I Testimoni di Geova – Lezione 145
Questo articolo è stato già letto903 volte!
TRADIZIONE E PURGATORIO
Cose da non dimenticare
a) A chiusura del suo vangelo san Giovanni ha scritto:
“Vi sono, poi, molte altre cose fatte da Gesù, le quali, se si scrivessero una per una, ritengo che neppure il mondo potrebbe contenere i libri che si dovrebbero scrivere” (Giovanni 21, 25, Garofalo; cf. Giovanni 20, 30-31).
Dunque non fu intenzione degli evangelisti mettere per iscritto tutti i detti e i fatti di Gesù.
Da parte sua san Paolo ricordava ai cristiani di Tessalonica:
“Dunque, o fratelli, state saldi e seguite fedelmente le dottrine che vi abbiamo trasmesse sia a viva voce che per lettera” (2 Tessalonicesi 2, 15, Garofalo).
Dunque san Paolo aveva trasmesso ai cristiani anche dottrine a viva voce (tradizioni, testo greco) e voleva che fossero seguite fedelmente.
b) Lo stesso Paolo, non molto prima di morire, scrisse al discepolo Timoteo:
“0 Timoteo, custodisci il deposito che ti confido, schiva le vuote chiacchiere profane e le diatribe della pretesa gnosi che molti promettono, ma naufragando nella fede” (1 Timoteo 6, 20 Garofalo).
A giudizio dei biblisti, deposito vuol dire la sana dottrina dei Vangelo in tutta la sua interezza. Certo la Scrittura è una parte preponderante deldeposito. Ma non tutti gli elementi del deposito originale (parole e opere di Gesù) sono stati esplicitamente e formalmente consegnati allo scritto.
La catechesi o insegnamento orale e la vita stessa delle comunità cristiane, a cominciare dal- l’età apostolica, hanno conservato e trasmesso il depositoin una forma più ricca e più viva dello scritto. Gesù aveva assicurato che lo Spirito Santo avrebbe introdotto i suoi discepoli a tutta intera la verità (cf. Giovanni 16, 12-13; 14, 25-26).
Questa fedele custodia del deposito e la sua esplicitazione sotto la guida della Spirito Santo costituisce la Tradizione ecclesiale, che non ha nulla che vedere con le tradizioni degli antichi, giustamente condannate da Gesù (cf. Matteo 7, 8-13).
Tradizione e dottrina sul purgatorio
a) Alla luce di questa retta comprensione dei deposito, noi possiamo dire che le numerose ed esplicite testimonianze della Tradizione sul purga- torio non sono qualcosa di nuovo e di distaccato dagli insegnamenti di Gesù e degli Apostoli, ma si connettono sostanzialmente alla Buona Novella, ossia al Vangelo, annunciato all’umanità dal Figlio di Dio.
La New Catholie Encyclopaedia, trattando del purgatorio, osserva:
“Il Nuovo Testamento mostra come i discepoli di Gesù erano familiari col suo insegnamento sul peccato e sul giudizio (cf. Matteo 12, 32.36; 16, 27; Luca 7, 47; 12, 47-48). Le sue parole fecero approfondire il sentimento della santità di Dio, infiammando la loro speranza nella sua misericordia e li indussero a pregare per i morti. Egli insegnò loro le grandi verità sulla morte e sul giudizio, e nulla fa credere che solo quelli esenti da qualsiasi macchia sarebbero liberati dall’inferno” (cf. Matteo 8, 12; Luca 12, 20:16, 22; Giovanni 9, 4; 11, 9; 12, 25).
Osservazioni:
a) Gli autori della New Catholie Encyclopaedia notano espressamente come gli insegnamenti di Gesù sulla santità di Dio e la sua misericordia indussero i discepoli a pregare per i morti. Dunque coloro che erano stati in diretto contatto col Maestro e familiari col suo insegnamento sul peccato e sul giudizio credevano nell’efficacia della preghiera a vantaggio dei defunti. La dottrina dei suffragi faceva parte della fede e della prassi degli immediati discepoli di Gesù. Era contenuta nel deposito della fede.
b) Gli stessi autori notano ancora come il Maestro “insegnò ai discepoli le grandi verità sulla morte e sul giudizio e nulla fa credere che solo quelli esenti da qualsiasi macchia sarebbero liberati dall’inferno”. Qui vi è una chiara allusione all’esistenza del purgatorio nell’insegnamento di Gesù. Infatti, se nulla fa credere che solo gli esenti da qualsiasi macchia di peccato sarebbero liberati dall’inferno, tutto fa credere che anche altri, ben- ché non esenti da macchie di peccati, avrebbero conseguita la salvezza. Come? Mediante una purificazione dopo la morte concessa dalla misericordia di Dio, grazie anche alle preghiere dei fedeli.
c) Quando dunque la stessa New Catholic Encyclopaedia scrive che “in ultima analisi, la dottrina cattolica del purgatorio si basa sulla tradizione, non sulle Sacre Scritture”, non intende assolutamente escludere la dottrina cattolica del purgatorio dal deposito della fede.
La verità è che la New Catholie Encyclopaedia afferma chiaramente che la dottrina cattolica sul purgatorio affonda le sue radici negli insegnamenti di Gesù e degli Apostoli. 1 discepoli immediati di Gesù hanno recepito calorosamente l’insegnamento del Maestro sulla misericordia di Dio, che si estende anche dopo la morto dell’uomo, e lo hanno trasmesso mediante la Tradizione ecclesiale. Numerosi documenti risalenti ai primi tempi del cristianesimo ce lo attestano.
