I Testimoni di Geova – Lezione 101
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Le arti decorative nella Bibbia
L’uso delle immagini e delle statue nella Chiesa Cattolica è solo un aiuto – utile ma non necessario – di metterci a contatto coi nostri fratelli veramente esistenti in uno stato di gloria. in altre parole, immagini e statue hanno lo scopo – là dove ce ne fosse bisogno – di rendere in qualche modo presenti e visibili realtà invisibili.
E’ conforme alla Scrittura questa pia pratica? La risposta deve essere decisamente affermativa: La Bibbia insegna che anche la pittura e la scultura – vale a dire gli artisti – possono prestare la loro opera a scopo religioso, per attirare le menti e i cuori verso Dio e le realtà invisibili.
Nel libro dell’Esodo è detto che Mosè chiamò “tutti gli uomini d’ingegno” perché adornassero convenientemente con immagini di realtà invisibili la Dimora o Arca. Uno degli artisti “fece due cherubini in lavoro d’oro battuto, alle due estremità dell’Espiatorio” (Esodo 37, 7). Così aveva ordinato Jahve: “Farai due cherubini d’oro: li farai lavorati a martello sulle due estremità del coperchio (dell’Espiatorio)” (Esodo 25, 18). Se questo era l’ordine di Jahve, è segno evidente che l’uso delle immagini non poteva essere assolutamente una violazione del comandamento dato dallo stesso Jahve quando aveva detto: “Non ti farai immagini scolpite …” (Esodo 20, 4).
Secoli più tardi anche Salomone adornerà di cherubini la cella in fondo al Tempio, dov’era custodita l’Arca dell’Alleanza. Lo scrittore sacro si compiace di descrivere minuziosamente queste sculture del Tempio fatto costruire da Salomone all’unico Dio Jahve (cfr. 1 Re 6, 19-32; Cronache 3, 8-13). Certo Salomone, ordinando queste sculture, non pensava di violare alcun comandamento del Decalogo.
Rimosso perciò il pericolo di idolatria, la Bibbia non ha nulla da dire contro l’uso delle immagini e delle statue o sculture. Al contrario, è in armonia con la Bibbia che le arti figurative come la scultura e la pittura concorrano a ricordarci e renderci presenti realtà invisibili a scopo di culto, avendo cioè come unico scopo la conoscenza e l’adorazione dell’unico Dio. Questo è il pensiero dei grandi biblisti:
“Il secondo comandamento del decalogo (Esodo 20,4-6; Deuteronomio 5, 8-10) proibisce la manifattura di immagini di qualunque tipo, né “in alto nei cieli, né in basso sulla terra, né nelle acque sotto terra”. La enumerazione è completa e include qualsiasi oggetto visibile che possa essere rappresentato. E’ improbabile che si tratti della proibizione totale di ogni forma di arte raffigurativa, come la interpretavano alcuni rabbini di vedute più rigide. Nell’antico Israele i cherubini erano immagini; nel giudaismo del secolo 1 dopo Cristo e anche posteriore si permettevano decorazioni artistiche di tombe e sinanoghe”.
Concludendo possiamo e dobbiamo dire ancora una volta che l’applicazione geovista e di altre sette dei testi biblici riguardanti la proibizione delle immagini e delle statue è errata. Tali testi non si riferiscono alla venerazione cattolica delle immagini e delle statue, ma a cose completamente diverse.
L’insegnamento della Chiesa Cattolica
Certo, nella pia pratica di venerare le immagini e le statue vi possono essere stati e vi possono essere abusi e deviazioni. Questa è la condizione umana. Ma è proprio di gente gretta generalizzare e soprattutto servirsi dell’abuso per negare ciò che Dio permette. Le persone oneste vigilano e correggono eventuali abusi, ma rispettano sempre la verità, che ci salva. Questo è stato sempre ed è l’atteggiamento della Chiesa Cattolica.
Riportiamo alcune precisazioni del Concilio Vaticano Il (dalla Sacrosanctum Concilium, Costituzione sulla Sacra Liturgia):
122. Fra le più nobili attività dell’ingegno umano sono, con pieno diritto, annoverate le arti liberali, soprattutto l’arte religiosa, e il suo vertice, l’arte sacra. Esse, per loro natura, hanno relazione con l’infinita bellezza divina che deve essere in qualche modo espressa dalle opere dell’uomo (…). Nessun altro fine è, stato loro assegnato se non quello di contribuire il più efficacemente possibile (…) a indirizzare religiosamente le menti degli uomini a Dio.
