I Testimoni di Geova – Lezione 127
Questo articolo è stato già letto1016 volte!
L’INFERNO SIGNIFICATO DELLE PAROLE
Ades
Nel Nuovo Testamento l’ebraico Sceol ha come corrispondente il greco Ades, che come Sceol può avere diversi significati:
1 – Ades anzitutto significa “la dimora o soggiorno o regno dei morti”. Così in Atti 2, 31 dove leggiamo: “Questi (Gesù) non fu abbandonato nell’Ades né la sua carne vide la corruzione”. Qui san Pietro adatta alcune parole del Salmo 16, 8-11 e spiega come Cristo dopo la morte non rimase nella “regione dei morti” (Ades), ma risuscitò senza che ìì suo corpo subisse la corruzione del sepolcro.
Non si tratta evidentemente d’una discesa di Cristo all’inferno propriamente detto, anche se alcune versioni traducono Ades con la parola inferno. Infatti “inferno”, dal latino “infernus”, può avere anche il significato di “soggiorno dei morti”, ossia di Sceol o Ades come spiegheremo dopo.
Tuttavia, a differenza di ciò che credevano gli antichi Ebrei, l’Ades (o Sceol) non custodirà per sempre i suoi morti (cf. Apocalisse 20, 13). Questa è una novità rispetto all’A.T., dovuta al fatto che – come tutti sanno – la Rivelazione, specie circa il destino dell’uomo dopo la morte, è stata fatta progressivamente, e raggiunse il suo culmine nella predicazione del Figlio di Dio.
2 – Un secondo significato di Ades nel N.T. è quello di “potenza o forza ineluttabile o di caducità di tutte le cose”, ossia di “morte”.E’ la potenza della morte contro cui l’uomo nulla può fare. San Paolo, per esempio, traduce Osea 13, 14 usando la parola morte, che corrisponde a Sceol in Osea: “La morte (Sceol in Osea) è stata ingoiata per la vittoria” 1 Corinzi 15, 54; cf. Isaia 25, 8). L’Apostolo vuol dire che la morte (Sceol, Ades) è stata vinta da Cristo, autore della vita (cf. Atti 3, 15). Egli, il Risorto, “ha il potere sopra la morte e sopra l’Ades” (Apocalisse 1, 18).
Identico significato in Matteo 16, 18, dove Cristo assicura i suoi discepoli che “le porte dell’Ades non prevarranno contro la sua Chiesa. Egli vuol dire che la potenza distruggitrice della morte o della caducità di tutte le cose non avrà alcun effetto negativo sulla sua Chiesa ancorata su Pietro.
3 – Qualche volta Ades nel N.T. indica lo stato o condizione di pena dei malvagi. Tale è il caso del ricco cattivo che subito dopo la morte va nell’Ades tra i tormenti (cf. Luca 16, 23), mentre Lazzaro, povero e buono, passa in uno stato di gioia.
Abbiamo qui un’altra novità rispetto all’A.T., ossia una migliore conoscenza circa il destino dell’uomo subito dopo la morte. Mentre, infatti, lo Sceol degli antichi Ebrei raccoglieva tutti i morti, buoni e cattivi, nel N.T. i malvagi hanno in sorte la sofferenza, i tormenti, ma ai buoni è riservata la felicità.
Sceol e Ades nelle traduzioni
Le precisazioni che seguono sono necessarie per sventare gli equivoci geovisti, che sono molti e gravi, come apparirà nella Terza Parte.
1 – Sceol. In alcune traduzioni è stata conservata la parola ebraica Sceol, che assume secondo il contesto uno dei significati indicati precedente. ente. In altre Sceol è tradotto con “soggiorno o regione o regno dei morti” oppure “altro mondo”, oppure “tomba”. Più spesso è reso con “ìnferi” e alcune volte con “infernus” e “inferno”. Questi ultimi due termini (infernus, inferno) meritano precisazioni particolari per l’abuso o equivoco che ne fanno i tdG a danno sempre della verità di Dio.
a) Inferno (latino infernus) letteralmente significa “che sta sotto”, “inferiore” (in greco katòteros, cf. Efesini 4, 9). In quanto a concetto, inferno (e infernus) ha subìto una certa evoluzione. In molte religioni antiche “inferno” indicava il luogo o regione sotterranea, dov’erano relegati gli spiriti dei morti e anche gli dèi infernali.
