Formazione liturgica
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L’IMPORTANTE E’ . . . PARTECIPARE .
Bene, allora proviamo a vedere di ricapitolare qualcosa, sempre e solo “qualcosa” perchè non finiremo mai di dire della bellezza del celebrare cristiano; per quanto noi possiamo commentare qualcosa è pur sempre un “balbettare” di questa bellezza, di questa grandezza.
Abbiamo provato a dire che cos’è la liturgia e abbiamo ascoltato quei numeri fondamentali della Sacrosantum Concilium.
E poi abbiamo provato a dire qualcosa sul tema della presenza del Signore e delle molteplici modalità di come il Signore realmente si rende presente nell’azione celebrativa.
Ci siamo lasciati dicendo che una questione importante e decisiva è la PARTECIPAZIONE.
E il titolo di questo incontro stasera è: “l’importante è partecipare” però non nel senso in cui lo usiamo normalmente…ma proveremo a capire perchè è importante partecipare e che cos’è la partecipazione.
Allora riprendo necessariamente alcuni concetti per aggiungere, appunto, qualcosa.
Ormai ci è chiaro che, quando diciamo “liturgia”, non intendiamo la celebrazione.
La celebrazione è un MOMENTO della liturgia, il momento centrale, importante.
Quando diciamo “liturgia” intendiamo un movimento, un dinamismo. Intendiamo dire, così come ci insegna il Concilio, che la liturgia è la Pasqua di Gesù, il suo sacerdozio, che continua ad essere presente, attivo; l’esercizio del sacerdozio di Cristo nell’azione celebrativa quindi attraverso i riti, le preghiere, i gesti, le parole, le cose anche, tutto ciò che fa parte della dimensione attuale dell’azione celebrativa.
Quindi è la Pasqua di Gesù presente nell’azione celebrativa per la santificazione dei fedeli, cioè perchè la nostra vita possa essere plasmata dalla Pasqua.
Quindi noi nell’azione celebrativa incontriamo la sua presenza molteplice; abbiamo detto, in tanti modi, una presenza che agisce e che vuole coinvolgere la nostra esistenza.
E noi siamo coinvolti dalla Pasqua nel partecipare all’azione celebrativa.
In che modo la Pasqua di Gesù è presente nell’azione celebrativa? Abbiamo detto le varie realtà, ma la categoria con la quale si rende presente, la Pasqua, è una categoria che noi abbiamo imparato da Israele che è un popolo che sa pregare ed è la categoria del MEMORIALE: la Pasqua di Gesù è presente nelle nostre azioni celebrative perchè noi ne facciamo MEMORIA, “memoriale”, e qui su questo non mi trattengo ma sappiamo il senso profondo di quest’espressione.
Non è semplicemente un “ricordo” ma è il rendere presente.
Israele quando celebra la cena pasquale non fa semplicemente un ricordo dell’uscita dall’Egitto attraverso il mare aperto, ma rende PRESENTE quell’evento, per cui la cena pasquale di Israele è l’uscita dall’Egitto per l’Israele di sempre.
Ciò che accade ogni volta che Israele mangia la cena pasquale è il passare attraverso il Mar Rosso per l’Israele di sempre.
Per noi il memoriale è allo stesso modo con cui si rende presente la Pasqua di Gesù.
Per la verità c’è differenza non da poco.
Lo dico brevemente: quando Israele fa memoria, diciamo, della pasqua come evento principale, di quest’esperienza di liberazione, di questo Dio che è entrato nella storia di questo popolo.
Quando Israele fa memoria della liberazione dall’Egitto fa la memoria di un fatto di salvezza, ma quel fatto di salvezza realizzato è in realtà di se stesso, profetico. Cioè attende un ALTRO evento di salvezza,. quello definitivo, pieno.
Per cui fa memoria di un fatto di salvezza in ATTESA che si compia, con la venuta del Messia, la salvezza piena.
Noi invece quando facciamo memoria della Pasqua facciamo memoria della PIENEZZA della salvezza, non di un fatto che attende un compimento, ma di una salvezza realizzata, compiuta.
Non è una differenza da poco!
Come facciamo memoria? Come si rende presente la Pasqua di Gesù? Si rende presente proprio attraverso le parole, i gesti, i riti, le preghiere, tutto ciò che fa parte dell’azione celebrativa.
In questo noi abbiamo come una GARANZIA da parte della Chiesa, che ci consegna un’azione celebrativa e che, dicevo la volta scorsa, non è disponibile, cioè è indisponibile alle nostre sensibilità, alle nostre fantasie, perchè è la celebrazione che la CHIESA ci consegna.
Abbiamo la garanzia che nelle parole e nei gesti che noi compiamo nell’azione celebrativa si rende presente la PASQUA, nel suo molteplice agire chiaramente.
La questione è COME noi veniamo coinvolti dalla Pasqua? Quindi la questione è esattamente la nostra partecipazione.
La Pasqua è presente nell’azione celebrativa facendo memoriale, che è un modo forte, di pregare. Noi preghiamo così, facendo memoriale. Non so… a volte ci sfugge un po’ anche la forza di questo modo di rivolgerci a Dio; penso alla grande preghiera di benedizione dell’acqua del fonte battesimale: è un racconto fatto a Dio di che cosa Dio ha fatto servendosi della Sua creatura ACQUA, pensateci un po’: noi raccontiamo a Dio ciò che Lui ha fatto servendosi dell’acqua Sua creatura.
Anzi Gli diciamo: Tu quando hai creato l’acqua avevi in mente il Battesimo.
Pensate che immagine forte: il modo di pregare facendo il memoriale è un modo forte di rivolgersi a Dio.
A me sembra che sia come mettere un po’ Dio con le spalle al muro dicendo: hai fatto questo, non puoi NON rifarlo adesso! Per quella benedizione!
Quando noi abbiamo bisogno dell’acqua battesimale noi diciamo: Tu hai fatto quell’acqua pensando al Battesimo, poi ti sei servito dell’ acqua per PREPARARLA a diventare l’acqua del Battesimo.
Prima ci hai fatto PLANARE lo Spirito, racconta la Genesi, poi l’hai usata per LAVARE il luogo nel diluvio universale, poi l’hai USATA come strumento di liberazione quando l’hai aperta per far passare il Tuo popolo, poi l’hai fatta SCATURIRE dal costato del Tuo Figlio, mescolato al Suo Sangue.
Adesso noi abbiamo bisogno di QUELL’ACQUA!
Per questa fonte battesimale; e, come dicevamo all’inizio, quel Battesimo diventa l’oggi della storia della salvezza.
Per cui quando Dio ha creato l’acqua pensava al MIO Battesimo, al Battesimo di ciascuno di noi.
Senti come stiamo dentro a questa storia? Il modo in cui chiediamo che quell’acqua venga trasformata dall’azione dello Spirito è dire:
TU L’HAI FATTO, NON PUOI NON RIPETERLO ORA!
Se ci pensate, quando celebriamo l’Eucaristia, raggiungiamo il massimo della potenza del memoriale perchè noi, a volte, non ci pensiamo che è così forte il modo di pregare nell’Eucaristia: noi RACCONTIAMO al Padre l’Ultima Cena del Suo Figlio: la Preghiera Eucaristica è rivolta al Padre.
E noi diciamo al Padre: guarda, Ti ricordiamo che nell’Ultima Cena Lui ha preso il pane, lo ha spezzato, ha detto queste parole. ADESSO qui per noi E’ LA STESSA COSA: rendi presente quella Cena!
Senti che modo forte anche questo di raccontare al Padre l’Ultima Cena?
Per cui il Padre appena sente il racconto dell’Ultima Cena non può, per L’AMORE, per l’Amore con il quale ci ha amato, non può non rendere presente l’Ultima Cena per noi.
Memoriale: l’azione celebrativa contiene questa forza.
Questa forza, stavo dicendo, è per noi GARANTITA, garantita dalla Chiesa, la Chiesa garantisce questo!
La celebrazione che la Chiesa ci consegna, che – ripeto – non è disponibile alle nostre fantasie, sensibilità, e anche alle nostre comprensioni, perchè è ciò che la Chiesa ci consegna; ha in sè, contiene in sè QUESTA POTENZA.
Allora mi vuoi dire perchè io vado a Messa tutti i giorni e poi la mia vita non cambia? Cos’è che non funziona? Non funziona il memoriale?
No, il memoriale funziona, ce lo garantisce la Chiesa che funziona. Qual è la questione allora? La questione è la MIA partecipazione, la QUALITA’ della mia partecipazione.
Il Concilio, dopo averci detto che cos’è la liturgia, dopo averci parlato di questa molteplice presenza, insiste molto su questa questione.
Perchè comprendete che, questo dinamismo, il mistero pasquale, l’azione celebrativa, la nostra vita, se ha un punto dove può incepparsi è ESATTAMENTE nella nostra partecipazione.
Noi possiamo rendere, pensate, INEFFICACE la potenza della Pasqua presente in ogni azione celebrativa; dipende dalla nostra qualità di partecipazione.
Per questo il Concilio ci dice, la n. 14 della Sacrosantum Concilium, dice: “La Madre Chiesa desidera ARDENTEMENTE ardentemente”- “ardentemente” vuol dire desiderio forte- “che tutti i fedeli vengano guidati alla piena, consapevole e attiva partecipazione delle celebrazioni liturgiche che è richiesta dalla natura stessa della liturgia, e alla quale il popolo cristiano, stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto, ha diritto e dovere in forza del Battesimo”.
Dice che la partecipazione, che qui qualifica con questi aggettivi e ciascuno meriterebbe un lungo commento anche perchè sono attributi che hanno una loro storia.
Parla di “partecipazione piena, consapevole, attiva”.
Questa partecipazione, nelle celebrazioni liturgiche, è richiesta dalla natura stessa della liturgia. Che è, come abbiamo detto, quel dinamismo che fa, della nostra partecipazione, un punto nevralgico.
Allora io vorrei provare a dire qualcosa di questo, della nostra partecipazione,
Noi, quando diciamo “partecipazione”, rischiamo di avere, come dire, una comprensione un po’ limitata di partecipazione.
