Giovedì Santo “In Coena Domini”
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Celebriamo il gesto di Gesù che dona se stesso. «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Giov. 13,1). Sino al dono della sua vita: consegnandosi ai suoi avversavi che ne avevano decretato la morte, perché «nessuno ama di più i suoi amici di colui che per essi dona la vita» ; consegnando nelle mani dei suoi discepoli il suo corpo e il calice del suo sangue come «memoriale» perpetuo.
La riflessione cristiana ha costruito teologia e spiritualità del Giovedì santo meditando su questa duplice «consegna» (traditio) che sintetizza tutta la vita di Gesù e illumina il cammino della Chiesa. Questa vive nella memoria sacramentale del suo Signore e nella testimonianza della verità e del servizio, senza temere le forze avverse della menzogna e dell’egoismo. Il «martirio» è vocazione del discepolo come fu destino del Maestro.
Ma il ricordo della vicenda tragica di Gesù suscita nella Chiesa un unico timore: che nel suo seno vi sia il traditore che «consegna» Gesù ai suoi uccisori. I due luminosi gesti di «consegna» fatti dal Maestro sono meditati sullo sfondo oscuro di questa inspiegabile «consegna» di un discepolo, roso dall’invidia e avido di denaro. Ciascuno di noi porta in sé il traditore, «l’uomo per il quale sarebbe meglio se non fosse mai nato» (Mai. 26,24).
Per questo la Chiesa ha collocato in questo giorno una celebrazione di riconciliazione dei penitenti: troppo grave sarebbe commemorare la morte del Signore con la coscienza di essere dalla parte di chi lo condanna e uccide. E per questo la Chiesa veglia in preghiera nella notte del tradimento, della cattura e dell’infame giudizio: teme di essere trovata assonnata e Impaurita come i discepoli al Getsemani o come Pietro.
Nel gesto di consegnare sé stesso come «martire» e come «sacramento» Gesù realizza al massimo il suo compito di Messia: attua la volontà del Padre, che lo vuole ubbidiente alla parola in un mondo che per la disubbidienza è dominato dal peccato; adempie la missione di liberazione e salvezza perché afferma il diritto dell’oppresso e del debole di fronte alle forze violente dell’ingiustizia; compie l’opera dello Spirito costituendo il nuovo popolo sacerdotale nel suo corpo donato e nell’alleanza sigillata dal suo sangue.
La Chiesa colloca in questo giorno la preparazione degli olii con cui segnare i cristiani, come discepoli del Cristo-Messia: consacrato dall’unzione dello Spirito Santo per la missione di salvezza affidatagli dal Padre.
La salvezza messianica trova espressione nella cena eucaristica: la convivialità lieta e fraterna, nella condivisione di ciò che si ha e si è per il dono del Signore, se è prefigurazione della vita eterna già nel presente indica uno stile di vita e contiene una promessa.
d. Luigi della Torre
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