Con questo significato, che corrisponde al primo significato di Sceol, si trova nella Bibbia detta Volgata (infernus) e anche in alcune traduzioni in lingue moderne: inferno in italiano, hell in inglese, Hólle in tedesco ecc. In tutti questi casi, quando cioè inferno o hell o Hólle traduce Sceol, non ha il significato di luogo (meglio stato) di eterno tormento per i malvagi. Inferno assume secondo il contesto uno dei significati di Sceol.
b) Con l’andare del tempo, a cominciare cioè dall’epoca dei profeti, gli Ebrei si posero il problema della diversa sorte dei buoni e dei cattivi dopo la morte (cf. Isaia 14, 9-20; 33, 14; 66, 24; Ezechiele 32, 33; Daniele 12, 2; Giuditta 16, 17; Siracide 7, 17), e assegnarono nella regione dei morti, cioè nello Sceol, un reparto speciale per i cattivi. Il Nuovo Testamento accetta e conferma questa fede (cf. Luca 16, 23).
Per indicare la sorte dei malvagi prevalse l’uso della parola “inferno” (inferno, enfer, hell, Hólle) che perciò venne ad avere due significati quello generico di “soggiorno dei morti” e quello specifico di “stato di pena” per i dannati (ossia di Geenna, cf. infra).
c) Oggi i traduttori della Bibbia preferiscono usare la parola “inferno” col significato specifico di “stato di pena” (Geenna). Ma in alcune traduzioni, specie del passato, inferno conserva il significato generico, ossia di “soggiorno dei morti” o di “pericolo di morte” (cf. Giona 2, 3) o di “potenza distruttiva della vita”. Prestare attenzione!
2 – Ades ha seguito la stessa sorte di Sceol. In alcune traduzioni è conservata la parola greca Ades, che in italiano diventa Ade, in inglese Hades, in francese Hadès. Altre volte Ades è reso con “mondo sotterraneo”, “regno dei morti”, “ìnferi”, “tomba” ecc.
Ma qualche volta è stato tradotto con la parola inferno.Così La Sacra Bibbia a cura dell’Istituto Biblico di Roma rende Atti 2, 31: “Né egli (il Messia) fu abbandonato nell’inferno (Ades)”. Identica traduzione in alcune Bibbie edite dalle Edizioni Paoline (EP). Ma in questi casi la parola “inferno” non indica lo stato di pena dei malvagi come falsamente insinuano i tdG (cf. infra, Terza Parte).
In tutti questi casi, inferno significa “soggiorno dei morti”, oppure “morte”, oppure “tomba”, eccetto in Luca 16, 23, dove inferno (Ades) significa “stato di tormento”.
Geenna
1 – Nell’Antico Testamento Geenna ha due significati: uno letterale e uno simbolico.
a) Letteralmente Geenna vuol dire “valle dei figli di Hinnòn (ge-ben-Hinnòn)”, ed indica una valle a sud di Gerusalemme, che al tempo di alcuni re di Giuda divenne luogo di culti idolatrici. Ivi gli stessi re Achaz (736-721 a.C.) e Manasse (693-639 a.C.) sacrificarono i loro figli al, dio Moloch (cf. 2 Re 16, 3; 21, 6; 2 Cronache 28, 3; Geremia 7, 32).
Contro questi abomini tuonò la voce dei profeti in nome di Jahve: “Hanno costruito l’altare di Tofet, nella valle di Ben-Hinnòn, per bruciare nel fuoco i figli e le figlie, cosa che io non ho mai comandato e che non mi è mai venuta in mente” (Geremia 7, 31). Jahve maledisse quella valle e predisse che quel luogo avrebbe indicato punizione e sofferenza:
“Perciò verranno giorni – oracolo di Jahve – nei quali non si chiamerà più Tofet né valle di Ben-Hinnòn, ma valle della strage (…). I cadaveri di questo popolo saranno pasto agli uccelli dell’aria e alle bestie selvatiche e nessuno li scaccerà” (Geremia 7, 32-33).
