I Testimoni di Geova – Lezione 151
Questo articolo è stato già letto1839 volte!
Il Paradiso degli israeliti
Precisazioni
1 – Ricordiamo anzitutto che non pochi Israeliti, forse la maggior parte di essi, hanno preso alla lettera le promesse dei profeti. Essi si aspettavano un regno davidico o messianico, un paradiso su questa terra.
Quest’attesa divenne più sentita durante i tempi della dominazione straniera, greca o ellenistica prima, sotto Alessandro Magno e i suoi successori, dalla seconda metà del quarto secolo alla metà del primo secolo avanti Cristo. Poi vennero i Romani, che dominarono in Oriente per più di cinque secoli. Molti giudei sognavano l’avverarsi delle profezie messianiche con l’instaurazione d’un paradiso su questa terra, dove essi avrebbero avuto immensi vantaggi materiali, mentre i pagani sarebbero ridotti in schiavitù. Echi di questa attesa si riscontrano anche nei vangeli (cf. Matteo 20, 20-21, Atti 1, 6).
La storia ha seguito un corso diverso come tutti sanno. Il popolo giudaico cessò di essere nazione, prima parzialmente per opera di Tito nel 70 dopo Cristo; poi completamente sotto Adriano nel 134 d.C. Dopo circa due mila anni ha avuto una limitata restaurazione e tutti sanno con quante difficoltà, di cui non è facile vedere la fine.
I tdG, che si qualificano i moderni giudei, seguono anch’essi un’interpretazione fondamentali- sta, ossia materialista, delle profezie sul futuro regno di Dio. Mediante una propaganda bene orchestrata con immagini e fumetti riescono a persuadere – cioè a drogare – gente poco istruitale di limitata intelligenza che Geova darà loro a breve scadenza una terra paradisiaca com’è descritta letteralmente nelle Scritture Ebraiche, ossia nell’Antico Testamento.
2 – A giudizio della stragrande maggioranza dei biblisti il linguaggio dei profeti riguardante il futuro regno di Dio non va preso alla. lettera. Le ragioni sono molteplici.
Anzitutto non bisogna dimenticare che è un linguaggio apocalittico ossia un annuncio di grandiosi eventi futuri, ed è proprio di questo linguaggio servirsi di immagini, di metafore, di simboli quasi sempre iperbolici, cioè non corrispondenti alle realtà oggettive.
Così, per esempio, è una forma iperbolica, e quindi non letterale, che ruscelli di mosto e vino stillino dai monti o che il latte scorra per le colline (cf. ioele 4, 118).
Altro esempio. Se si trattasse d’una descrizione o racconto letterale, dovremmo pensare che il monte Sion sarà trasformato nel futuro in un grande hotel, dove saranno serviti cibi succulenti e bevande squisite a tutti i popoli della terra per tutta l’eternità (cf. Isaia 25, 6).
Oltre a questi ed altri assurdi, vi sarebbero non poche contraddizioni.
Esempi. Mentre Osea (2, 20) assicura che arco e spada saranno ridotti in pezzi, per Isaia (2, 4) le spade diventeranno vomeri e le lance, falci. Secondo Ezechiele (47, 1-12) le acque sgorgano da sotto il tempio di Gerusalemme dirigendosi verso Oriente, verso il Mar Morto; per Zaccaria invece (14, 8) una metà va verso il mare orientale e un” altra metà verso quello occidentale, verso il Mediterraneo. Per altri profeti l’abbondanza di acqua viene direttamente dal cielo. Gli esempi potrebbero continuare.
Gesù Cristo, la Sapienza di Dio (cf. Giovanni 1, 1-3), ci ha aperto il senso delle Scritture (cf. Luca 24, 45) e ci ha fatto sapere che Dio ha preparato una patria celeste per tutti coloro che hanno avuto e hanno fede in Lui (cf. Ebrei 11, 15-16).
I giusti erediteranno la terra (Ps. 37, 11)
La speranza d’un futuro paradiso su questa terra faceva certamente parte della religiosità de- gli antichi Israeliti. Essa tuttavia non aiutava a dare una risposta soddisfacente a un interrogativo che agita l’uomo giusto d’ogni tempo: perché Dio permette che i buoni soffrano e i malvagi prosperino?