Per tali motivi la santa Madre Chiesa ha sempre favorito le arti liberali, ed ha sempre ricercato il loro nobile servizio, specialmente per far sì che le cose appartenenti al culto sacro splendessero veramente per dignità, decoro e bellezza, segni e simboli delle realtà soprannaturali…
124. Abbiano cura i Vescovi di allontanare dalla casa di Dio e dal altri luoghi sacri quelle opere d’arte che sono contrarie alla fede e ai costumi, e alla pietà cristiana; che offendono il genuino senso religioso, o perché depravate nelle forme, o perché mancanti, mediocre o false nell’espressione artistica.
125. Si mantenga l’uso di esporre nelle chiese alla venerazione dei fedeli le immagini sacre. Tuttavia si espongano in numero moderato e nell’ordine dovuto, per non destare ammirazione nei fedeli, e per non indulgere ad una devozione non del tutto retta.
127. Tutti gli artisti, poi, che guidati dal loro ingegno intendono glorificare Dio nella santa Chiesa, ricordino sempre che la loro attività è in certo modo una sacra imitazione di Dio Creatore e che le loro opere sono destinate al culto cattolico, alla edificazione, alla pietà e all’istruzione religiosa dei fedeli.
PARTE SECONDA:I SANTI
La Bibbia, dunque, a volerla leggere e capire correttamente, non autorizza nessuna mania iconoclasta, ossia la volontà selvaggia di distruggere immagini, statue, crocifissi, ecc. Al contrario, la Parola di Dio è favorevole a che le arti figurative, quando e dove ci fosse bisogno e in una forma corretta, aiutino ad elevare la mente e il cuore a realtà invisibili, alle persone che ci hanno preceduto nella gloria del paradiso, nella Casa del Padre.
Nella Chiesa cattolica l’uso delle immagini e delle statue è connesso in gran parte con la pia pratica della venerazione dei Santi. In questa Seconda Parte vogliamo ricordare e spiegare alcune verità riguardanti i Santi e la loro venerazione, avendo sempre come guida il Libro Sacro.
Chi sono I Santi?
Nella Bibbia la parola santo e santi ricorre innumerevoli volte. Secondo l’opinione della maggior parte, se non di tutti gli studiosi, il termine santo ha il significato di separato.
1 – Dio Jahve è il Santo per eccellenza, il tre volte Santo (cfr. Isaia 6, 3), il Santo di Israele (cfr. Isaia 1, 4; 5, 19; ecc.), il totalmente separato non solo perché è al di sopra di tutto il creato, ma anche perché è separato da tutto ciò che è profano, ingiusto, immorale.
Nel Nuovo Testamento Gesù è detto il Santo di Dio (cfr. Marco 1, 24; Luca 1, 35; Giovanni 6, 69 ecc.). Questo titolo dato a Gesù è una chiara professione della sua divinità perché indica che Gesù, come Sahve, è al di sopra di tutto ciò che è profano, imperfetto, immorale, anzi al di sopra di tutte le creature. Perciò egli ha un Nome al di sopra di ogni nome (cfr. Filippesi 2, 9). Questo vuol dire che Egli è per natura (nome = natura) al di sopra di qualsiasi natura creata sia terrena che angelica (cfr. Efesini 1, 21; Ebrei 1, 4; 1 Pietro 3, 22). “In Lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Colossesi 2, 9).
2 – Tutto questo è insegnamento biblico. A noi comunque interessa sapere se e come il termine santo è applicato alle creature umane. Sì, Dio ha voluto che anche i credenti in Lui, i membri del suo popolo, fossero chiamati santi.
Nell’Antico Testamento, Israele, il Popolo di Dio, è detto “una nazione santa” (Esodo 19, 6) perché in virtù della elezione divina e dell’Alleanza,. è stato separato dal mondo pagano e consacrato al servizio del vero Dio. Ed è volontà di Jahve che tutti si sforzino di essere santi a imitazione di Dio: “Siate santi, perché io Jahve, Dio vostro, sono Santo” (Levitico 19, 2; 11, 44). Da notare che tutti i membri della comunità israelitica sono esortati a essere santi. La vocazione e la dignità di santi sono comuni a tutti, mai riservate solo ad alcuni, escludendo gli altri (cfr. Daniele 7, 25-26).