In effetti, il pio re riformatore Giosia (640-609 a.C.) fece di quella valle un luogo impuro, dove venivano gettati i cadaveri dei giustiziati (cf. 2 Re 23, 10).
b) Sulla base di questi precedenti, la valle di Ben-Hinnòn divenne simbolo della futura punizione dei malvagi. Isaia, riferendosi ai tempi della futura restaurazione, intravede che quella valle offrirà ai veri adoratori lo spettacolo del castigo di Dio contro i ribelli:
“Uscendo (dal tempio), vedranno i cadaveri degli uomini che si sono ribellati contro di me (Jahve); poiché il loro verme non morirà, il fuoco non si spegnerà e saranno un abominio per tutti” 66, 24; cf. Marco 9, 48).
Questo testo di Isaia fu all’origine di una sempre più chiara designazione del luogo-stato di pena dei peccatori come “Geenna”. Su questa linea infatti continuò la letteratura apocalittica dei Giudei, che fece di quella valle in modo sempre più esplicito il simbolo della sofferenza dei malvagi dopo il giudizio finale (cf. Daniele 12, 2). La parola Geenna passò a indicare l’inferno propriamente detto.
2 – Nel Nuovo Testamento Geenna ha soltanto il significato simbolico di pena eterna dei ribelli dopo l’ultimo giudizio e “non è più localizzata nella valle a sud di Gerusalemme”.
a) I Giudei del tempo di Gesù conoscevano bene ciò che avevano detto Isaia, Geremia e la letteratura apocalittica in rapporto alla valle di Ben-Hinnòn; e quando Gesù parlava di Geenna, di fuoco inestinguibile ecc., non pensavano affatto a quella località a sud di Gerusalemme, ma unicamente a ciò di cui quella valle era divenuta simbolo.
Per farsi ben capire Gesù non solo usava le stesse parole dei profeti (cf. Marco 9, 47-48; Isaia 66, 24), ma precisava che il fuoco eterno della Geenna era stato preparato per il diavolo e i suoi associati (cf. Matteo 25, 41). E’ chiaro che tale Geenna non poteva essere la valle a sud di Gerusalemme, dove solo per un tempo ben limitato nella storia furono bruciati i cadaveri dei giustiziati.
b) Nel N.T. la Geenna è sempre connessa con l’immagine del fuoco (cf. Matteo 5, 22; 18, 9; Giacomo 3, 6 ecc.); del fuoco inestinguibile (cf. Matteo 3, 12; Marco 9, 43 ecc.). L’immagine dei fuoco ricorre anche là dove la parola Geenna è sottintesa (cf. Matteo 3,10-12; 7,19; 18, 8-9; 25,41; Luca 3, 9-17).
Nell’Apocalisse l’immagine del fuoco si accompagna con quella dello zolfo e del lago o stagno (cf. Apocalisse 14, 10; 19, 20; 20, 9-15; 21, 8), che non è un’allusione alla valle di Ben-Hinnòn, ma piuttosto all’ambiente del Mar Morto, triste ricordo della punizione divina di Sodoma e Gomorra (cf. Genesi 19, 23-25).
Altre immagini della Geenna sono quelle del verme roditore che non muore (cf. Marco 9, 46 = Isaia 66, 24), della prigione e della tortura (cf. Matteo 5, 29-30), del pianto e dello stridore di denti (cf. Matteo 8, 12; 13, 42-50; 22, 13; 24, 51; 25, 30), delle tenebre (cf. Matteo 8, 10-12; 22, 13; 25, 30; Giovanni 8, 12; 12, 44-46).
c) Altrove la grande verità biblica della Geenna è inculcata con espressioni più concrete e più comprensive come quelle dell’esclusione dal Regno di Dio, che è una comunità di gioia e di pace, di amore e di felicità’.
Qui l’abbiamo voluto solo accennare per indicare che le immagini (fuoco, verme ecc.), proprie del giudaismo ai tempi di Gesù, devono essere prese per quello che sono, ossia come immagini, e non come affermazioni letterali.
Su questa base di indiscussa esegesi biblica appare quanto sia superficiale ed antibiblica l’affermazione dei tdG, secondo cui la Chiesa Cattolica insegnerebbe l’esistenza di un inferno di fuoco letterale, dove i dannati sarebbero arrostiti per tutta l’eternità. E’ chiaro che né la Bibbia e tanto meno la Chiesa Cattolica ha mai detto o dice simili idiozia.
Padre Nicola Tornese s.j.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.