1 – Gli antichi Israeliti non avevano ancora l’idea d’una ricompensa ultraterrena. Al pio israelita, nella maggior parte dei casi, si prospettava una soluzione terrena. Egli sperava che con l’andare del tempo Jahve avrebbe fatto giustizia su questa terra.
Il Salmo 3,7 (3,6), attribuito a David, presenta questa soluzione:
Non irritarti per i maligni;
non invidiare coloro che operano iniquità. Perché appassiscono in fretta come fieno (…)
Confida in Jahve e opera il bene:
abiterai la terra e pascerai al sicuro. (Ps, 37, 1-3, Garofalo).
Il senso è che, a breve scadenza, Jahve punirà il malvagio privandolo della sua terra e premierà il giusto, che prenderà il suo posto:
Ancora un poco e non sarà più l’empio,
ma coloro che sperano in Jahve erediteranno la terra (Ps. 37, 10-11).
Ma se dovesse accadere che il malvagio rimanga in prosperità fino alla morte, a soffrire sarà la sua discendenza, mentre la prole del giusto sarà premiata:
Gli empi in eterno saranno puniti e il seme degli empi reciso. I giusti erediteranno la terra
e vivranno per sempre su di essa (Ps. 37, 28-29).
Il senso proprio ed immediato delle parole: “i giusti erediteranno la terra >, è che Jahve, con l’andare del tempo, darà al pio Israelita un bel pezzo di terra nella Palestina, nel paese di Canaan, bene sommo per l’antico ebreo, come premio della sua fedeltà a Dio. Questa promessa nel Salmo 37 viene ripetuta sette volte: 3.9.11.22.27.29.34.
2 – Tuttavia nelle parole del Salmo 37 si può scorgere una visuale più ampia, che riguarda cioè non il singolo individuo, ma la comunità intera degli Israeliti. Parlando a Israele Jahve dirà: “Il tuo popolo sarà un popolo di giusti, in eterno domineranno la terra” (Isaia 60, 21, Garofalo; cf. 65, 9,).
La terra, di cui qui si tratta, è la terra di Canaan, la futura Palestina, che Dio aveva dato al popolo ebraico (cf. Giosuè 18, 1-3).
In questa prospettiva più ampia le parole del Salmo “I giusti erediteranno la terra” significano che i pii Israeliti si stabiliranno nel paese di Canaan che Dio aveva dato al suo popolo e che né loro né i loro discendenti sarebbero scacciati da esso Sarà Gesù a fare piena luce sulle parole del Salmo. La terra promessa ai giusti rivelerà il suo pieno significato di “patria celeste” (cf. Ebrei 11, 14-16), di “nuovi cieli e nuova terra”. di “dimora di Dio con gli uomini” (Apocalisse 21, 1-3). Questo è l’autentico significato delle parole di Gesù in Matteo: “I miti possederanno la terra” (5,5). Qui come sempre valgono le belle parole del grande Agostino: “Il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico, e l’Antico si rivela nel Nuovo”.
Per queste ragioni e altre ancora, che saranno dette in seguito, quando i tdG spiegano Matteo 5, 5 come se Gesù avesse promesso a loro, e solo a loro, questa terra, questo nostro pianeta colmo di beni materiali, perché possano gozzovigliare per tutta l’eternità, fanno un uso aberrante della Parola di Dio con l’unico scopo di fare seguaci e col numero far denaro.
Speranza migliore
La speranza d’una ricompensa terrena per i giusti non apparve soddisfacente a tutti gli Israeliti. In effetti spesso il giusto soffre tutta la vita né diversa è la sorte dei suoi discendenti. Al contrario il malvagio trionfa e continua a trionfare nei suoi figli e nipoti. Davanti a tale amara esperienza il pio Israelita rimaneva sconcertato e quasi sull’orlo della disperazione:
Certo, Dio è buono per il giusto;
Ma a me per poco non si storpiavano i piedi,
per un nulla scivolavano i miei passi.
Infatti invidiai i millantatori,
vedendo la prosperità dei malvagi (Ps. 73, 1-3, Garofalo).