Che so, quando dici: “ho partecipato bene alla celebrazione”, quando lo dici? Magari quando hai sentito una qualche forma, una qualche intensità di coinvolgimento emotivo.
Magari perchè hai sentito quel canto che ti piace tanto.
Magari non è così, però può accadere che è per quel canto che ti piace tanto e se non c’è quel canto allora senti di partecipare di meno.
Ma capite che se fosse questa la partecipazione…. un qualcosa che dipende dalle mie emozioni, da ciò che sento o non sento, saremmo messi molto in difficoltà, saremmo un po’ nei guai se davvero la partecipazione di cui ci parla il Concilio sarebbe semplicemente un coinvolgimento emotivo, lo capiamo bene.
Anche perchè poi quante volte questo coinvolgimento emotivo dipende da come noi stiamo? Noi siamo “centrifugati” dalla vita per cui, prima di riuscire proprio a scaturire una connessione con la celebrazione ….eh, ci vuole a volte quasi tutta la celebrazione, e nemmeno ci basta!
Noi ce ne accorgiamo, c’è come un continuo rumore attorno a noi, dentro di noi; te ne accorgi per come sei continuamente “strattonato” dai tuoi pensieri, dalle tue preoccupazioni, dalle tue distrazioni..
E in quale partecipazione possiamo sperare dentro un mondo emotivo a volte così frammentato, devastato? Perchè siamo così eh? La nostra partecipazione richiede anche una grande cura interiore.
Per cui non può essere soltanto una partecipazione emotiva ma… attenti! Non sto dicendo che NON C’E’ emozione nella partecipazione liturgica! Perchè la partecipazione liturgica, adesso proveremo a dire come, coinvolge TUTTO della persona! E quindi anche le emozioni.
Non può essere, la partecipazione, di come sono stato attento: “ho partecipato perchè ho capito tutto quello che è stato detto”.
Ma è questo? Ma se la questione è COMPROMETTERE la nostra esistenza con la Pasqua, basta questo livello, quello del capire?? Possiamo noi pensare che l’efficacia della Parola si riduca semplicemente ad una elaborazione mentale di un concetto, per cui ascolto una parola e la trasformo in un’idea dentro di me? Questo può aver la forza di impastare la nostra vita con la Pasqua??
C’è una canzone di Giorgio Gaber, perdonate l’ “altezza” della citazione, che dice così: “un’idea, un concetto, un’idea finchè resta un’idea è soltanto un’astrazione. Se potessi mangiare un’idea avrei già fatto la mia rivoluzione”.
Io non so a cosa pensasse Gaber dicendo questo, a me però impressiona la forza di questa intuizione… poi la canzone è simpatica, è molto ironica.
Però dice: “un’idea non ha la forza di cambiare la vita. Se potessi mangiare un’idea allora avrei fatto già la mia rivoluzione”.
Io la sento una cosa molto cristiana questa: noi mangiamo non un’idea, mangiamo la Pasqua, capite? Non possiamo ridurre la Pasqua ad un’idea, perchè questa non ci cambia la vita.
Capisci subito che allora la partecipazione NON E’ SOLO questione di emozioni, di ciò che senti.
La partecipazione di cui stiamo parlando NON E’ semplicemente questione di ciò che capisci!
Non sto escludendo queste componenti, eh? Sono componenti ben presenti: il nostro mondo emotivo, la nostra ragione, la nostra conoscenza, anche, lo studio, tutto.
Ma non può essere SOLO QUESTO, perchè questo non arriva a compromettere la nostra esistenza con la Pasqua!
Occorre qualcos’altro. Cioè è ad un altro livello, più profondo che riesce a coinvolgere anche queste dimensioni. Altrimenti NON ACCADE NULLA!
E quante volte, parlo per me, quante volte mi accorgo che la mia partecipazione – come dire – non genera vita? Non mi cambia la vita, non mi cambia l’esistenza!
La nostra fede… noi siamo diventati Suoi discepoli NON SOLO perchè abbiamo accolto mentalmente un’annuncio ma PERCHE’ abbiamo fatto esperienza, o meglio, perchè abbiamo INCONTRATO la Presenza dello Spirito che ha preso possesso di noi!
Noi non siamo cristiani perchè abbiamo ascoltato l’annuncio del Vangelo e vi abbiamo aderito mentalmente…questo è certamente necessario, fondamentale, ma la fede, a questo livello intendo dire, non comporta una nostra incorporazione a Cristo, conformazione a Lui.
Come accade che io posso essere conformato a Cristo o perlomeno iniziare un processo di reale conformazione?
Accade quando io INCONTRO il dono dello Spirito, la Persona dello Spirito! E dove mi vien dato di poter incontrare la Persona dello Spirito? Nel Mistero del Battesimo o comunque nel Sacramento dell’iniziazione cristiana. Dove io, in forza dell’annuncio che ho ricevuto, incontro la presenza di una persona, lo Spirito, che è il dono della Pasqua, che mi permette una conoscenza di Gesù Cristo che non si ferma ad un’emozione o ad un’idea ma che diventa COMPROMISSIONE della mia vita.
Dentro di noi lo Spirito è presente, in forza dei Sacramenti di iniziazione, e vuole trasformare la nostra vita nella vita di Gesù Cristo, volendo operare la piena conformazione a Cristo.
Lo Spirito fa sempre e solo il Corpo di Cristo. E ne vedi la potenza, l’efficacia quando, invocato sull’altare sul pane e sul vino, trasforma il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo.
E lo Spirito vuole fare LA STESSA COSA con noi! Ma noi lo Spirito DOVE lo incontriamo? DOVE abbiamo la garanzia che ci viene dato lo Spirito? Nella celebrazione dei Misteri, nei Sacramenti. Lì ci vien data la garanzia che lo Spirito Santo è presente e agisce e coinvolge la nostra vita; e nella varietà dei Sacramenti ci viene detto anche che lo Spirito ha in noi una molteplice azione a seconda anche di come STIAMO e di cosa siamo chiamati a vivere.
Siamo nel peccato? Lo Spirito che incontriamo nel Sacramento della Penitenza diventa per noi riconciliazione.
Sei nella malattia e nella sofferenza? Nel Sacramento dell’Unzione incontri lo Spirito che diventa per te la possibilità di unire la tua sofferenza alla sofferenza di Cristo.
Ma il tutto avviene in forza dell’azione dello Spirito.
La partecipazione non è questione di emozione o di comprensione mentale: la partecipazione è sempre questione, io dico, di compromissione con la persona dello Spirito. Per permettere allo Spirito di fare in noi ciò per cui E’ STATO MANDATO.
Che cosa? Gesù Cristo.
Come? Facendoci conoscere la Pasqua.
Dove? Nelle situazioni di vita, in ciò che noi siamo, là dove viviamo.
La celebrazione ha questa potenza: CONTIENE la potenza dello Spirito. Sta a noi entrare DENTRO la celebrazione con questa consapevolezza, con questa consapevolezza anche del linguaggio che usa la liturgia; dicevamo la volta scorsa… la potenza dei simboli è lasciare che lo Spirito, dentro di noi, riconosca lo stesso Spirito presente nell’azione celebrativa e scateni dentro di noi quell’azione che ci viene semplicemente resa incondizionata e che ci permette di conformarci a Cristo.
Ma questo come avviene? Avviene attraverso le parole, i gesti, senza di questo NON C’E’ partecipazione.
La partecipazione alla celebrazione avviene sempre e solo in FORZA del dono dello Spirito.
La nostra relazione con Gesù Cristo non può diventare, ripeto, un’elaborazione della nostra mente.
Tra il Risorto e i Suoi, nel Cenacolo, non c’è semplicemente la forza di un ricordo che si impone, magari con alcune apparizioni.
Se fosse così, Se Lui si fosse affidato ad un ricordo di Sè, magari anche un po’ rafforzato da quei 40 giorni di apparizione… ma è evidente che Lui sarebbe finito con lo sbiadire di quel ricordo!
Perchè tutti i nostri ricordi sono segnati dalla nostra fragilità, sbiadiscono tutti; a volte facciamo fatica anche a ricordare il volto delle persone amate.
Accade, questo, tutto si ingiallisce.
E questo, il rapporto tra il Risorto e i Suoi non sta solo nel ricordo; certo, Lui visse con loro, ma sta nel dono dello Spirito che è Persona. Cristo, l’Unto, il Consacrato -dicevamo la prima volta- cioè intriso di Spirito; Egli ha effuso il Suo Spirito nella Pasqua e lo Spirito raggiunge noi in che modo? NON SOLO credendo questa Parola, ma ATTRAVERSO le parole, i gesti e le cose dell’azione celebrativa; per cui nell’azione celebrativa TUTTO è intriso di Spirito. E TUTTO ha forza nell’azione dello Spirito.
Noi siamo un po’ abituati, ditemi se mi sbaglio, ad avere con lo Spirito una strana relazione: l’unica cosa che facciamo con lo Spirito è invocarlo. come abbiamo fatto prima.
E facciamo bene a fare l’invocazione dello Spirito, eh? Vieni Santo Spirito!
Però poi accade che se questa è L’UNICA modalità di relazione con lo Spirito, cioè se noi allo Spirito diciamo sempre e solo “Vieni”, rischiamo poi di vivere come se Lui non ci fosse mai. Se quella è l’unica relazione.
Se Gli dici sempre e solo “Vieni” e poi NON CONSIDERI che l’invocazione della Chiesa, l’epiclesi, chiama lo Spirito sopra (ogni Sacramento contiene un’epiclesi cioè un’invocazione dello Spirito che è l’invocazione della Chiesa e rende presente lo Spirito) ..e poi lo Spirito viene ma poi FA QUALCOSA! Noi sempre e solo “vieni”.
Ma poi Lui risponde a questa chiamata, certo che risponde! E le conseguenze quali sono? Quali sono le conseguenze della Sua presenza?
Noi abbiamo la CERTEZZA, nell’azione celebrativa, che lo Spirito invocato VIENE.
