I Testimoni di Geova – Lezione 101
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Immagini e Santi
La intercessione dei Santi
1 – Intercedere vuol dire “intervenire in favore di qualcuno”; intercessione è “l’atto o l’effetto dell’intercedere”. Un esempio biblico abbastanza conosciuto è quello di Maria, la Madre di Gesù, che alle nozze di Cana intervenne presso suo Figlio in favore degli sposi a corto di vino. L’intercessione di Maria ottenne il suo effetto e Gesù fece il primo miracolo, cambiando l’acqua in vino (cfr. Giovanni 2, 1-11).
Nel linguaggio cristiano e con riferimento ai Santi, intercedere vuol dire che i Santi, dietro preghiera o richiesta dei loro fratelli nella fede che sono ancora su questa terra, intervengono a loro favore presso Dio per ottenere da Dio le grazie o cose desiderate.
Vista nella sua vera natura, l’intercessione altro non è che l’esercizio dell’amore e dell’aiuto, che deve regnare tra le membra dello stesso corpo o organismo affinché “le membra siano vicendevolmente sollecite del bene comune” (1 Corinzì 12, 95). L’organismo o corpo, di cui parla san Paolo, è precisamente la comunità dei credenti, ossia la Chiesa. In essa ciascuno deve esercitare l’amore verso gli altri, soprattutto invocando da Dio, datore di ogni bene, mediante la preghiera, ciò che a ciascuno è utile e necessario per la sua salvezza integrale (cfr. 1 Corinzi 12, 12-27).
Alla base della intercessione vi è la dottrina della Comunione dei santi. Con questa espressione la Chiesa Cattolica insegna ciò che insegna san Paolo nella citata Lettera ai Corinzi. ivi l’apostolo paragona la Chiesa, ossia l’insieme di tutti i battezzati o santi, a un organismo, al corpo umano, perché tutti formano una comunità o comunione, dov’è naturale che tra le varie membra vi sia uno scambio dei singoli beni per il bene comune. Comunione dei santi non vuol dire che solo alcuni privilegiati, ossia quelli del numero chiuso dei 144.000, possono ricevere gli emblemi del pane e del vino. Questo è un grosso errore della setta geovista, che tende a creare e confermare un deprecabile razzismo.
2 – Nella Bibbia abbiamo numerosi esempi di intercessione. Ne citiamo solo alcuni, limitandoci al Nuovo Testamento.
– San Paolo chiede spesso le preghiere, ossia la intercessione, dei cristiani affinché Dio lo liberi dai pericoli che lo minacciano nel suo lavoro apostolico:
“Pregate incessantemente con ogni sorta di preghiera e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi (= tutti i fedeli) e anche per me, perché quando apro la bocca mi sia data una parola franca per far conoscere il mistero del Vangelo” (Efesini 6,18-19; cfr. Romani 15,30-31).
Altre volte Paolo offre a Dio le sue preghiere, ossia la sua intercessione, a vantaggio spirituale dei fedeli :
“Perciò anche noi, da quando abbiamo saputo vostre’ notizie, non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate una piena conoscenza della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spirituale…” (Colossesi 1,9-10).
– San Giacomo ha scritto: “Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza. Elia era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse i suoi frutti” (Giacomo 5, 16-17).
Due cose da notare nell’insegnamento di san Giacomo. La prima è, che la preghiera del giusto rivolta a Dio come intercessione è sempre efficace. La seconda è che il giusto può ottenere da Dio per gli altri anche favori di ordine temporale.
PARTE TERZA
ERRORI E VERITA’
Contro l’uso delle immagini
1 – L’errore:
“Mostrando che le immagini come ausili per la devozione gli dispiacevano, Dio diede agli Israeliti la sua legge che ne proibiva l’uso. Cambiò attitudine Dio con l’inizio del cristianesimo? No, perché la Bibbia mostra che i cristiani evitarono similmente l’uso delle immagini”.
La verità:
a) Dio non mostrò che gli dispiacessero le immagini come ausili per la devozione. Semmai è vero il contrario. Egli ha voluto che le arti figurative aiutassero gli Israeliti per la devozione. “Mo- sè chiamò tutti gli artisti, nel cuore dei quali Jahve aveva messo la saggezza ( .. ) Bezaleel (uno dei loro) fece la Dimora con figure di cherubini artisticamente lavorati” (Esodo 36, 2-8).
b) La legge data da Dio agli Israeliti non proibiva l’uso delle immagini decorative utili alla devozione, ma le immagini e le statue degli idoli pagani. La Chiesa Cattolica ha sempre distrutto gli idoli pagani, ma ha favorito le arti figurative per la devozione e la conoscenza della vera adorazione. Così Dio comandò a Mosè.
c) Nei testi biblici citati dai tdG (Esodo 20: 4, 5; Deuteronomio 7: 25; Levitico 26: 1; Atti 17, 29) si parla solo e sempre di idoli o divinità pagane. I tdG travisano il pensiero degli autori sacri e profanano la Parola di Dio.
