I testimoni di Geova – Lezione XVII
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V. II – PARTE PRIMA
XVII Lez.
L’INSEGNAMENTO DELL’ANTICO TESTAMENTO
La fede degli antichi Ebrei
Gli antichi Ebrei credevano nella sopravvivenza dell’uomo subito dopo la morte.
Questa credenza era loro proprio fin dalle origini. Non l’avevano presa né dagli egizi, né dai babilonesi, né dai greci. Ci credevano prima ancora che conoscessero questi popoli.
a) Nei libri della Bibbia, nei quali sono ricordate le credenze più antiche degli Israeliti, si trovano spesso espressioni come queste: “I morti vanno in pace presso i loro padri” (Genesi 15,15); “sono riuniti ai loro antenati” (Genesi 25, 8-9; 35,29; 49,33).
Questi modi di esprimersi non equivalevano a dire semplicemente che uno morisse, come erroneamente spiegano i tdG. No! Morire e riunirsi ai propri antenati indicavano due cose distinte. Di Abramo è detto: “Spirò e morì in felice canizie, vecchio e sazio di giorni, e si riunì ai suoi padri” (Genesi 25, 8-9). Si tratta di due affermazioni diverse: per lo scrittore ispirato una cosa era morire, e un’altra riunirsi ai propri padri.
E neppure significavano quelle espressioni che il defunto era seppellito nella tomba di famiglia. Abramo morì e fu sepolto in Palestina nella grotta di Macpela (Genesi 25,9) e lì rimase. I suoi antenati erano stati sepolti assai lontano, in Mesopotamia, a centinaia di chilometri di distanza, in una altra tomba. Eppure di lui la Bibbia dice che si riunì ai suoi padri. La riunione non avveniva dunque nello stesso sepolcro. L’autore sacro aveva in mente qualche altra cosa.
Parimenti di Davide è detto che “dopo avere servito i disegni di Dio, morì e di unì ai suoi padri e andò in corruzione” (Atti 13,46, Garofalo). Chi va in corruzione non si riunisce ai propri padri.
b) La Bibbia, dunque, distingue assai bene tra tomba o sepolcro di famiglia, dov’era deposto il corpo soggetto alla corruzione, e una regione dove si credeva che si radunassero tutti i viventi: “la casa dove si riunisce ogni vivente” (Giobbe 30,23): lo Sceol.
Nello Sceol le creature umane continuavano a vivere come ombre di ciò che erano stati in vita. Queste ombre erano chiamate Refaim (Giobbe 26,5):
La vita dei Refaim nello Sceol era concepita come in uno stato inconscio, un vagare nelle tenebre; come una forzata inattività, senza desideri né passioni. Ma tutto ciò solo in forte contrasto con quanto avviene sulla terra. (Qoèlet 9, 5-10).
Non era comunque una distruzione, un ritorno nel nulla, una perdita completa della energia vitale. Alcune volte i Refaim sono presentati in grande agitazione come quando accolgono con amaro sarcasmo il potente re di babilonia, che arriva in mezzo a loro (Isaia 14, 3-15; cf. Ezechiele 32, 17-32).
c) Gli antichi Israeliti credevano che i morti continuassero a vivere e potessero anche comunicare coi vivi. La Legge mosaica proibiva non solo di consultare gli spiriti, ma anche di evocare i morti: “Presso di te non si troverà (…) chi consulti gli spettri e gli spiriti familiari, chi interroghi i morti” (Deuteronomio 18, 10-11, Garofalo). Il comando divino riguarda sia gli spiriti sia i morti. Se esistono gli spiriti, devono avere un’esistenza anche i trapassati.
False spiegazioni
1 – L’errore: A parere dei tdG, non fu il defunto Samuele a parlare con Saul, ma uno spirito maligno, il diavolo.
La verità: Anche se fosse così, rimane la verità di fondo, vale a dire che dopo la morte l’uomo continua a vivere. Infatti lo spirito evocato risponde a Saul: “Domani, tu e i tuoi figli sarete con me!” (1 Samuele 28,19). E così fu. Saul e i suoi figli furono uccisi dai Filistei (cf, 1 Samuele 31,2) e non finirono nel nulla, ma andarono a fare compagnia a Samuele!
2 – L’errore: “E’ impossibile parlare con i morti; i tentativi sono condannati come spiritismo”. Come prova citano Isaia 8,19; Deuteronomio 18, 10-12; 1 Cronache 10, 13-14.
La verità: Si tratta evidentemente di un tentativo d’inganno. La Parola di Dio non dice ciò che dicono i geovisti. Sia in Isaia 8,19 che in Deuteronomio 18, 10-12 non è questione di impossibilità di parlare coi morti, ma di illiceità. La Bibbia condanna tale pratica non perché impossibile, ma perché era considerata possibile ed offensiva alla maestà divina.
3 – L’errore: “Nel Salmo 146, 3-4 è detto: “Non confidate nei nobili, né nel figlio dell’uomo terreno, a cui non appartiene nessuna salvezza. Il suo spirito se ne esce, egli torna alla sua terra; in quel giorno periscono in effetti i suoi pensieri”. Quando l’uomo muore, il suo spirito “se ne esce”. Non esiste più”.
La verità: Il salmista consiglia di avere fiducia solo in Dio, non nei potenti di questa terra. Infatti, tutti i progetti, le promesse, le garanzie anche dei potenti della terra sono fragili perché anche il potente muore. Qui nulla si dice di ciò che avviene o non avviene dopo la morte.
Padre Nicola Tornese
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