Lo invochiamo sul pane e sul vino: viene. E fa ciò che la Chiesa dice: Del pane il Corpo, del vino il Sangue.
Lo invochiamo sul battezzato peccatore pentito, e fa ciò che la Chiesa chiede: riconcilia.
E così per tutti i sacramenti.
Lo Spirito invocato viene e FA. Compie l’azione.
A noi a volte sfugge questa dimensione. Cioè la dimensione dell’AZIONE dello Spirito, di che cosa lo Spirito FA.
Come si dispiega completamente questa azione? Si dispiega con il linguaggio della liturgia, nelle parole e nei gesti della liturgia. Di cui noi dobbiamo avere quella comprensione di cui dicevamo la volta scorsa e di cui vi accennavo ora.
Cioè quella comprensione del valore delle nostre parole e dei nostri gesti nell’azione celebrativa che hanno la forza del simbolo. Non del “facciamo finta che sia”. O semplicemente di un rimando, ma del simbolo, come dicevamo.
Questa doppia realtà: pane e Corpo, vino e Sangue.
Dicevamo anche che il simbolo è una realtà potentissima ma anche fragile. Fragile, se noi non lo riconosciamo come tale.
Cosa c’è di più fragile, di più debole, di più inerme di una piccola porzione di pane, dice Francesco?
Cosa c’è di più fragile di una porziuncola di pane.
Eppure, Francesco, che comprende che cosa è quella piccola porzione di pane: c’è tutta l’ umanità REDENTA, ESULTAil cielo quando è sull’altare nelle mani del SACERDOTE.
Il simbolo è una realtà umanissima e fragile: va conosciuto, va rispettato.
A noi vien dato di INCONTRARE lo Spirito, che è la Persona che ANIMA la Liturgia, ma noi a volte usiamo immagini inappropriate. “Anima” la liturgia quello che suona la chitarra e sta sull’ambone.
No, semmai quello può essere motivo di DISTURBO, il più delle volte. Anima la liturgia LO SPIRITO.
Poi ci sarà un servizio del canto, che verrà fatto in modo corretto, perchè se poi appare che è lui l’animatore della liturgia già non ci siamo.
A noi serve di fare in modo di comprendere che è lo Spirito che anima la liturgia.
Ma questo accade, dicevo, attraverso le parole e i gesti.
Per cui la questione della partecipazione è intanto questione che attiene allo Spirito, all’azione che lo Spirito vuole compiere, una volta invocato.
E nella nostra azione celebrativa lo Spirito SEMPRE viene invocato e a Lui SEMPRE viene chiesta un’azione specifica.
Ogni Sacramento è un’azione dello Spirito specifica SEMPRE con la stessa finalità, eh? Farci partecipi della Pasqua.
Allora adesso vorrei farvi alcuni esempi aggiungendo qualcosa per comprendere insieme appunto qual è la qualità della partecipazione che l’azione celebrativa ci chiede.
Allora tutto nell’azione celebrativa è animata dallo Spirito, tutto rimanda alla Sua presenza e alla Sua azione.
Abituatevi a dire sempre PRESENZA e AZIONE dello Spirito.
Lo Spirito, invocato, VIENE, è presente. Ma viene per FARE qualcosa. Ciò che lo Spirito fa, lo abbiamo detto, è sempre e solo il Corpo di Cristo. Lo fa col pane e lo fa con noi. Vorrebbe, perlomeno, farlo con noi. Cerca la disponibilità per poterlo fare. E lo fa facendoci vivere la Pasqua, a seconda di ciò che noi stiamo vivendo, cioè impastandoci con la Pasqua nel momento in cui ci troviamo.
Allora provo a fare alcuni esempi di come lo Spirito è presente, per poi capire anche quale partecipazione ci chiede.
Sempre a livello di linguaggio simbolico che, ripeto, non è “far finta che sia” o semplicemente un rimando ma è la realtà di SEMPRE, la Pasqua di SEMPRE.
Allora dico di un simbolo dello Spirito, della presenza dell’azione dello Spirito che è il più potente e quindi anche il più fragile.
E’ insita nel simbolo, questa contraddizione. Vi dico qual è il simbolo più potente della presenza dell’azione dello Spirito e per questo anche quello più esposto, quello più fragile di tutti. Sapete qual è?
E’ il SILENZIO, il silenzio.
Ascoltate cosa dice Romano Guardini, grande maestro, rispetto al silenzio. Ho delle pagine bellissime di un libro che si intitola “Il testamento di Gesù” .. che ci serve, leggetevelo! …. piuttosto che tante altre cose…i maestri dobbiamo leggere noi! “II testamento di Gesù” ci aiuta ad entrare dentro la celebrazione eucaristica.
Sentite cosa dice del silenzio, è una citazione, sono tre capitoli che aprono questo libro.
“Il tema è la liturgia e, a mio avviso, la vita liturgica inizia con il silenzio. Senza di esso tutto appare inutile e vano”.
Nessuna pretesa insolita di carattere estetico, eh? Considerare il silenzio come un argomento che va da sè significherebbe vanificare tutto, noi abbiamo una comprensione del silenzio come se fosse più un “non fare”: sto zitto, faccio silenzio per il fatto che non parlo o non faccio rumori.
Ma NON è così, non è di questo silenzio che sta parlando Guardini!
Il tema è molto serio, molto importante e molto trascurato: il PRIMO presupposto di ogni AZIONE SACRA.
Arriva fino a dire, più avanti, che SENZA SILENZIO NON C’E’ CELEBRAZIONE.
Ah, forse ci viene qualche intuizione del “perchè” le nostre celebrazioni non funzionano!!
C’è silenzio nelle nostre celebrazioni?
Eppure se tu vai a vedere il rito, per come la Chiesa ce lo consegna… dicevo che la Chiesa ci garantisce che nella celebrazione c’è la presenza dello Spirito…. poi però noi celebriamo a seconda delle nostre fantasie.
Se tu vai a vedere, faccio un esempio sulla celebrazione eucaristica, se tu vai a vedere come la Chiesa ci consegna la celebrazione eucaristica, il silenzio è esattamente un gesto rituale PRESCRITTO.
In molti momenti della celebrazione.
Dice l’Ordinamento Generale del Messale Romano, n° 45: “Si deve anche osservare, a suo tempo, il sacro silenzio come PARTE della celebrazione”.
Già questo: “parte della celebrazione”, non è sospensione.
Noi abbiamo questa impressione: tu prova a fare una pausa di silenzio che supera i 7 secondi, e già senti che si crea nell’assemblea la “sindrome dell’ascensore”.
Quando vai in ascensore con qualcuno che non conosci, devi fare un piano, e un piano ti sembra un’eternità e non sai cosa dire.
E’ così, tu fai un silenzio di 7 secondi…. e subito tutti pensano: “ma perchè non parla?”
Noi poi abbiamo questo “horror” che appena c’è un momento di silenzio dobbiamo RIEMPIRLO, riempirlo con le nostre parole, le nostre agitazioni.
Dice il Messale: “Il silenzio è PARTE della celebrazione”; non è la sospensione per cui non facciamo niente, stiamo zitti e la celebrazione è sospesa, no!! E’ PARTE della celebrazione.
“La sua natura”, parla della natura del silenzio, “dipende dal momento in cui ha luogo la singola celebrazione”.
E’ particolare questa cosa, eh? Dice: non è sempre lo stesso; cambia natura. Il silenzio, dentro l’azione celebrativa, cambia natura; e in che modo cambia natura? A seconda del momento in cui viene fatto. Ricordate che abbiamo detto? Non pensiate che il silenzio sia un argomento che “va da sè”, come un qualcosa che si fa in modo automatico: stai zitto, non ti muovi, non fai rumore, allora vuol dire che fai silenzio.
No. Il silenzio cambia natura in base al MOMENTO in cui viene fatto nella celebrazione. E quindi vi sono alcuni momenti in cui il silenzio deve essere fatto.
Cioè sono indicazioni RITUALI, cioè gesti da FARE nell’azione celebrativa.
Dice, così: “Durante l’atto penitenziale”… e parte subito dall’atto penitenziale perchè è PARTE della celebrazione.
In realtà c’è un momento che PRECEDE l’atto penitenziale: è il nostro INGRESSO in chiesa.
Noi viviamo in una città; ebbene dovremmo fare esperienza -lo accennavo la volta scorsa- entrando in chiesa, di entrare in un luogo che è, sì sulla terra, ma che, in qualche modo, CI FA SENTIRE IN CIELO.
Noi dovremmo, entrando in chiesa, sentire che questo è un posto di confine, di passaggio, tra TERRA E CIELO.
Una questione decisiva è quella del silenzio. Se tu entri dentro e ti porti dentro tutti i rumori del mondo… prima che tu possa fare il gesto rituale del silenzio ci vorrà quanto? Quanto ci vorrà?!
E’ come se noi dovessimo far assestare i rumori dentro di noi; tu te ne accorgi, il silenzio ha poi questa forza: AMPLIFICA il mondo interiore.
Un po’ come accade con la sveglia che hai sul comodino: non è che durante il giorno senti “tic-tac, tic-tac” ma, appena spegni la luce e tutto si quieta, quel “tic tac” ti sembra un frastuono insopportabile.
Il silenzio amplifica ciò che normalmente non sentiamo, e amplifica il mondo interiore.
Se noi ci portiamo la confusione del mondo ANCHE nel luogo dove siamo chiamati a FARE silenzio come condizione necessaria per la celebrazione …. capisci che poi non partecipo? Capisci perchè la mia partecipazione non funziona? Non abbiamo le PREMESSE necessarie perchè la celebrazione possa essere efficace!
Capite come a volte siamo proprio dispersi? Poi magari facciamo le riunioni dei nostri gruppi liturgici e ci inventiamo stratagemmi per accendere l’attenzione!