Riportiamo ora alcuni documenti di questa Tradizione cominciando dalla pia pratica di pregare per i morti.
La preghiera per i defunti
Questa devota usanza è largamente testimoniata da antichissimi documenti cristiani.
1 – Le catacombe, come tutti sanno, erano soprattutto cimiteri cristiani. Sulle tombe dei morti si leggono spesso espressioni significative, frasi augurali, invocazioni di preghiere:
“La tua anima sia nella gioia!”. “Dio renda felice il tuo spirito!”. “Vi esorto, o fratelli, di pregare quando venite qui: scongiuro voi tutti che leggete: pregate per me peccatore”.
2 – L’epitaffio d’Abercio. E’ la regina delle iscrizioni cristiane, uno dei più antichi documenti lapidari, che ricorda tante verità care ai cattolici: la celebrazione dell’Eucaristia o Santa Messa, la grandezza e la fede della Chiesa di Roma, “un popolo che porta un luminoso sigillo”, ecc.
A noi interessa soprattutto la testimonianza sull’efficacia della preghiera per i defunti, che comporta chiaramente la fede nella sopravvivenza dell’uomo dopo la morte e la possibilità di aiutare i defunti mediante la preghiera. In altre parole, l’iscrizione di Abercio testimonia la fede della primitiva Chiesa nell’esistenza del purgatorio. Ecco le parole di Abercio:
“Queste cose dettai direttamente io Abercio, quando avevo precisamente settantadue anni di età. Vedendole e comprendendole, preghi per Abercio”.
a) Chi era Abercio? Un cristiano, forse vescovo di leropoli, nell’antica Frigia o Asia Minore (vicino Oriente). Aveva viaggiato in quasi tutto l’impero romano, compresa Roma. Prima di morire compose di proprie mani l’epitaffio o iscrizione per sua tomba.
b) A giudizio degli esperti”, l’epitaffio fu composto nella seconda metà del secondo secolo Era Cristiana. Tenendo presente che Abercio, quando lo scrisse, aveva settantadue anni di età, ne segue che dovette nascere a principio del secondo secolo o anche prima. Al tempo della sua nascita era forse ancora vivo san Giovanni ed erano certamente in vita moltissimi, che avevano appreso la fede direttamente dagli Apostoli. La dottrina di Abercio affonda le sue radici e si ricollega all’insegnamento apostolico.
c) Di questo insegnamento, appreso e trasmesso da Abercio, facevano parte tante verità preservate fedelmente nella Chiesa Cattolica: tra questel’efficacia delle preghiere per i defunti. Se Abercio chiede che si preghi per lui dopo la sua morte, è segno evidente che aveva appreso nella sua educazione cristiana risalente agli Apostoli “non essere superfluo e vano il pregare per i morti” (2 Maccabei 12, 44).
3. – Tertulliano, vissuto tra la seconda metà del secondo secolo e la prima del terzo, enumera minuziosamente quasi tutte le pie pratiche, di cui era intessuta la vita del cristiano; parla del battesimo, dell’Eucaristia, del digiuno ecc. E ricorda anche le preghiere di suffragio: “Nel giorno anniversario facciamo preghiere per i defunti”.
Altrove scrive:
“La moglie sopravvissuta al marito offre preghiere per la gioia di suo marito nei giorni anniversari della sua morte”.
4 – Sant’Agostino (354-430) è molto esplicito. Rifacendosi al libro dei Maccabei (2 Maccabei 12, 43), il grande pensatore cristiano Agostino scrive:
“Nei libri dei Maccabei leggiamo che fu offerto un sacrificio per i morti. Ma anche se nelle Scritture Antiche non si dicesse nulla di questa cosa, abbiamo una non piccola testimonianza autorevole di tutta la Chiesa, che getta piena luce su questa pia pratica. In tutta la Chiesa infatti, nelle preghiere che i sacerdoti offrono a Dio sull’altare (S. Messa) trova spazio anche il ricordo dei morti (commendatio mortuorum)”.
E altrove:
“Non si può negare che le anime dei defunti possono essere aiutate dalla pietà dei loro cari ancora in vita, quando è offerto per loro il sacrificio del Mediatore (la S. Messa), oppure mediante elemosine”.
5 – Riportiamo ancora una testimonianza (tra le tante!), quella disant’Efrem (306-373). Egli appartiene alla Chiesa d’Oriente ed è detto ilprofeta dei Siri, arpa dello Spirito Santo. Di lui scrisse san GiroIamo: “Giunse a tanta fama che in alcune chiese i suoi scritti erano letti pubblicamente subito dopo la Scrittura”.
Questo grande maestro di vita cristiana lasciò scritto nel suo testamento:
“Nel trigesimo della mia morte, ricordatevi di me, fratelli, nella preghiera. I morti infatti ricevono aiuto dalla preghiera fatta dai vivi (…). Se infatti gli uomini di Matatìa, che avevano la verità rivelata da Dio (cf. 2 Maccabei 12, 38-46), con le offerte espiarono i peccati di quelli che erano caduti in guerra in uno stato di colpa, quanto più i sacerdoti del Figlio coi santi sacrifici e le preghiere possono espiare i peccati dei defunti”.
Padre Nicola Tornese s.j.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.