I Testimoni di Geova – Lezione 143
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BIBBIA E PURGATORIO
Buona cosa è pregare per I morti
Anche l’altro elemento costitutivo della dottrina cattolica sul purgatorio, vale a dire la possibilità di aiutare i defunti nella loro purificazione, di suffragarli, non è- privo d’una valida base o giustificazione biblica. La Bibbia approva la pia pratica di offrire sacrifici per i defunti e non condanna altre pie pratiche fatte con l’intenzione di beneficiare l’anima di chi è passato all’altra vita. Esamineremo due testi biblici, di cui uno appartiene all’Antico Testamento e l’altro al Nuovo.
Antico Testamento
Un sacrificio offerto per i morti. Assai noto è un testo del Secondo Libro dei Maccabei, che dice:
“Il giorno seguente gli uomini di Giuda andarono, quando già tale azione si imponeva con urgenza, a raccogliere i corpi dei caduti per inumarli presso i loro parenti nei sepolcri dei loro padri. Essi trovarono sotto la tunica di ogni morto oggetti sacri agli idoli di Jamnia, che la legge interdice ai Giudei. Così fu palese a tutti il motivo per cui erano morti. Tutti, allora, benedicendo le opere del Signore giusto che rende manifeste le cose occulte, accorsero a pregare, supplicando che il delitto commesso venisse completamente perdonato. Allora il forte Giuda esortò la moltitudine a conservarsi senza colpe, vedendo coi propri occhi ciò che era successo per il peccato di coloro che erano caduti. Dopo aver raccolto quasi duemila dracme d’argento secondo la possibilità di ognuno, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio per il peccato. Questa fu una buona e nobile azione, perché ispirata dal pensiero della risurrezione. Infatti, se non avesse sperato che coloro che erano morti sarebbero risorti, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Inoltre egli pensava alla magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella pietà. Santo e pio pensiero! Perciò egli fece compiere un sacrificio espiatorio per i morti affinché fossero assolti dal peccato” (2 Maccabei 12, 3946), Garofalo).
Spiegazione:
1. – I fatti:
a) L’episodio qui narrato si colloca nella guerra d’indipendenza degli Ebrei contro i popoli vicini e l’ellenismo (i Greci), sotto la guida dì Giuda Maccabeo durante la prima metà del Il sec. a.C. in una battaglia Giuda sconfigge Gorgia, governatore dell’Idumea, la regione situata a sud della Palestina; ma perde sul campo di battaglia un certo numero di soldati.
b) A battaglia finita, nel compiere il pio ufficio della sepoltura, gli uomini di Giuda trovano sotto la tunica dei soldati uccisi alcuni oggetti sacri a divinità pagane, di cui i morti si erano impossessati, violando la legge giudaica che proibiva una tale cosa (cf. Deuteronomio 7, 25-26).
c) Giuda considera la morte di quei soldati come un castigo di Dio per tale loro colpa; ma era convinto che quei combattenti si erano addormentati nella pietà (verso 45). Erano infatti caduti combattendo per una nobile causa. Pensò tuttavia che avessero bisogno di essere purificati.
Compresi da tale sentimento, Giuda e i suoi soldati accorsero a pregare e anche a far pregare per i compagni caduti. Fece una colletta di quasi duemila dracme d’argento e la inviò a Gerusalemme perché fosse offerto, un sacrificio espiatorio affinché i soldati caduti in battaglia fossero purificati dal peccato.
2. – Le idee
a) Dal racconto risulta abbastanza chiaro che tra gli Ebrei al tempo dei Maccabei (11 sec. a.C.) vi era la convinzione sulla possibilità di essere purificati dal peccato anche dopo la morte e così fatti degni della risurrezione tra i giusti. Questo è uno degli elementi costitutivi della dottrina cattolica sul purgatorio.
b) Ma è soprattutto chiaro che i vivi possono contribuire alla purificazione dei defunti. Ne è indicato anche il modo, cioè preghiere e sacrifici. Giuda e i suoi uomini sono convinti che il sacrificio espiatorio era offerto perché fosse eliminato ciò che separava l’uomo da Dio.
c) L’autore sacro loda il gesto di Giuda e dei suoi compagni con la semplice esclamazione : “Santo e pio pensiero!”. Questo basta per dire che siamo qui in presenza d’una dottrina ispirata da Dio e non già frutto di speculazioni più o meno emotive o, peggio, di superstizione. Qui abbiamo in sostanza la dottrina del purgatorio come insegnata dalla Chiesa Cattolica e non si può negare che abbia una solida base nella parola di Dio.
Nuovo Testamento
Con riferimento alle preghiere o suffragi per i defunti molti studiosi della Bibbia vedono un fondamento di tale dottrina in una pia pratica in uso al tempi di san Paolo nella comunità cristiana di Corinto. Ce ne dà notizia lo stesso Apostolo che scrive:
“Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro?” (1 Corinzi 15, 29).