Che sono esattamente la dichiarazione del fatto che NON SIAMO CAPACI di partecipare. Abbiamo bisogno di cose nuove; ad esempio alla recita dei salmi, siccome siamo molto distratti, allora vengono date delle indicazioni per i salmi: “Allora, il primo salmo lo fa il solista, poi risponderanno solo le donne, e gli uomini stanno su una gamba sola…” …. e alla fine è più difficile capire COME e QUANDO devi rispondere piuttosto che il salmo stesso!
“No, perchè così stiamo più attenti, partecipiamo meglio” ….è un inganno, è un INGANNO! Non è quello il livello della partecipazione. La fantasia ha potere: ci inventiamo gesti, segni, che sono invece il più delle volte la dichiarazione che non sappiamo che cos’è una partecipazione perchè ci mancano i FONDAMENTI della partecipazione. E uno di questi è il silenzio.
Allora dicevo: c’è un silenzio che inizia, a me viene da dire che comincia da quando USCIAMO DI CASA per venire a Messa. Non è che non dobbiamo salutare nessuno… non è questo, è INTERIORMENTE: devi già PREDISPORTI al silenzio.
Non che vieni qui dopo che hai finito di parlare con quello che ti è vicino ….e poi non voglio dirvi di che cosa… e arrivi a canto inoltrato. E poi cosa pensi….che immediatamente “scatti” chissà quale qualità di partecipazione?
Deve esserci un silenzio che precede, un luogo dove regna il silenzio ma – ripeto,- come diceva Guardini, non è un fatto estetico: di più, MOLTO DI PIU’, molto alto, che è il simbolo dello Spirito.
Ma torniamo a quelle che dice il Messale:
“La sua natura dipende dal momento e dal luogo delle sue singole circostanze. Così, durante l’atto penitenziale, e DOPO l’invito alla preghiera, il silenzio AIUTA IL RACCOGLIMENTO.
DOPO la lettura e l’omelia, è un RICHIAMO A MEDITARE ciò che si è ascoltato, DOPO la Comunione FAVORISCE LA PREGHIERA INTERIORE interiore di lode e di supplica.
Anche PRIMA della stessa celebrazione è bene osservare il silenzio in chiesa, in sacrestia, nel luogo dove si assumono i paramenti e nei locali annessi…”; tutto immerso nel silenzio.
Se ci pensi, poi …è il luogo delle chiacchiere, “nei locali annessi, in modo che tutti possano prepararsi adeguatamente e nei giusti modi alla sacra celebrazione”.
Attenti, eh, perchè questo ci aiuta molto; Guardini dice: “Non illudetevi: senza silenzio NON C’E’ celebrazione”, cioè senza silenzio non è possibile la partecipazione di cui stiamo parlando.
Avete sentito cosa dice? Dice una cosa importante: “cambia natura a seconda dei momenti”… e qui ti dà – sono delle note molto sintetiche – delle indicazioni per farti capire qual è la natura del silenzio nei vari momenti.
Intanto cominciamo a cogliere questo: che TUTTA la celebrazione, parliamo della celebrazione eucaristica, ad esempio, ma ogni celebrazione sacramentale è segnata dal silenzio… dovrebbe esserci silenzio PRIMA, POI all’atto penitenziale, DOPO l’invito: “preghiamo”, PRIMA della preghiera di colletta.
Tra: “preghiamo” e la preghiera di colletta c’è uno spazio di silenzio.
Tutta la liturgia DELLA PAROLA è immersa dentro il silenzio.
Noi invece… la prima lettura che proclamiamo è sempre “dal primo libro dei ‘banchi che scricchiolano’ “…. perchè non fai in tempo nemmeno ad ascoltare da dove leggi ….perchè ti siedi, devi sistemare la borsa, c’è sempre qualcosa che devi prendere…e poi vuoi aprire la caramella e la caramella fa un tale frastuono! Ma PERCHE’ siamo così? Siamo “frullati”.
La liturgia della Parola è immersa dentro il silenzio.
Prima della proclamazione della Parola noi dovremmo poter sentire il silenzio. Non sto dicendo che dobbiamo fare una pausa infinita, eh? Perchè bastano 5 secondi per sentire il silenzio, però LO DEVI SENTIRE!
Perchè se io adesso mi fermo 5 secondi (si ferma per 5 secondi)….
Ecco, hai sentito che c’è la ventola che fa rumore, però hai sentito che stai FACENDO silenzio.
Cioè il silenzio, prima delle letture, NON E’ quello stacco minimo per prendere fiato tra una Parola e l’altra; E’ uno stacco minimo – perchè 5 secondi bastano – per sentire il silenzio. Tra una lettura e l’altra, prima dell’omelia, c’è silenzio.
Ma ripeto è un silenzio PRESCRITTO, cioè un fatto RITUALE, un gesto DA COMPIERE.
C’è silenzio nel compiere la preghiera eucaristica: al momento dell’elevazione del Corpo e del Sangue di Cristo c’è silenzio.
C’è silenzio dopo la Comunione.
Capite quanto è importante questa cosa? Se tu guardi semplicemente i momenti in cui è prescritto il silenzio già ti sorprende tutta la celebrazione.
Quasi verrebbe da dire che la celebrazione è ESSENZIALMENTE silenzio e DENTRO questo silenzio emergono parole, gesti, DENTRO il silenzio.
La frequenza, la lunghezza d’onda, è il SILENZIO, perchè lo Spirito parla su questa frequenza.
Notate, dice il Messale, come questo silenzio cambia natura a seconda del momento.
Ma come accade ‘sta cosa?
Dico subito la soluzione: cambia natura perchè il silenzio nell’azione celebrativa è simbolo della presenza e dell’azione dello Spirito per cui quando tu fai silenzio, quando l’assemblea fa silenzio, fa il gesto rituale che rende presente il SIMBOLO dello Spirito che è presente e agisce.
Perchè cambia natura? Perchè cambia l’AZIONE che lo Spirito fa!
E’ sempre LO STESSO Spirito, è sempre la Persona divina dello Spirito ma all’inizio della celebrazione ti muove al PENTIMENTO, fiducioso nella misericordia di Dio nell’atto penitenziale; quando il prete ti invita e dice: “preghiamo” SUSCITA nell’assemblea la preghiera. E’ chiaro che però il prete ti deve dare il tempo di pregare nel silenzio! Per poi raccogliere e fare colletta con la sua preghiera. Tu inviti l’assemblea a pregare e poi non le dai il tempo!
Dopo il: “preghiamo” c’è una pausa di silenzio! Non penso a delle pause infinite, penso a quella pause sufficienti per dire: “sto facendo silenzio e in questo momento lo Spirito presente mi muove alla preghiera”.
Qual è la preghiera che lo Spirito fa dentro di me? Perchè è questo che accade.
C’è silenzio, dicevamo, nella liturgia della Parola che è fondamentale perchè la Parola si muove sulla frequenza dello Spirito, è ispirata dallo Spirito e ci raggiunge su QUELLA frequenza!
San Francesco dice che quando facciamo la Comunione è lo Spirito CHE E’ IN NOI che RICONOSCE il Corpo di Cristo!
E la stessa cosa vale per la Parola: è lo Spirito CHE E’ IN NOI che riconosce la Parola che Dio stesso ha ispirato!
Capisci allora che il silenzio della Liturgia della Parola è L’ASCOLTO.
Vorrei dire qualcosa su questo ma….
E l’ascolto è una modalità di partecipazione FONDAMENTALE della celebrazione.
Poi lo stesso gesto, sempre il silenzio, lo troviamo dicevamo al momento dell’elevazione. E COSA fa lì lo Spirito? Ci muove all’ADORAZIONE, ci spinge all’adorazione.
Poi lo ritroviamo dopo la Comunione. COSA fa lo Spirito dopo la Comunione? Ci suggerisce le conseguenze dell’aver mangiato il Corpo di Cristo!
Dice : “ma guarda che nella tua vita il fatto che tu adesso hai mangiato il Corpo di Cristo porta queste decisioni!” ..e devi lasciartelo dire dallo Spirito, nel SILENZIO.
E’ chiaro che se poi termina la celebrazione e noi ci “rituffiamo” subito, alziamo subito il volume e ci “rituffiamo” subito dentro la confusione, è chiaro che forse facciamo fatica a custodire quell’intuizione che lo Spirito ci dà.
La partecipazione si muove a questo livello di disponibilità all’azione dello Spirito come la sua presenza per renderci disponibili, docili, per arrenderci alla sua azione.
Adesso mi fermo.
Senti già allora che se Guardini dice che queste condizioni sono necessarie alla celebrazione, senti già subito come questo QUALIFICA la nostra celebrazione e ti fa subito capire quello che dicevamo all’inizio: non è semplicemente un’ attenzione mentale od emotiva, è stare DI FRONTE alla presenza di una Persona, che è lo SPIRITO SANTO, e che agisce in tanti modi nella celebrazione, permettendo che la sua azione sia libera dentro di noi, che non trovi ostacoli, che non trovi l’ostacolo delle nostre confusioni interiori, delle nostre chiusure, delle nostre paure. Che possa entrare dentro di noi e muoversi. E fare ciò che fa con il pane e con il vino.
Tutta la partecipazione liturgica è questione di RESA all’azione dello Spirito. Che si rende presente in tutti questi simboli, di cui abbiamo detto il silenzio è il simbolo PER ECCELLENZA.
E capite già subito, in questo, quante cose dovremmo dirci…!
Già se noi, da stasera, dicessimo: “mah, fammi un po’ vigilare sul come faccio silenzio” …innanzitutto chi presiede. Perchè chi presiede condiziona sempre la sintonia con i fedeli, nel bene e nel male.
E poi anche qui, quando dico che il rito è indisponibile alle nostre sensibilità vuol dire che tu all’assemblea devi dare IL RITO che la Chiesa consegna e che non si può improvvisare.
Possiamo forse vivere nel caos totale e poi pretendere che varcando la soglia di questa chiesa non ce lo portiamo dietro? Forse dovremmo avere dei momenti in cui ci sintonizziamo di più sulla frequenza del silenzio….non so se sono riuscito a spiegarmi: non è tanto il mio sforzo ma è lo Spirito PRESENTE che muove dentro di me dei sentimenti.
