I Testimoni di Geova – Lezione 86
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A Pietro le chiavi del Regno
Per contestare la verità biblica del Primato di Pietro i tdG strumentalizzano, com’è loro uso, alcuni testi della Scrittura, strappandoli dal loro contesto e dando ad essi un significato che non hanno. Tra questi vi sono le parole di Gesù, di cui in Matteo 20, 20-28 (cf. Marco 10, 35-45):
“Allora gli si avvicinò la madre dei fìgli di Zebedeo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli disse: “Che cosa vuoi?”. Gli rispose: “Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”. Rispose Gesù: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?”. Gli dicono: “Lo possiamo”. Ed egli soggiunse: “Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato. preparato dal Padre mio”.
Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; ma Gesù, chiamatili a sé, disse: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostra schiavo””.
Inoltre i tdG strumentalizzano le parole di Luca 22, 24-27.
“Sorse anche una discussione, chi di loro poteva essere considerato il più grande. Egli disse: (… ) “Ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve””.
Basandosi erroneamente su questi due testi biblici i tdG sono d’avviso che gli altri Apostoli di Cristo non considerarono Simon Pietro come “il masso di Roccia”, su cui Cristo disse di voler edificare la sua congregazione “.
La verità
a) Chiunque abbia conoscenza dei vangeli e li legga senza una mentalità settaria ricorderà che non sempre i discepoli di Gesù capivano subito e bene ciò che il loro Maestro aveva detto o fatto (cf. Matteo 15, 16; 13, 36 ecc.). Più d’una volta Gesù spiega pazientemente il suo pensiero e infine li assicura che lo Spirito Santo chiamerà alla loro memoria ciò che egli aveva detto e insegnerà ogni cosa (cf. Giovanni 14, 26; 16, 12-14).
b) Stando così le cose, può darsi che le parole di Gesù a Pietro, di cui in Matteo 16′ 16-18, abbiano forse causato qualche animosità tra i discepoli e qualche ambizione anche nei loro parenti, ancora incapaci di entrare nel nuovo ordine di idee e di cose prospettato da Gesù. Fino alla vigilia della sua passione Cristo ha detto proprio a Pietro: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo” (Giovanni 13, 7).
c) Nella risposta che Gesù dà ai fìgli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, Gesù non nega che nella sua comunità vi debba essere chi governa e chi è governato, e ammette pure che vi possa esser qualcuno che si senta portato al governo. Ammonisce tuttavia che tra i suoi discepoli, ossia nella comunità dei credenti, chi sta a capo deve comportarsi come uno che serve (cf. Luca 22, 26).
In questa medesima risposta vi è una cosa degna di nota. Gesù ricorda che nella Chiesa la funzione o le funzioni di governo non sono conseguite mediante l’ambizione, ma sono un dono di Dio, effetto di una disposizione dall’alto. Questo è il significato della parola di Gesù: “Non sta a me concedere, che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio” (Matteo 20, 23). Il Regno di Dio è governato dalla volontà del Padre che si manifesta mediante l’opera del Figlio. Tra Padre e Figlio vi è perfetta armonia perché il Padre è nel Figlio come il Figlio è nel Padre (cf. Giovanni 14, 10). Tutto ciò che il Padre ha è suo, dei Figlio (cf. Giovanni 16, 15).
d) Dopo il conferimento effettivo del Primato (cf. Giovanni 21, 15-17), soprattutto dopo che lo Spirito Santo diede agli Apostoli la conoscenza esatta della verità e la forza per professarla (cf. Giovanni 14, 26; Atti 1, 8) Pietro è riconosciuto come guida indiscussa di tutta la comunità e di fatto esercita la sua funzione. La vita dell’intera Chiesa gravita intorno a lui. Tutti guardano a Pietro come alla Roccia, su cui Cristo intendeva edificare la sua Chiesa.