Spiegazione:
a) San Paolo tratta della certezza della risurrezione dei morti, di tutti i morti, per convincere alcuni cristiani di Corinto che ne dubitavano (cf. 1 Corinzi 15, 12). L’Apostolo prende lo spunto da una pratica religiosa in uso presso quella comunità, vale a dire “il battesimo per i morti”. Da parte sua Paolo non disapprova tale pratica, anche se non sembra approvarla esplicitamente. Egli vuol far solo riflettere quel dubbiosi che tale pratica sarebbe inutile e incomprensibile, se non ci fosse risurrezione dei morti. Infatti il battesimo è caparra di risurrezione (cf. Romani 6, 3-5).
b) Che cosa era questo “farsi battezzare per i morti”? La spiegazione più comune è che si trattava del battesimo ricevuto da una persona ancora viva a favore di un defunto – di un catecumeno – morto senza battesimo: era un’azione vicaria, fatta cioè al posto di un altro, in vece sua, e a suo vantaggio. Inoltre, e forse principalmente, si voleva aiutare il defunto con un rito di suffragio.
c) In questa spiegazione condivisa dalla stragrande maggioranza dei biblisti è implicita l’idea che i vivi possono aiutare i defunti, cioè suffragare le loro anime. Questo è l’essenziale. Vi è qui una conferma della convinzione già chiara fin dai tempi dei Maccabei: pregare per i morti è un pensiero santo e belle (cf. 2 Maccabei 12, 45).
Una spiegazione settaria
L’errore:
Ai tdG non garba la spiegazione che di Corinzi 15, 29 danno quasi tutti i biblisti, cattolici e non cattolici. E’ troppo scomoda per loro perché comporta non solo l’utilità dei suffragi, ma anche la sopravvivenza dell’uomo subito dopo la morte. Per i geovisti, l’uomo con la morte ritorna in uno stato di non-esistenza; a loro dire, la morte dell’uomo è come quella del cane. Per distruggere la verità biblica traducono 1 Cor. 15, 29 arbitrariamente, in modo del tutto diverso dai veri cristiani:
“Altrimenti che faranno quelli che si battezzano allo scopo di (essere) dei morti? Se i morti non saranno destati, perché sono anche battezzati allo scopo di (essere) tali?” (Traduzione del Nuovo Mondo).
Per gettare poi un po’ di polvere negli occhi, gli anonimi traduttori della Bibbia geovista aggiungono:
“La versione della “Traduzione del Nuovo Mondo” è grammaticalmente corretta, e concorda con i suddetti versetti biblici”.
La verità:
a) Notate, prima di tutto, come la traduzione geovista di 1 Cor. 15, 29 è completamente diversa da quella di tutti i traduttori della Bibbia, cattolici e non cattolici. Si ha qui una prova incontestabile di quanto sia menzognera l’affermazione dei tdG quando dicono che la loro Bibbia è la stessa di quella dei cattolici.
b) In secondo luogo, la traduzione geovista di 1 Cor. 15, 29 è scorretta perché contraria alla lettera e allo spirito del testo paolino:
– Contraria alla lettera, ossia grammaticalmente errata, perché nel testo originale non vi è il verbo essere. I geovisti l’hanno aggiunto abusivamente per ben due volte. San Paolo ha scritto: “si fanno battezzare per i morti” (testo greco); non già “allo scopo di esseremorti”. Parimenti: “perché si fanno battezzare per essi” (testo greco); non già “allo scopo di (essere) tali”.
– Contraria allo spirito, ossia contraria a tutto l’insegnamento di san Paolo circa l’efficacia del battesimo. Infatti, secondo san Paolo, il battesimo cristiano non è conferite> “allo scopo di essere morti”, bensì allo scopo di essere vivi. Il battesimo, dato in nome di Gesù o della SS.ma Trinità, di- strugge il peccato, cioè la morte, e dà una nuova vita (cf. Atti 2, 38; Romani 6, 3-6; Colossesi 2, 12-13; Giovanni 3, 3-7). Dire perciò, come fanno i geovisti, che “si battezzano allo scopo di essere morti”, equivale a capovolgere l’insegnamento della Bibbia, commettendo un madornale errore.
c) Per coprire il loro inganno i geovisti dicono che “le uniche altre scritture che menzionano la morte in relazione col battesimo si riferiscono a un battesimo che l’individuo stesso riceve, non a un battesimo in favore d’un altro, d’una persona morta”.
Si tratta d’un inganno, d’una scappatoia. Infatti anche in 1 Corinzi 15, 29 si parla dello stesso battesimo, di cui si parla in tutto le altre Scritture. Ma si aggiunge che si tratta di un battesimo vicario, in favore d’un defunto. E anche questa è Scrittura
Padre Nicola Tornese s.j.
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