E’ una resa alla sua azione altrimenti diventa tutto volontarismo.
E’ così, nella celebrazione noi riceviamo, veniamo trasformati…
L’altra cosa che volevo dirvi, e con questo concludo, forse ne parleremo più in là: noi celebriamo con parole, gesti, cose, soprattutto con il CORPO, il nostro corpo.
E anche qui si apre uno spazio dentro il quale spesso siamo analfabeti, anche se la celebrazione ci suggerisce molte cose.
Tu guarda tutti i gesti che noi, nella celebrazione, facciamo con il corpo: CAMMINIAMO durante le processioni dell’offertorio e alla Comunione, ci INGINOCCHIAMO, stiamo SEDUTI, ci alziamo IN PIEDI, ci BATTIAMO IL PETTO, ci SEGNIAMO il corpo con la mano facendo il segno di croce…. senti che sono tutti gesti che … però poi ci facciamo l’abitudine; l’abitudine è un po’ quella nebbia che rende tutto un po’ informe, che confonde, che deturpa tutto; per cui facciamo gesti potentissimi, i SIMBOLI, ma che poi diventano inefficaci perchè ti manca quello stupore proprio dell’atto in sè.
L’abitudine ci può essere nemica, eh? Molto nemica.
Senti che sono tutte cose che facciamo con il corpo: la GESTUALITA’, e poi anche la VOCE, e poi tutto ciò che riguarda I SENSI.
La celebrazione è VISTA, è UDITO -tantissimo udito- ma è anche OLFATTO, dicevamo dell’incenso, il profumo; è anche GUSTO… Insomma tutto il corpo è coinvolto nell’azione celebrativa.
Noi celebriamo con il corpo, il nostro corpo è coinvolto dall’azione dello Spirito.
Faccio solo un esempio perchè capiate che ciascuno di questi gesti si può correggerlo o capirlo.
SEGNARSI con la croce il corpo, stare in PIEDI mentre ascolti il Vangelo, INGINOCCHIATI nell’adorazione, i gesti nostri, eh? Adesso li abbiamo eliminati perchè la genuflessione non si fa più, io faccio l’inchino… sembra “occidentalis karma”…
I gesti della nostra tradizione: stare in ginocchio… ma quante cose esprime LO STARE IN GINOCCHIO?? “Ma sì, va bene..”, ci contestano..
Ma stare in ginocchio DAVANTI A DIO… senti come ti muove un moto interiore lo stare davanti a Dio?
Vi dicevo che faccio solo un esempio, sempre prendendolo da Guardini, sul segno della croce perchè è il primo gesto che facciamo sul nostro corpo all’inizio di ogni celebrazione.
Sentite cosa dice Guardini del segno della croce.
Questo è un libretto, un contenuto che si intitola: “I santi segni”, dove ci dà dei suggerimenti su come vivere i santi segni della celebrazione.
Ascoltate cosa dice del segno di croce:
“Quando fai il segno della croce, fallo bene, non così affrettato, rattrappito, tale che nessuno capisce quello che sta a significare..”
Questi “strani” segni della croce, poi c’è sempre il bacio del dito, so’ che cos’è!!! E’ un residuo di quando, da bambino, ti hanno detto: “dai un bacio a Gesù”… e magari, magari potessimo avere ancora quel sentimento del bacio dato a Gesù! Invece…
Al mio paese, alla scuola vicino alla chiesa, una madre disse a suo figlio: “prima di andare a scuola passa in chiesa a salutare Gesù”.
E quello prima di andare a scuola apriva la porta della chiesa: “Ciao, Gesù!” . E poi andava a scuola.
Ma magari fossimo così! Magari!
Magari avessimo la purezza del dire: “diamo un bacio a Gesù”.
Però capisci quel segno “affrettato”, come dice Guardini?
“Affrettato, rattrappito”, che se uno non lo sapesse dice: “ma cosa fa, scaccia le mosche?”.
Qui dice: “Un segno della croce giusto” -dice- “cioè lento, ampio, dalla fronte al petto. Da una spalla all’altra, senti come ti abbraccia tutto?”.
“Senti come ti abbraccia?”. Cos’è che ti abbraccia? LA CROCE.
E anche questa cosa che facciamo all’inizio della celebrazione: cioè INDOSSIAMO TUTTI LO STESSO ABITO: LA CROCE.
“Senti come esso ti abbraccia tutto? Raccogli dunque bene, raccogli in questo segno tutti i pensieri e tutto l’animo tuo”.
Capisci che per far questo: “raccogli tutti i pensieri e tutto l’animo tuo” …ma capisci che per fare questo, per raccogliere tutti i pensieri, non puoi fare un gesto veloce, fatto male!
“Allora lo senti, ti avvolge tutto, corpo e anima, ti raccoglie, ti consacra, ti santifica. Senti è proprio un abbraccio. Perchè è il segno della totalità, il segno della redenzione. Sulla Croce nostro Signore, mediante la Croce santifica il mondo nella sua totalità fin nelle ultime fibre del Suo Essere. Perciò lo facciamo prima della preghiera, perchè esso ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine”.
“Ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine” : Ti permette di concentrarti in Dio.
“Dopo la preghiera, affinchè rimanga in noi quello che Dio ci ha donato. Nel pericolo, perchè ci protegga. Nell’atto della benedizione perchè la potenza della vita divina entri nell’anima e la renda feconda e consacri ogni cosa”…E va avanti. Era solo un esempio eh?
Però senti come cambierebbe la nostra partecipazione se entrassimo in un luogo in cui si vivesse il silenzio, ci avvolgessimo nel segno della croce per raccogliere tutta la nostra persona… e poi tanti altri brani… non so, una cosa che mi piace molto…-ma poi leggetelo- bisogna leggerlo con calma, però è semplice.
Quando dice: “battersi il petto”, anche qui noi facciamo quei gesti…..! Sembra che se ci battiamo il petto con vigore andiamo a scombinare non si sa bene cosa.
“Battersi il petto”, qui dice, “è un gesto che SCUOTE IL TUO MONDO INTERIORE”.
Il gesto penitenziale che scuote il tuo mondo interiore e quell’inginocchiarsi perchè l’uomo sta dinanzi a Dio.
Senti cosa sono queste cose? Sono tutti gesti del corpo che però chiedono una PARTECIPAZIONE. Questa è la partecipazione! Quando dice: “attiva, piena, consapevole”. Non è che devi fare per forza qualcosa!
Cioè la partecipazione, anzi, è soprattutto il silenzio.
Capite, non è quella dimensione esteriore la partecipazione .
E’ una partecipazione attiva ma che scuote il mondo interiore.
E così per molte altre cose, ma adesso ci fermiamo…. e comunque vogliamo portarci dentro qualcosa di questo; davvero, anche se noi semplicemente avessimo un pochino la responsabilità, se ci ricordassimo queste intuizioni, se potessimo cominciare a custodirle…..
E non andate a cercare altre stravaganze che non servono a nulla! Leggiamo i simboli che abbiamo.
Ad esempio alla Processione offertoriale: si porta il pane, il vino e l’offerta per i poveri. BASTA e avanza. Invece oggi si porta di tutto, anche il pallone: e se lo consacro tu poi lo devi consumare!
Se noi comprendessimo davvero il significato di quello che facciamo!
Ma ci sono altre cose….. la partecipazione si gioca con il coinvolgimento, con l’azione dello Spirito che, invocato, si fa presente.
Mons. Vittorio Viola
Parrocchia San Gregorio VII
L’IMPORTANTE E’ . . . PARTECIPARE .
Bene, allora proviamo a vedere di ricapitolare qualcosa, sempre e solo “qualcosa” perchè non finiremo mai di dire della bellezza del celebrare cristiano; per quanto noi possiamo commentare qualcosa è pur sempre un “balbettare” di questa bellezza, di questa grandezza.
Abbiamo provato a dire che cos’è la liturgia e abbiamo ascoltato quei numeri fondamentali della Sacrosantum Concilium.
E poi abbiamo provato a dire qualcosa sul tema della presenza del Signore e delle molteplici modalità di come il Signore realmente si rende presente nell’azione celebrativa.
Ci siamo lasciati dicendo che una questione importante e decisiva è la PARTECIPAZIONE.
E il titolo di questo incontro stasera è: “l’importante è partecipare” però non nel senso in cui lo usiamo normalmente…ma proveremo a capire perchè è importante partecipare e che cos’è la partecipazione.
Allora riprendo necessariamente alcuni concetti per aggiungere, appunto, qualcosa.
Ormai ci è chiaro che, quando diciamo “liturgia”, non intendiamo la celebrazione.
La celebrazione è un MOMENTO della liturgia, il momento centrale, importante.
Quando diciamo “liturgia” intendiamo un movimento, un dinamismo. Intendiamo dire, così come ci insegna il Concilio, che la liturgia è la Pasqua di Gesù, il suo sacerdozio, che continua ad essere presente, attivo; l’esercizio del sacerdozio di Cristo nell’azione celebrativa quindi attraverso i riti, le preghiere, i gesti, le parole, le cose anche, tutto ciò che fa parte della dimensione attuale dell’azione celebrativa.
Quindi è la Pasqua di Gesù presente nell’azione celebrativa per la santificazione dei fedeli, cioè perchè la nostra vita possa essere plasmata dalla Pasqua.
Quindi noi nell’azione celebrativa incontriamo la sua presenza molteplice; abbiamo detto, in tanti modi, una presenza che agisce e che vuole coinvolgere la nostra esistenza.
E noi siamo coinvolti dalla Pasqua nel partecipare all’azione celebrativa.
In che modo la Pasqua di Gesù è presente nell’azione celebrativa? Abbiamo detto le varie realtà, ma la categoria con la quale si rende presente, la Pasqua, è una categoria che noi abbiamo imparato da Israele che è un popolo che sa pregare ed è la categoria del MEMORIALE: la Pasqua di Gesù è presente nelle nostre azioni celebrative perchè noi ne facciamo MEMORIA, “memoriale”, e qui su questo non mi trattengo ma sappiamo il senso profondo di quest’espressione.
