.
San Paolo in questo tipo di commemorazione. vedeva il sacrificio proprio dei cristiani, la comunione al Corpo e al Sangue del Signore, in contrasto coi sacrifici dei pagani e somigliante a quelli degli Israeliti (cf. 1 Corinzi 10,17-21).
5. – L’errore:
“Il sacrificio incruento non potrebbe rimettere i peccati. – Ebrei 9,11,12,22; Levitico 17:11”.
La verità:
Cristo ha rimesso i peccati mediante il sacrificio cruento della Croce. La S. Messa in tanto ha valore sacrificale, e quindi di rimettere i peccati, in quanto è connessa col sacrificio cruento della Croce. Nel pane e vino consacrati Cristo è presente come Sacerdote e Vittima, avendo egli trovato il modo misterioso di perpetuare l’azione salvifica del Calvario fino alla sua seconda venuta.
6. – L’errore:
“Gesù disse: “il mio sangue sarà sparso”, non che fosse stato sparso. Matteo 26:27,28; Luca 22:20”.
La verità:
a) Del pane-Corpo Gesù ha detto: “Questo è il mio corpo, che è dato (greco didòmenon), participio passato (Luca 22,19,). In 1 Corinzi è detto: “Questo è il mio corpo per voi, oppure, che è per voi (1 Corinzi 11,24). L’una e l’altra formula non indica un tempo meramente futuro, ma presente o appena passato. Parimenti in 1 Corinzi 11,25 san Paolo ricorda le parole del Signore nel modo seguente: “,Questo calice è la nuova Alleanza nel mio sangue”. Non si tratta di un’azione e realtà futura, ma presente o appena passata. Gesù iniziava allora la Nuova Alleanza’
b) Alla luce di queste chiare espressioni anche le formule parallele riguardanti il sangue in Matteo 2,6,27 e Luca 22,20 devono avere lo stesso significato, devono cioè indicare un’azione non meramente futura, ma presente o appena. passata, che si compie cioè mentre Gesù pronunzia quelle parole. Molti traduttori rendono Matteo 26,27 con “versato per molti” e Luca 22,20 “versato per voi”.
La Santa Messa: quante volte?
1. – L’errore: “E’ ragionevolmente una celebrazione annuale, come lo fu la Pasqua, che si osservava a ricordo della liberazione recata da Geova a Israele. Esodo 12:14,18; Levitico 23:4,5”.
La verità:
a) Ragionevolmente qui vuol dire: “secondo il ragionamento settario dei tdG”, non secondo il chiaro insegnamento biblico. Ma contro il ragionamento geovista vi è la inequivocabile affermazione dell’Apostolo che raccomanda ai fedeli di Corinto di celebrare dignitosamente la Cena del Signore “quando vi radunate insieme” (1 Corinzi 11,20). L’espressione originale greca significa sempre che vi radunate.
Ora è certo che i cristiani al tempo di san Paolo e in ogni tempo non si radunavano insieme una volta all’anno, ma assai spesso, specialmente nel giorno del Signore”, ossia la domenica (cf. 1 Corinzi 16,12; Atti 20,7; Apocalisse 1,10). Sempre in quelle riunioni celebravano la Santa Cena (,cf. Atti 20,7-9), quindi più volte all’anno.
b) Oltre alla Santa Cena, più volte all’anno, i cristiani fin dal tempo degli Apostoli celebravano anche la Pasqua una volta all’anno, nell’anniversario della risurrezione del Signore. E’ l’antica Pasqua giudaica con un nuovo contenuto. I Giudei celebravano nella Pasqua la loro liberazione dalla schiavitù dei faraoni; i cristiani festeggiano nella Pasqua la loro liberazione dal peccato e dalla morte (cf. 1 Corinzi 5,7-8; Romani ‘5,25) in virtù della risurrezione del Signore.
Va notato infine che i tdG, mentre dicono che la Santa Cena deve essere celebrata una volta all’anno come la Pasqua, d’altra parte insegnano che la Pasqua è una festa pagana
2. – L’errore:
“Poiché l’antitipico Agnello Gesù Cristo morì il giorno di pasqua, il 14 Nisan, e poiché la notte dello stesso giorno egli istituì il pasto serale del Signore, il 14 Nisan di ciascun anno è il solo tempo scritturale per osservarlo”.
Là verità:
a) In nessuna parte della Bibbia è detto che la Santa Cena deve essere celebrata una sola volta all’anno il 14 Nisan. Gesù non assegnò alcun tempo per celebrare la Santa Cena. Egli disse soltanto: “Fate questo in memoria di me”. (Luca 22,19; 1 Corinzi 11,24). Da san Paolo poi sappiamo che i cristiani celebravano la Santa Cena “sempre che si radunavano insieme” (1 Corinzi 11,20).
b) Lo stesso Apostolo celebrò la Santa Cena in una data che non era certamente il 14 Nisan (cf. Atti 2:9,5-12); e la Didachè c’informa che i primi cristiani celebravano la Santa Cena durante tutto l’anno, il giorno di domenica (cf. supra, pp. 26-30).
Padre Nicola Tornese S.J.
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