3 – Identico linguaggio, eguale significato nel Nuovo Testamento: tutti quelli che hanno fatto la scelta cristiana, tutti i membri della comunità di Cristo sono detti santi. Mediante la purificazione dal peccato per mezzo dell’acqua vivificata dallo Spirito (cfr. Giovanni 3, 5; Matteo 3,’ 11), ossia in virtù del battesimo che rimette i peccati (cfr. Atti 2, 38), le creature umane, senza limite di numero, già su questa terra sono qualificate come santi. Perché Cristo santifica tutti i credenti in Lui, ossia tutti i membri della Chiesa: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro della acqua” (Efesini 5, 25-26).
Questo crede ed insegna san Paolo quando chiama santi tutti i cristiani di Gerusalemme (cfr. 2 Corinzi 8, 4), tutti i cristiani di Roma (cfr. Romani 1, 7), di Corinto (cfr. 1 e 2 Corinzi 1, 1), di Efeso (cfr. Efesini 1, 1 ecc.).
Questo crede ed insegna san Pietro: “Ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventiate santi anche voi in tutta la vostra condotta, perché sta scritto: voi sarete santi, perché io sono Santo” (1 Pietro 2, 9).
Commenta La Sacra Bibbia di Salvatore Garofalo:
“Santi sono i cristiani non già perché tutti di una virtù eccezionale, bensì perché Dio, chiamandoli alla fede, li ha separati dagli altri uomini, li ha liberati dal peccato col battesimo e li ha fatti partecipi della sua vita divina col l’obbligo d’una vita nuova”.
4 – Santi sono tutti i credenti in Dio, che ci hanno preceduto nella gioia e nella gloria del Re- gno di Dio. Già in Daniele è detto che “i santi dell’Altissimo riceveranno il regno e lo possederan- no per secoli e secoli” (7, 18). Dopo le sofferenze, le persecuzioni e la morte causate dai nemici di Dio “il regno, il potere e la grandezza di tutti i regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo” (Daniele 7, 27).
Evidentemente si tratta di tutti gli Israeliti, cioè di tutti gli appartenenti al Popolo di Dio, rimasti fedeli nel tempo della prova. Ad essi sono promesse la gioia e la gloria non di una terra paradisiaca su questo pianeta, ma di “una patria migliore, cioè quella celeste” (Ebrei 11, 16). Questa era la loro speranza.
Questa speranza diventa particolarmente chiara nelle parole di Cristo, Maestro di verità, che assicura che dove sarà lui, là sarà anche chi lo serve (cfr. Giovanni 12,26). Perciò san Paolo considerava la morte un guadagno e preferiva essere sciolto dal corpo per essere con Cristo (cfr. Filippesi 1, 21-23). E a Timoteo scriveva:
“Certa è questa parola: se moriamo con lui (con Cristo), vivremo anche con Lui; se con Lui perseveriamo, con Lui anche regneremo” (2 Timoteo 2,11-12).
E’ chiaro che l’apostolo assicura la gloria e la gioia del regno con Cristo a tutti coloro che vogliono perdere la propria vita per Cristo (cfr. Luca 9, 24), ossia morire al peccato per vivere e regnare con Lui.
Per Paolo una sola è la speranza di tutti quelli che seguono Cristo. Scrive infatti agli Efesini:
“Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione” (Efesini 4, 4) 9.
Nell’Apocalisse di Giovanni la visione di Daniele (7, 18.27) è vista come una realtà. Con Cristo è giunto il tempo di dare la mercede ai santi (cfr. Apocalisse 11, 18). Giovanni chiama santi tutti i martiri di Cristo (cfr. Apocalisse 16, 6; 17, 6) che sono centinaia di migliaia. Tutta la popolazione dei santi, a motivo delle loro giuste opere, forma come “una veste di lino puro splendente della Chiesa trionfante” (Apocalisse 19, 8).
Padre Nicola Tornese s.j.
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