Non è semplicemente un “ricordo” ma è il rendere presente.
Israele quando celebra la cena pasquale non fa semplicemente un ricordo dell’uscita dall’Egitto attraverso il mare aperto, ma rende PRESENTE quell’evento, per cui la cena pasquale di Israele è l’uscita dall’Egitto per l’Israele di sempre.
Ciò che accade ogni volta che Israele mangia la cena pasquale è il passare attraverso il Mar Rosso per l’Israele di sempre.
Per noi il memoriale è allo stesso modo con cui si rende presente la Pasqua di Gesù.
Per la verità c’è differenza non da poco.
Lo dico brevemente: quando Israele fa memoria, diciamo, della pasqua come evento principale, di quest’esperienza di liberazione, di questo Dio che è entrato nella storia di questo popolo.
Quando Israele fa memoria della liberazione dall’Egitto fa la memoria di un fatto di salvezza, ma quel fatto di salvezza realizzato è in realtà di se stesso, profetico. Cioè attende un ALTRO evento di salvezza,. quello definitivo, pieno.
Per cui fa memoria di un fatto di salvezza in ATTESA che si compia, con la venuta del Messia, la salvezza piena.
Noi invece quando facciamo memoria della Pasqua facciamo memoria della PIENEZZA della salvezza, non di un fatto che attende un compimento, ma di una salvezza realizzata, compiuta.
Non è una differenza da poco!
Come facciamo memoria? Come si rende presente la Pasqua di Gesù? Si rende presente proprio attraverso le parole, i gesti, i riti, le preghiere, tutto ciò che fa parte dell’azione celebrativa.
In questo noi abbiamo come una GARANZIA da parte della Chiesa, che ci consegna un’azione celebrativa e che, dicevo la volta scorsa, non è disponibile, cioè è indisponibile alle nostre sensibilità, alle nostre fantasie, perchè è la celebrazione che la CHIESA ci consegna.
Abbiamo la garanzia che nelle parole e nei gesti che noi compiamo nell’azione celebrativa si rende presente la PASQUA, nel suo molteplice agire chiaramente.
La questione è COME noi veniamo coinvolti dalla Pasqua? Quindi la questione è esattamente la nostra partecipazione.
La Pasqua è presente nell’azione celebrativa facendo memoriale, che è un modo forte, di pregare. Noi preghiamo così, facendo memoriale. Non so… a volte ci sfugge un po’ anche la forza di questo modo di rivolgerci a Dio; penso alla grande preghiera di benedizione dell’acqua del fonte battesimale: è un racconto fatto a Dio di che cosa Dio ha fatto servendosi della Sua creatura ACQUA, pensateci un po’: noi raccontiamo a Dio ciò che Lui ha fatto servendosi dell’acqua Sua creatura.
Anzi Gli diciamo: Tu quando hai creato l’acqua avevi in mente il Battesimo.
Pensate che immagine forte: il modo di pregare facendo il memoriale è un modo forte di rivolgersi a Dio.
A me sembra che sia come mettere un po’ Dio con le spalle al muro dicendo: hai fatto questo, non puoi NON rifarlo adesso! Per quella benedizione!
Quando noi abbiamo bisogno dell’acqua battesimale noi diciamo: Tu hai fatto quell’acqua pensando al Battesimo, poi ti sei servito dell’ acqua per PREPARARLA a diventare l’acqua del Battesimo.
Prima ci hai fatto PLANARE lo Spirito, racconta la Genesi, poi l’hai usata per LAVARE il luogo nel diluvio universale, poi l’hai USATA come strumento di liberazione quando l’hai aperta per far passare il Tuo popolo, poi l’hai fatta SCATURIRE dal costato del Tuo Figlio, mescolato al Suo Sangue.
Adesso noi abbiamo bisogno di QUELL’ACQUA!
Per questa fonte battesimale; e, come dicevamo all’inizio, quel Battesimo diventa l’oggi della storia della salvezza.
Per cui quando Dio ha creato l’acqua pensava al MIO Battesimo, al Battesimo di ciascuno di noi.
Senti come stiamo dentro a questa storia? Il modo in cui chiediamo che quell’acqua venga trasformata dall’azione dello Spirito è dire:
TU L’HAI FATTO, NON PUOI NON RIPETERLO ORA!
Se ci pensate, quando celebriamo l’Eucaristia, raggiungiamo il massimo della potenza del memoriale perchè noi, a volte, non ci pensiamo che è così forte il modo di pregare nell’Eucaristia: noi RACCONTIAMO al Padre l’Ultima Cena del Suo Figlio: la Preghiera Eucaristica è rivolta al Padre.
E noi diciamo al Padre: guarda, Ti ricordiamo che nell’Ultima Cena Lui ha preso il pane, lo ha spezzato, ha detto queste parole. ADESSO qui per noi E’ LA STESSA COSA: rendi presente quella Cena!
Senti che modo forte anche questo di raccontare al Padre l’Ultima Cena?
Per cui il Padre appena sente il racconto dell’Ultima Cena non può, per L’AMORE, per l’Amore con il quale ci ha amato, non può non rendere presente l’Ultima Cena per noi.
Memoriale: l’azione celebrativa contiene questa forza.
Questa forza, stavo dicendo, è per noi GARANTITA, garantita dalla Chiesa, la Chiesa garantisce questo!
La celebrazione che la Chiesa ci consegna, che – ripeto – non è disponibile alle nostre fantasie, sensibilità, e anche alle nostre comprensioni, perchè è ciò che la Chiesa ci consegna; ha in sè, contiene in sè QUESTA POTENZA.
Allora mi vuoi dire perchè io vado a Messa tutti i giorni e poi la mia vita non cambia? Cos’è che non funziona? Non funziona il memoriale?
No, il memoriale funziona, ce lo garantisce la Chiesa che funziona. Qual è la questione allora? La questione è la MIA partecipazione, la QUALITA’ della mia partecipazione.
Il Concilio, dopo averci detto che cos’è la liturgia, dopo averci parlato di questa molteplice presenza, insiste molto su questa questione.
Perchè comprendete che, questo dinamismo, il mistero pasquale, l’azione celebrativa, la nostra vita, se ha un punto dove può incepparsi è ESATTAMENTE nella nostra partecipazione.
Noi possiamo rendere, pensate, INEFFICACE la potenza della Pasqua presente in ogni azione celebrativa; dipende dalla nostra qualità di partecipazione.
Per questo il Concilio ci dice, la n. 14 della Sacrosantum Concilium, dice: “La Madre Chiesa desidera ARDENTEMENTE ardentemente”- “ardentemente” vuol dire desiderio forte- “che tutti i fedeli vengano guidati alla piena, consapevole e attiva partecipazione delle celebrazioni liturgiche che è richiesta dalla natura stessa della liturgia, e alla quale il popolo cristiano, stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto, ha diritto e dovere in forza del Battesimo”.
Dice che la partecipazione, che qui qualifica con questi aggettivi e ciascuno meriterebbe un lungo commento anche perchè sono attributi che hanno una loro storia.
Parla di “partecipazione piena, consapevole, attiva”.
Questa partecipazione, nelle celebrazioni liturgiche, è richiesta dalla natura stessa della liturgia. Che è, come abbiamo detto, quel dinamismo che fa, della nostra partecipazione, un punto nevralgico.
Allora io vorrei provare a dire qualcosa di questo, della nostra partecipazione,
Noi, quando diciamo “partecipazione”, rischiamo di avere, come dire, una comprensione un po’ limitata di partecipazione.
Che so, quando dici: “ho partecipato bene alla celebrazione”, quando lo dici? Magari quando hai sentito una qualche forma, una qualche intensità di coinvolgimento emotivo.
Magari perchè hai sentito quel canto che ti piace tanto.
Magari non è così, però può accadere che è per quel canto che ti piace tanto e se non c’è quel canto allora senti di partecipare di meno.
Ma capite che se fosse questa la partecipazione…. un qualcosa che dipende dalle mie emozioni, da ciò che sento o non sento, saremmo messi molto in difficoltà, saremmo un po’ nei guai se davvero la partecipazione di cui ci parla il Concilio sarebbe semplicemente un coinvolgimento emotivo, lo capiamo bene.
Anche perchè poi quante volte questo coinvolgimento emotivo dipende da come noi stiamo? Noi siamo “centrifugati” dalla vita per cui, prima di riuscire proprio a scaturire una connessione con la celebrazione ….eh, ci vuole a volte quasi tutta la celebrazione, e nemmeno ci basta!
Noi ce ne accorgiamo, c’è come un continuo rumore attorno a noi, dentro di noi; te ne accorgi per come sei continuamente “strattonato” dai tuoi pensieri, dalle tue preoccupazioni, dalle tue distrazioni..
E in quale partecipazione possiamo sperare dentro un mondo emotivo a volte così frammentato, devastato? Perchè siamo così eh? La nostra partecipazione richiede anche una grande cura interiore.
Per cui non può essere soltanto una partecipazione emotiva ma… attenti! Non sto dicendo che NON C’E’ emozione nella partecipazione liturgica! Perchè la partecipazione liturgica, adesso proveremo a dire come, coinvolge TUTTO della persona! E quindi anche le emozioni.
Non può essere, la partecipazione, di come sono stato attento: “ho partecipato perchè ho capito tutto quello che è stato detto”.
Ma è questo? Ma se la questione è COMPROMETTERE la nostra esistenza con la Pasqua, basta questo livello, quello del capire?? Possiamo noi pensare che l’efficacia della Parola si riduca semplicemente ad una elaborazione mentale di un concetto, per cui ascolto una parola e la trasformo in un’idea dentro di me? Questo può aver la forza di impastare la nostra vita con la Pasqua??
C’è una canzone di Giorgio Gaber, perdonate l’ “altezza” della citazione, che dice così: “un’idea, un concetto, un’idea finchè resta un’idea è soltanto un’astrazione. Se potessi mangiare un’idea avrei già fatto la mia rivoluzione”.