In tale stato di angoscia il pio Israelita ricorre a Dio per aiuto, per consiglio:
E stimavo di poter capire,
ma non fu che travaglio ai miei occhi.
Finché venni ai santuari di Dio
e penetrai la loro fine (Ps. 73, 16-17, Garofalo).
Quale frutto della sua preghiera il giusto riceve dall’alto la luce e il conforto: egli comprende che, oltre ai confini dell’esistenza terrena, lo attende una vita di felicità nella gioiosa comunione con Dio.
Ma io fui sempre con te;
tu hai preso per mano la mia destra. Nel tuo consiglio mi guidi
e poi alla gloria mi prendi
Viene meno la mia carne e il mio cuore?
Rocca del mio cuore e mia porzione è Dio in eterno (,Ps. 73, 23-26).
Commenta La Sacra Bibbia di Salvatore Garofalo:
“La grande scoperta spirituale dei salmista è dunque che Dio stesso costituirà la felicità dei giusto, mentre il malvagio ha dinanzi a sé una prospettiva di morte (v. 19). Nel verso 26 viene meno la mia carne e il mio cuore?
Rocca del mio cuore e mia porzione è Dio in eterno, lo sguardo del poeta si spinge oltre la tomba e la consunzione del corpo, verso Dio, in cui la sua vita troverà eterna stabilità. Con questa apertura finale di orizzonte sulla eternità, il salmo raggiunge le più alte vette della spiritualità dell’Antico Testamento”.
“Sublime slancio di fede in una vita immortale, eccitato dalla vista perturbatrice delle ingiustizie di questa vita terrena. Perché prospera l’empio e il giusto soffre? si domanda il salmista. E dalla cruda ambascia che tormenta un tal pensiero si eleva alla confortante dottrina che la morte metterà fine all’apparente ingiustizia, segnando per i cattivi la fine d’ogni bene, per i buoni il principio d’una felicità imperitura”.
La speranza d’una vita felice in comunione con Dio subito dopo la morte, ossia d’un paradiso non materialistico, assume contorni assai precisi negli ultimi due secoli prima di Cristo. E’ come l’aurora che precede il sorgere del sole (cf. Luca 1, 78). Fu durante questo tempo che alcuni saggi di Israele, guidati dallo Spirito Santo, approfondirono la dottrina della retribuzione dei giusti e colsero il vero significato delle promesse divine. Ecco alcuni sprazzi di questa luce.
“La giustizia è immortale” (Sapienza 1, 5, Garofalo), ossia “Chi fa quel che piace a Dio vive per sempre” (Interconfessionale).
“Chi si rende gradito a Dio, da lui è amato e, se vive in mezzo a gente cattiva, Dio do prende e lo fa vivere altrove” (Sapienza 4, 10, Interconfessionale).
“Ubbidire alla sapienza è garanzia di vivere per sempre e questa vita ti permette di stare vicino a Dio. Così, se desideri la sapienza puoi giungere fin sul trono” (Sapienza 6, 18-20, Interconfessionale).
“Le anime dei giusti sono al sicuro nelle mani di Dio, nessun tormento li colpirà. Agli occhi degli stolti la loro morte parve uno sfacelo, la loro scomparsa la fine di tutto (…), ma essi sono nella pace” (Sapienza 3, 1-3, Interconfessionale).
A proposito del libro della Sapienza è stato giustamente osservato da un grande biblista:
“La dottrina della vita subito dopo la morte contenuta nel libro della Sapienza va oltre a quanto avevano scritto e creduto i precedenti autori sacri. L’autore del libro della Sapienza potrà essere stato spinto da influenze esterne (ellenismo) a sviluppare i precedenti insegnamenti biblici. Tuttavia nel suo cammino era guidato dalla divina Provvidenza, che voleva preparare i giudei della diaspora, e assieme a loro anche i pagani venuti a conoscenza della religione ebraica, alla Rivelazione che nella pienezza dei tempi sarebbe stata ben presto annunziata. Questa Rivelazione avrebbe gettato piena luce sulla dottrina della vita futura e dell’eterna ricompensa, cioè sul Paradiso dei veri discepoli di Cristo”.
Padre Nicola Tornese s.j.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.