I Testimoni di Geova – Lezione 140
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La Risurrezione
Romani 6,4-11
La dottrina della prima risurrezione si trova anche in altri testi biblici, specie in san Paolo. Ne citiamo uno, che vogliamo riportare per la sua bellezza:
“Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere in Cristo (…). Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù…” (Efesini 2,4-6).
Qui Paolo si rivolge a persone ancora vive su questa terra, ai cristiani di Efeso.
Ci soffermiamo ora ad analizzare un altre> testo paolino, anche a motivo dell’uso distorto che di esso fanno i tdG. Scrive l’apostolo:
“Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a Lui (Cristo) nella morte perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova (…). Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con Lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto è ormai libero dal peccato (…). Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con Lui (…). Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio in Cristo Gesù. Non regni più dunque il peccato nel vostro corpo mortale, sì da sottomettervi ai suoi desideri” (Romani (6,4-11).
Spiegazione:
a) San Paolo descrive gli effetti del battesimo cristiano. Per evidenziarli egli collega il battesimo cristiano alla morte e risurrezione di Cristo. Prima alla morte. Il battesimo fa morire l’uomo al peccato, lo libera dai peccati, li rimette (cfr. Atti 2, 38): “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a Lui nella morte”. Poi alla risurrezione. Il battesimo conferisce al battezzato una nuova vita in virtù della risurrezione di Cristo: “Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita”.
In altre parole, il battesimo cristiano, in virtù della morte e della risurrezione di Cristo, produce nella creatura umana un duplice effetto: uno negativo e uno positivo. Distrugge la morte spirituale e dà all’uomo una vita pure spirituale (cfr. Efesini 2,4-9).
b) Il primo effetto, quello negativo, è espresso con le parole: “Chi è morto è ormai libero dal peccato”. E’ una formula giuridica. Che cosa intende dire l’apostolo?
Se la frase è presa in senso giuridico, con riferimento cioè a quanto avviene tra gli uomini nell’amministrazione della giustizia, il significato è che con la morte si ha l’estinzione di ogni procedura penale. li morto non solo non può più violare la legge, ma neppure è punibile per eventuali delitti commessi in vita. La legge umana non agisce più su di lui.
Ma è chiaro che il pensiero di Paolo non è questo. Il suo discorso spazia in un ordine superiore, sull’azione di Dio nei riguardi dell’uomo in virtù della morte e risurrezione di Cristo. L’Apostolo si serve solo d’una immagine, d’un paragone per spiegare l’effetto negativo del battesimo. Egli non intende parlare della morte fisica del battezzato. Il battezzato continua a vivere su questa terra, ma non è più punibile. Il peccato in lui è stato distrutto. Egli è morto al peccato in virtù della morte di Cristo. E’ sempre l’effetto negativo del battesimo. Il battezzato è libero dal peccato in quanto Cristo lo ha purificato, redento, prosciolto.
c) Questa morte spirituale è seguita da una nuova vita, da una risurrezione pure spirituale, in virtù della risurrezione di Cristo. Il battezzato continua a vivere su questa terra, ma la sua vita, in tutta la sua dimensione, “spirito, anima e corpo” (1 Tessalonicesi 5, 23), è arricchita da una nuova vita soprannaturale.
Tuttavia il battezzato è ancora libero e in qualche modo esposto al peccato: può rinnegare la fede e perdere la nuova vita spirituale. Qualora lo faccia, subirà la conseguenza davanti a Dio (cfr. Romani 14, 10; 2 Corinzi 5, 10). Perciò Paolo esorta il battezzato a non ritornare a essere schiavo del peccato: “Non regni più dunque il peccato nel vostro corpo mortale così da sottomettersi ai suoi desideri” (Romani 6,12).
Una spiegazione falsa e settaria
L’errore:
Ai tdG il testo di Paolo (Romani 6,4-11) non dice nulla di tanta bellezza. Essi preferiscono soffermarsi su un solo verso del testo paolino, sul settimo con precisione (Romani 6,7), strappandolo dal contesto: “Colui che è morto è stato assolto dal (suo) peccato” (traduzione geovista). Spiegando settariamente questa citazione monca fanno intendere che “dopo la morte non si è più soggetti a ulteriori punizioni per i propri peccati”.
A loro avviso, san Paolo qui parla della morte fisica, della fine cioè della vita su questa terra, e afferma che dopo la morte non ci sarà nessuna sofferenza. Con parole più chiare questo equivale a dire che, dopo la morte, tutti gli uomini, qualunque sia stato il loro passato, onesti e criminali, si troveranno nella stessa condizione, che per i tdG è la non esistenza.
La verità:
a) Questo insegnamento geovista dà via libera al più deleterio immoralismo. Infatti, se dopo la morte non si è più soggetti ad alcuna punizione per i propri peccati, perché praticare la virtù e lottare contro il vizio? Tanto alla morte non c’è più peccato, nulla da scontare: “mangiamo e beviamo perché domani moriremo”! (1 Corinzi 15, 32). Proprio san Paolo condanna questo modo di pensare ed aggiunge con grande sapienza: “Non lasciatevi ingannare: le cattive compagnie corrompono i buoni costumi” (1 Corinzi 15, 33).
b) Ma la Bibbia non dice ciò che ad essa fanno dire i tdG. Il pensiero di san Paolo è ben diverso. Egli non parla di morte fisica, ossia della fine della vita terrena. Paolo si riferisce all’effetto negativo del battesimo ed afferma che nel battesimo il cristiano muore al peccato, cioè è liberato dal peccato che dominava il vecchio uomo. Nel battesimo il cristiano è reso giusto. Sì, se dovesse morire subito dopo il battesimo, non sarebbe soggetto a punizioni per i propri peccati cfr. Atti 2,38).
c) Tuttavia il battezzato può peccare dì nuovo, agire in modo che il peccato regni nel suo corpo mortale così da sottomettersi ai suoi desideri. E’ un’eventualità che Paolo non esclude. In questa ipotesi, la morte fisica non lo libererà da ulteriori punizioni per i propri peccati. Lo stesso Paolo avverte che “tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno ‘per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male” (2 Corinzi 5, 10; cfr. Romani 14,10.12; Galati 6,7-9; Matteo 10, 28).
Secoli prima di Paola l’autore del Qoelet aveva scritto:
“Conclusione del discorso, dopo che si è ascoltato ogni cosa: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo per l’uomo è tutto. Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, tutto cioè che è occulto, bene o male” (Qoelet 12,13-14).
Padre Nicola Tornese s.j.
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