Io non so a cosa pensasse Gaber dicendo questo, a me però impressiona la forza di questa intuizione… poi la canzone è simpatica, è molto ironica.
Però dice: “un’idea non ha la forza di cambiare la vita. Se potessi mangiare un’idea allora avrei fatto già la mia rivoluzione”.
Io la sento una cosa molto cristiana questa: noi mangiamo non un’idea, mangiamo la Pasqua, capite? Non possiamo ridurre la Pasqua ad un’idea, perchè questa non ci cambia la vita.
Capisci subito che allora la partecipazione NON E’ SOLO questione di emozioni, di ciò che senti.
La partecipazione di cui stiamo parlando NON E’ semplicemente questione di ciò che capisci!
Non sto escludendo queste componenti, eh? Sono componenti ben presenti: il nostro mondo emotivo, la nostra ragione, la nostra conoscenza, anche, lo studio, tutto.
Ma non può essere SOLO QUESTO, perchè questo non arriva a compromettere la nostra esistenza con la Pasqua!
Occorre qualcos’altro. Cioè è ad un altro livello, più profondo che riesce a coinvolgere anche queste dimensioni. Altrimenti NON ACCADE NULLA!
E quante volte, parlo per me, quante volte mi accorgo che la mia partecipazione – come dire – non genera vita? Non mi cambia la vita, non mi cambia l’esistenza!
La nostra fede… noi siamo diventati Suoi discepoli NON SOLO perchè abbiamo accolto mentalmente un’annuncio ma PERCHE’ abbiamo fatto esperienza, o meglio, perchè abbiamo INCONTRATO la Presenza dello Spirito che ha preso possesso di noi!
Noi non siamo cristiani perchè abbiamo ascoltato l’annuncio del Vangelo e vi abbiamo aderito mentalmente…questo è certamente necessario, fondamentale, ma la fede, a questo livello intendo dire, non comporta una nostra incorporazione a Cristo, conformazione a Lui.
Come accade che io posso essere conformato a Cristo o perlomeno iniziare un processo di reale conformazione?
Accade quando io INCONTRO il dono dello Spirito, la Persona dello Spirito! E dove mi vien dato di poter incontrare la Persona dello Spirito? Nel Mistero del Battesimo o comunque nel Sacramento dell’iniziazione cristiana. Dove io, in forza dell’annuncio che ho ricevuto, incontro la presenza di una persona, lo Spirito, che è il dono della Pasqua, che mi permette una conoscenza di Gesù Cristo che non si ferma ad un’emozione o ad un’idea ma che diventa COMPROMISSIONE della mia vita.
Dentro di noi lo Spirito è presente, in forza dei Sacramenti di iniziazione, e vuole trasformare la nostra vita nella vita di Gesù Cristo, volendo operare la piena conformazione a Cristo.
Lo Spirito fa sempre e solo il Corpo di Cristo. E ne vedi la potenza, l’efficacia quando, invocato sull’altare sul pane e sul vino, trasforma il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo.
E lo Spirito vuole fare LA STESSA COSA con noi! Ma noi lo Spirito DOVE lo incontriamo? DOVE abbiamo la garanzia che ci viene dato lo Spirito? Nella celebrazione dei Misteri, nei Sacramenti. Lì ci vien data la garanzia che lo Spirito Santo è presente e agisce e coinvolge la nostra vita; e nella varietà dei Sacramenti ci viene detto anche che lo Spirito ha in noi una molteplice azione a seconda anche di come STIAMO e di cosa siamo chiamati a vivere.
Siamo nel peccato? Lo Spirito che incontriamo nel Sacramento della Penitenza diventa per noi riconciliazione.
Sei nella malattia e nella sofferenza? Nel Sacramento dell’Unzione incontri lo Spirito che diventa per te la possibilità di unire la tua sofferenza alla sofferenza di Cristo.
Ma il tutto avviene in forza dell’azione dello Spirito.
La partecipazione non è questione di emozione o di comprensione mentale: la partecipazione è sempre questione, io dico, di compromissione con la persona dello Spirito. Per permettere allo Spirito di fare in noi ciò per cui E’ STATO MANDATO.
Che cosa? Gesù Cristo.
Come? Facendoci conoscere la Pasqua.
Dove? Nelle situazioni di vita, in ciò che noi siamo, là dove viviamo.
La celebrazione ha questa potenza: CONTIENE la potenza dello Spirito. Sta a noi entrare DENTRO la celebrazione con questa consapevolezza, con questa consapevolezza anche del linguaggio che usa la liturgia; dicevamo la volta scorsa… la potenza dei simboli è lasciare che lo Spirito, dentro di noi, riconosca lo stesso Spirito presente nell’azione celebrativa e scateni dentro di noi quell’azione che ci viene semplicemente resa incondizionata e che ci permette di conformarci a Cristo.
Ma questo come avviene? Avviene attraverso le parole, i gesti, senza di questo NON C’E’ partecipazione.
La partecipazione alla celebrazione avviene sempre e solo in FORZA del dono dello Spirito.
La nostra relazione con Gesù Cristo non può diventare, ripeto, un’elaborazione della nostra mente.
Tra il Risorto e i Suoi, nel Cenacolo, non c’è semplicemente la forza di un ricordo che si impone, magari con alcune apparizioni.
Se fosse così, Se Lui si fosse affidato ad un ricordo di Sè, magari anche un po’ rafforzato da quei 40 giorni di apparizione… ma è evidente che Lui sarebbe finito con lo sbiadire di quel ricordo!
Perchè tutti i nostri ricordi sono segnati dalla nostra fragilità, sbiadiscono tutti; a volte facciamo fatica anche a ricordare il volto delle persone amate.
Accade, questo, tutto si ingiallisce.
E questo, il rapporto tra il Risorto e i Suoi non sta solo nel ricordo; certo, Lui visse con loro, ma sta nel dono dello Spirito che è Persona. Cristo, l’Unto, il Consacrato -dicevamo la prima volta- cioè intriso di Spirito; Egli ha effuso il Suo Spirito nella Pasqua e lo Spirito raggiunge noi in che modo? NON SOLO credendo questa Parola, ma ATTRAVERSO le parole, i gesti e le cose dell’azione celebrativa; per cui nell’azione celebrativa TUTTO è intriso di Spirito. E TUTTO ha forza nell’azione dello Spirito.
Noi siamo un po’ abituati, ditemi se mi sbaglio, ad avere con lo Spirito una strana relazione: l’unica cosa che facciamo con lo Spirito è invocarlo. come abbiamo fatto prima.
E facciamo bene a fare l’invocazione dello Spirito, eh? Vieni Santo Spirito!
Però poi accade che se questa è L’UNICA modalità di relazione con lo Spirito, cioè se noi allo Spirito diciamo sempre e solo “Vieni”, rischiamo poi di vivere come se Lui non ci fosse mai. Se quella è l’unica relazione.
Se Gli dici sempre e solo “Vieni” e poi NON CONSIDERI che l’invocazione della Chiesa, l’epiclesi, chiama lo Spirito sopra (ogni Sacramento contiene un’epiclesi cioè un’invocazione dello Spirito che è l’invocazione della Chiesa e rende presente lo Spirito) ..e poi lo Spirito viene ma poi FA QUALCOSA! Noi sempre e solo “vieni”.
Ma poi Lui risponde a questa chiamata, certo che risponde! E le conseguenze quali sono? Quali sono le conseguenze della Sua presenza?
Noi abbiamo la CERTEZZA, nell’azione celebrativa, che lo Spirito invocato VIENE.
Lo invochiamo sul pane e sul vino: viene. E fa ciò che la Chiesa dice: Del pane il Corpo, del vino il Sangue.
Lo invochiamo sul battezzato peccatore pentito, e fa ciò che la Chiesa chiede: riconcilia.
E così per tutti i sacramenti.
Lo Spirito invocato viene e FA. Compie l’azione.
A noi a volte sfugge questa dimensione. Cioè la dimensione dell’AZIONE dello Spirito, di che cosa lo Spirito FA.
Come si dispiega completamente questa azione? Si dispiega con il linguaggio della liturgia, nelle parole e nei gesti della liturgia. Di cui noi dobbiamo avere quella comprensione di cui dicevamo la volta scorsa e di cui vi accennavo ora.
Cioè quella comprensione del valore delle nostre parole e dei nostri gesti nell’azione celebrativa che hanno la forza del simbolo. Non del “facciamo finta che sia”. O semplicemente di un rimando, ma del simbolo, come dicevamo.
Questa doppia realtà: pane e Corpo, vino e Sangue.
Dicevamo anche che il simbolo è una realtà potentissima ma anche fragile. Fragile, se noi non lo riconosciamo come tale.
Cosa c’è di più fragile, di più debole, di più inerme di una piccola porzione di pane, dice Francesco?
Cosa c’è di più fragile di una porziuncola di pane.
Eppure, Francesco, che comprende che cosa è quella piccola porzione di pane: c’è tutta l’ umanità REDENTA, ESULTAil cielo quando è sull’altare nelle mani del SACERDOTE.
Il simbolo è una realtà umanissima e fragile: va conosciuto, va rispettato.
A noi vien dato di INCONTRARE lo Spirito, che è la Persona che ANIMA la Liturgia, ma noi a volte usiamo immagini inappropriate. “Anima” la liturgia quello che suona la chitarra e sta sull’ambone.
No, semmai quello può essere motivo di DISTURBO, il più delle volte. Anima la liturgia LO SPIRITO.
Poi ci sarà un servizio del canto, che verrà fatto in modo corretto, perchè se poi appare che è lui l’animatore della liturgia già non ci siamo.
A noi serve di fare in modo di comprendere che è lo Spirito che anima la liturgia.
Ma questo accade, dicevo, attraverso le parole e i gesti.
Per cui la questione della partecipazione è intanto questione che attiene allo Spirito, all’azione che lo Spirito vuole compiere, una volta invocato.
E nella nostra azione celebrativa lo Spirito SEMPRE viene invocato e a Lui SEMPRE viene chiesta un’azione specifica.