La verifica
Ecco alcuni fatti comprovanti: – Pietro è sempre il primo negli elenchi degli Apostoli (cf. Matteo 10, 2-4, Marco 3, 16-19; Luca 6, 13-16; Atti 1, 13).
– Pietro propone e dirige l’elezione di uno che prenda il posto di Giuda, il traditore (cf Atti 1, 15).
– Pietro è il portavoce ufficiale di tutta la comunità il giorno di Pentecoste. Tutti avevano ricevuto la forza dello Spirito Santo, ma Pietro parla a nome di tutti ai Giudei convenuti a Gerusalemme (cf. Atti 2, 14).
– Pietro risponde ai capi del popolo e agli anziani per giustificare il suo operato e quello degli altri Apostoli (cf. Atti 4, 8).
– Pietro vigila sul corretto comportamento dei nuovi discepoli e punisce severamente Anania e sua moglie perché avevano mentito allo Spirito Santo (cf. Atti 5, 1-11).
– Pietro è messo in carcere e la preghiera di tutta la Chiesa sale incessante a Dio per la sua liberazione (cf. Atti 12, 5).
– Pietro in modo particolare ha il potere di fare miracoli: guarisce i paralitici (cf. Atti 3, 6; 9, 34); risuscita i morti (cf. Atti 9, 39-41). Perfino l’ombra della sua persona opera meraviglie (cf Atti 5, 12-16).
– Pietro parla come capo al concilio di Gerusalemme e quanto egli dice determina le decisioni prese da quell’assemblea con l’assistenza dello Spirito Santo (cf. Atti cap. 15).
– Pietro, a preferenza degli altri Apostoli, è consultato da Paolo che vuole assicurarsi dell’autenticità del Vangelo (cf. Galati cc. 1 e 2).
Sapevate tutto questo? E ora che lo sapete giudicate da voi stessi quanto sia inesatto e fazioso ciò che di Pietro hanno scritto i tdG:
“Pietro ebbe eccellenti privilegi come apostolo di Gesù Cristo, è vero. Ma in nessun luogo egli indica di pensare che fosse il principale degli apostoli. Né leggiamo in nessun luogo che gli altri apostoli e discepoli riconoscessero Pietro come un “papa”, rendendogli onore come tale”
La Bibbia dice tutto il contrario!
L’episodio di Antiochia (Gal. 2, 11-14)
L’episodio di Antiochia (cf. Galati 2, 11-14) è il cavallo di battaglia di tutti i tradizionali avversari del Primato di Pietro. I tdG non potevano non sfruttarlo per creare sempre confusione ed oscurare la verità di Dio. Hanno scritto:
“In un’occasione Paolo ritenne necessario rimproverare Pietro (Cefa) perché aveva seguito una condotta non in armonia con la vera fede cristiana. Il fatto che Pietro sbagliava mostra che non era considerato un capo “infallibile” degli apostoli e della chiesa”.
La risposta:
I. – Va detto anzitutto che san Paolo ha sempre considerato san Pietro come una figura di primo piano nella vita della Chiesa.
– Lo chiama abitualmente col nome di Cefa, vale a dire col nome di una funzione primaria e fondamentale affidata a Pietro da Cristo stesso, come già abbiamo spiegato.
– Paolo si premura di visitare Cefa a Gerusalemme per confrontare la propria dottrina con quel- la del Primo tra gli Apostoli. Nota espressamente che non vide altri Apostoli, eccetto una visita a Giacomo, fratello del Signore, che guidava la comunità locale di Gerusalemme (cf. Galati 1, 18-19).
– In seguito per Paolo. ciò che Pietro fa o dice è normativo e determinante (cf. 1 Corinzi 9, 5). Alla assemblea di Gerusalemme Paolo ascolta Pietro che parla per primo e solo dopo riferisce le sue esperienze missionarie (cf. Atti 15, 6-12).