2 – L’errore:
“Seguendo il consiglio dell’apostolo Giovanni di ‘guardarsi dagli idoli’, camminarono “per fede, non per visione”. Riposero la loro completa fiducia nell’invisibile Iddio” (1 Giovanni 5: 21; 2 Corinzi 5: 7) 18.
La verità:
a) Seguendo il consiglio dell’apostolo Giovanni, i primi cristiani e i veri cristiani d’ogni tempo hanno distrutto le immagini e le statue degli idoli pagani oppure le hanno conservate nei musei. Mai hanno prestato loro una religiosa attenzione. Hanno sempre posto la loro attenzione all’invisibile Dio e alla sua Immagine, cioè, a Gesù Cristo, il Dio-con-noi (cfr. Colossesi 1, 15; Matteo 1, 23).
Giovanni nel testo citato (1 Giovanni 5, 21) si riferisce solo agli idoli pagani, non alle immagini permesse da Dio agli Israeliti per la sua vera adorazione.
b) Anche errato è l’uso o l’abuso che i tdG fanno delle parole di san Paolo: “camminare per fede, non per visione” (2 Corinzi 5, 7). In questo testo san Paolo non parla affatto dell’uso delle immagini né per negarlo, né per affermarlo. Egli si riferisce solo ai due modi o stati della nostra esistenza e della nostra conoscenza del Signore. Il primo modo è quello della vita presente, paragonabile alla condizione dell’esule, che conosce le bellezze della sua patria solo indirettamente (per fede). L’altro modo è quello di chi sta in patria e vede direttamente (per visione), faccia a faccia (cfr. 1 Corinzi 12, 12) il volto delle persone care. Se al primo modo di conoscenza aiutino le immagini o no, san Paolo né lo afferma né lo nega. I tdG fanno violenza al testo paolino, travisando settariamente il pensiero dell’Apostolo.
c) Degno di nota e di grande biasimo è il fatto che i tdG si comportano in modo del tutto opposto a ciò che affermano. Essi fanno quello che rimproverano ai veri cristiani, riempiendo di immagini i loro libri e riviste. Vogliono che i loro seguaci abbiano la visione di ciò che la setta promette nel mondo che ha da venire. Due pesi e due misure, ipocritamente.
d) Vi è di peggio. In una loro recente pubblicazione danno l’immagine dei terribile Geova, raffigurato come un sovrano seduto su un trono. Eppure in un’altra loro pubblicazione ci dicono che “nessuna immagine di Dio è possibile”!. La Bibbia dice: “A chi potreste paragonare Dio e quale immagine mettergli a confronto?” (Isaia 40,18).
3 – L’errore:
“L’adorazione “relativa” con l’uso di ‘ausili’ fisici per la devozione’, è contraria al principio cristiano di adorazione. Giov. 4: 24. “Dio è Spirito e quelli che l’adorano devono adorarlo con spirito e verità”.
La verità: a) Insistere che nella venerazione delle immagini si tratta di “adorazione” equivale a usare un linguaggio volutamente errato, cioè calunnioso. I cattolici adorano solo Dio Uno e Trino, non le ìmmagini e i Santi, neppure quelle dell’Uomo-Dio, ossia di Gesù Cristo, la Seconda Persona della Santissima Trinità. L’uso di ausili fisici, come le immagini e le statue, può aiutare all’adorazione “in spirito e verità”. I tdG fanno largamente uso di immagini per portare alla conoscenza e alla adorazione di Geova.
b) Nel linguaggio cristiano la venerazione delle immagini è detta relativa. Questo vuol dire che l’oggetto diretto della venerazione non sono le immagini e le statue, ma il Santo in esse raffigurato. Ogni persona intelligente e normale capisce che gli atti di venerazione non sono rivolti alla carta o alla tela o al legno o al marmo, di cui le immagini e le statue sono fatte. Noi non veneriamo la materia delle immagini e delle statue, ma i nostri fratelli gloriosi in paradiso, raffigurati nelle immagini e nelle statue.
c) Facciamo un esempio. Quando voi baciate la foto d’una persona cara – sarà il vostro bambino vivo o morto, la vostra mamma ecc. – pensate forse con quel gesto di fare atto di omaggio alla carta della foto? Forse il vostro affetto si ferma alla carta? Sarebbe sciocco pensarlo! Solo gli sciocchi lo pensano. Oggetto del vostro gesto affettuoso è la persona cara lontana o morta, ma resa in qualche modo vicina, presente e come viva mediante l’immagine.
Facciamo un esempio. Leggendo la Bibbia nessuno pensa di fermarsi alla carta e ai caratteri, che compongono il libro. La carta e ancora più i caratteri sono mezzi o ausili fisici con cui veniamo a conoscenza di Dio Spirito e delle realtà sopra sensibili. Noi tuttavia teniamo caro il libro, carta e caratteri, e facciamo gesti di devozione verso di essi perché è un ausilio per entrare in relazione e adorare Dio in spirito e verità.
Padre Nicola Tornese s.j.
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