– Ai cristiani di Corinto Paolo ricorda in particolare l’apparizione del Risorto a Cefa come una prova sicura della fede da lui predicata (cf. 1 Corinzi 1 5, 5).
2. – Veniamo ora all’episodio di Antiochia. Onestà esige che sia visto nella sua giusta luce e riferito con la massima fedeltà alla Parola di Dio. Ed ecco come sono andate le cose:
– Pietro si trovava ad Antiochia dove c’erano state le prime conversioni dei pagani al Vangelo (cf. Atti 11, 19-24). Egli aveva sempre patrocinato la causa dei pagani (cf. Atti cc. 10, 11, e 15). Ad Antiochia Pietro usava prendere i pasti coi cristiani venuti dal paganesimo, non curante delle antiche usanze giudaiche.
– Nel frattempo arrivarono ad Antiochia alcuni cristiani d’origine giudaica, osservanti ancora di alcune usanze legali. Pietro allora si astenne dalla comunanza di mensa con gli ex pagani. Il suo comportamento indusse anche altri a fare lo stesso.
– Perché lo fece? Certamente non perché egli pensasse che la Legge mosaica fosse ancora necessaria alla salvezza. Paolo glielo riconosce (cf. Ga- lati 2, 14-16). Per Pietro come per Paolo le usanze legali non avevano valore. Solo la fede in Cristo salva. in quanto a dottrina Pietro non sbagliava. Non è perciò affatto vero che egli “aveva seguito una condotta non in armonia con la vera fede cristiana”.
– Perché lo fece? Per motivi di coscienza, “di coscienza non sua, ma degli altri” (cf. 1 Corinzi 10, 29). Pietro temeva di turbare la coscienza dei nuovi arrivati giudeo-cristiani non ancora maturi nella fede e soggetti perciò a crisi di coscienza.
– Paolo non vide un errore, nel comportamento di Pietro, ma solo il pericolo che altri potessero cadere in errore. Pietro infatti non aveva apostatato dalla fede, ma solo simulava, agiva cioè in modo diverso da ciò che pensava per rispetto della coscienza altrui. Era in buona fede, ma il suo comportamento, a parere di Paolo, era sbagliato, non il suo pensiero e la sua dottrina.
– L’intervento di Paolo non mirava dunque a correggere un errore dottrinale di Pietro, ma solo a farlo riflettere sulle conseguenze pericolose per gli altri della sua troppa prudenza.
Qui non c’entra l’infallibilità. Pietro non si pronunzia e non decide su un punto dottrinale in forma definitiva e con tutto il peso della sua autorità.
Solo a queste condizioni vi può essere insegnamento infallibile (cf. intra, Parte III)
3. – Ridotto alle sue giuste proporzioni l’episodio di Antiochia prova proprio l’opposto di ciò che dicono i tdG e tutti gli avversari del Primato di Pietro.
Infatti:
– San Paolo vede in Cefa non una comune pietra della Chiesa di Dio e neppure un Apostolo come gli altri, ma Qualcuno, il cui comportamento è determinante per la vita della Chiesa.
– La funzione di guida suprema non esclude che altri aiutino Pietro con una critica costruttiva a compiere bene la sua missione, a conoscere cioè sempre meglio quale sia la mente e la volontà del Signore per la edificazione della Chiesa.
– Sia ricordato infine che al tempo dell’episodio di Antiochia l’idea del Primato di Pietro non era ancora sufficientemente chiara neppure in san Paolo. Si aspettava il ritorno del Signore e si pensava meno ad approfondire le strutture della Chiesa.
Alcuni decenni dopo si cominciò a capire meglio il lungo cammino che doveva fare la Chiesa prima del ritorno del Signore, e la dottrina del Primato di Pietro assieme alla sua successione fu meglio capita e formulata. Ne fa fede il racconto dell’ultimo capitolo del Vangelo di Giovanni (cf. Giovanni 21, 15-17).
Padre Nicola Tornese s.j.
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