Ogni Sacramento è un’azione dello Spirito specifica SEMPRE con la stessa finalità, eh? Farci partecipi della Pasqua.
Allora adesso vorrei farvi alcuni esempi aggiungendo qualcosa per comprendere insieme appunto qual è la qualità della partecipazione che l’azione celebrativa ci chiede.
Allora tutto nell’azione celebrativa è animata dallo Spirito, tutto rimanda alla Sua presenza e alla Sua azione.
Abituatevi a dire sempre PRESENZA e AZIONE dello Spirito.
Lo Spirito, invocato, VIENE, è presente. Ma viene per FARE qualcosa. Ciò che lo Spirito fa, lo abbiamo detto, è sempre e solo il Corpo di Cristo. Lo fa col pane e lo fa con noi. Vorrebbe, perlomeno, farlo con noi. Cerca la disponibilità per poterlo fare. E lo fa facendoci vivere la Pasqua, a seconda di ciò che noi stiamo vivendo, cioè impastandoci con la Pasqua nel momento in cui ci troviamo.
Allora provo a fare alcuni esempi di come lo Spirito è presente, per poi capire anche quale partecipazione ci chiede.
Sempre a livello di linguaggio simbolico che, ripeto, non è “far finta che sia” o semplicemente un rimando ma è la realtà di SEMPRE, la Pasqua di SEMPRE.
Allora dico di un simbolo dello Spirito, della presenza dell’azione dello Spirito che è il più potente e quindi anche il più fragile.
E’ insita nel simbolo, questa contraddizione. Vi dico qual è il simbolo più potente della presenza dell’azione dello Spirito e per questo anche quello più esposto, quello più fragile di tutti. Sapete qual è?
E’ il SILENZIO, il silenzio.
Ascoltate cosa dice Romano Guardini, grande maestro, rispetto al silenzio. Ho delle pagine bellissime di un libro che si intitola “Il testamento di Gesù” .. che ci serve, leggetevelo! …. piuttosto che tante altre cose…i maestri dobbiamo leggere noi! “II testamento di Gesù” ci aiuta ad entrare dentro la celebrazione eucaristica.
Sentite cosa dice del silenzio, è una citazione, sono tre capitoli che aprono questo libro.
“Il tema è la liturgia e, a mio avviso, la vita liturgica inizia con il silenzio. Senza di esso tutto appare inutile e vano”.
Nessuna pretesa insolita di carattere estetico, eh? Considerare il silenzio come un argomento che va da sè significherebbe vanificare tutto, noi abbiamo una comprensione del silenzio come se fosse più un “non fare”: sto zitto, faccio silenzio per il fatto che non parlo o non faccio rumori.
Ma NON è così, non è di questo silenzio che sta parlando Guardini!
Il tema è molto serio, molto importante e molto trascurato: il PRIMO presupposto di ogni AZIONE SACRA.
Arriva fino a dire, più avanti, che SENZA SILENZIO NON C’E’ CELEBRAZIONE.
Ah, forse ci viene qualche intuizione del “perchè” le nostre celebrazioni non funzionano!!
C’è silenzio nelle nostre celebrazioni?
Eppure se tu vai a vedere il rito, per come la Chiesa ce lo consegna… dicevo che la Chiesa ci garantisce che nella celebrazione c’è la presenza dello Spirito…. poi però noi celebriamo a seconda delle nostre fantasie.
Se tu vai a vedere, faccio un esempio sulla celebrazione eucaristica, se tu vai a vedere come la Chiesa ci consegna la celebrazione eucaristica, il silenzio è esattamente un gesto rituale PRESCRITTO.
In molti momenti della celebrazione.
Dice l’Ordinamento Generale del Messale Romano, n° 45: “Si deve anche osservare, a suo tempo, il sacro silenzio come PARTE della celebrazione”.
Già questo: “parte della celebrazione”, non è sospensione.
Noi abbiamo questa impressione: tu prova a fare una pausa di silenzio che supera i 7 secondi, e già senti che si crea nell’assemblea la “sindrome dell’ascensore”.
Quando vai in ascensore con qualcuno che non conosci, devi fare un piano, e un piano ti sembra un’eternità e non sai cosa dire.
E’ così, tu fai un silenzio di 7 secondi…. e subito tutti pensano: “ma perchè non parla?”
Noi poi abbiamo questo “horror” che appena c’è un momento di silenzio dobbiamo RIEMPIRLO, riempirlo con le nostre parole, le nostre agitazioni.
Dice il Messale: “Il silenzio è PARTE della celebrazione”; non è la sospensione per cui non facciamo niente, stiamo zitti e la celebrazione è sospesa, no!! E’ PARTE della celebrazione.
“La sua natura”, parla della natura del silenzio, “dipende dal momento in cui ha luogo la singola celebrazione”.
E’ particolare questa cosa, eh? Dice: non è sempre lo stesso; cambia natura. Il silenzio, dentro l’azione celebrativa, cambia natura; e in che modo cambia natura? A seconda del momento in cui viene fatto. Ricordate che abbiamo detto? Non pensiate che il silenzio sia un argomento che “va da sè”, come un qualcosa che si fa in modo automatico: stai zitto, non ti muovi, non fai rumore, allora vuol dire che fai silenzio.
No. Il silenzio cambia natura in base al MOMENTO in cui viene fatto nella celebrazione. E quindi vi sono alcuni momenti in cui il silenzio deve essere fatto.
Cioè sono indicazioni RITUALI, cioè gesti da FARE nell’azione celebrativa.
Dice, così: “Durante l’atto penitenziale”… e parte subito dall’atto penitenziale perchè è PARTE della celebrazione.
In realtà c’è un momento che PRECEDE l’atto penitenziale: è il nostro INGRESSO in chiesa.
Noi viviamo in una città; ebbene dovremmo fare esperienza -lo accennavo la volta scorsa- entrando in chiesa, di entrare in un luogo che è, sì sulla terra, ma che, in qualche modo, CI FA SENTIRE IN CIELO.
Noi dovremmo, entrando in chiesa, sentire che questo è un posto di confine, di passaggio, tra TERRA E CIELO.
Una questione decisiva è quella del silenzio. Se tu entri dentro e ti porti dentro tutti i rumori del mondo… prima che tu possa fare il gesto rituale del silenzio ci vorrà quanto? Quanto ci vorrà?!
E’ come se noi dovessimo far assestare i rumori dentro di noi; tu te ne accorgi, il silenzio ha poi questa forza: AMPLIFICA il mondo interiore.
Un po’ come accade con la sveglia che hai sul comodino: non è che durante il giorno senti “tic-tac, tic-tac” ma, appena spegni la luce e tutto si quieta, quel “tic tac” ti sembra un frastuono insopportabile.
Il silenzio amplifica ciò che normalmente non sentiamo, e amplifica il mondo interiore.
Se noi ci portiamo la confusione del mondo ANCHE nel luogo dove siamo chiamati a FARE silenzio come condizione necessaria per la celebrazione …. capisci che poi non partecipo? Capisci perchè la mia partecipazione non funziona? Non abbiamo le PREMESSE necessarie perchè la celebrazione possa essere efficace!
Capite come a volte siamo proprio dispersi? Poi magari facciamo le riunioni dei nostri gruppi liturgici e ci inventiamo stratagemmi per accendere l’attenzione!
Che sono esattamente la dichiarazione del fatto che NON SIAMO CAPACI di partecipare. Abbiamo bisogno di cose nuove; ad esempio alla recita dei salmi, siccome siamo molto distratti, allora vengono date delle indicazioni per i salmi: “Allora, il primo salmo lo fa il solista, poi risponderanno solo le donne, e gli uomini stanno su una gamba sola…” …. e alla fine è più difficile capire COME e QUANDO devi rispondere piuttosto che il salmo stesso!
“No, perchè così stiamo più attenti, partecipiamo meglio” ….è un inganno, è un INGANNO! Non è quello il livello della partecipazione. La fantasia ha potere: ci inventiamo gesti, segni, che sono invece il più delle volte la dichiarazione che non sappiamo che cos’è una partecipazione perchè ci mancano i FONDAMENTI della partecipazione. E uno di questi è il silenzio.
Allora dicevo: c’è un silenzio che inizia, a me viene da dire che comincia da quando USCIAMO DI CASA per venire a Messa. Non è che non dobbiamo salutare nessuno… non è questo, è INTERIORMENTE: devi già PREDISPORTI al silenzio.
Non che vieni qui dopo che hai finito di parlare con quello che ti è vicino ….e poi non voglio dirvi di che cosa… e arrivi a canto inoltrato. E poi cosa pensi….che immediatamente “scatti” chissà quale qualità di partecipazione?
Deve esserci un silenzio che precede, un luogo dove regna il silenzio ma – ripeto,- come diceva Guardini, non è un fatto estetico: di più, MOLTO DI PIU’, molto alto, che è il simbolo dello Spirito.
Ma torniamo a quelle che dice il Messale:
“La sua natura dipende dal momento e dal luogo delle sue singole circostanze. Così, durante l’atto penitenziale, e DOPO l’invito alla preghiera, il silenzio AIUTA IL RACCOGLIMENTO.
DOPO la lettura e l’omelia, è un RICHIAMO A MEDITARE ciò che si è ascoltato, DOPO la Comunione FAVORISCE LA PREGHIERA INTERIORE interiore di lode e di supplica.
Anche PRIMA della stessa celebrazione è bene osservare il silenzio in chiesa, in sacrestia, nel luogo dove si assumono i paramenti e nei locali annessi…”; tutto immerso nel silenzio.
Se ci pensi, poi …è il luogo delle chiacchiere, “nei locali annessi, in modo che tutti possano prepararsi adeguatamente e nei giusti modi alla sacra celebrazione”.
Attenti, eh, perchè questo ci aiuta molto; Guardini dice: “Non illudetevi: senza silenzio NON C’E’ celebrazione”, cioè senza silenzio non è possibile la partecipazione di cui stiamo parlando.
Avete sentito cosa dice? Dice una cosa importante: “cambia natura a seconda dei momenti”… e qui ti dà – sono delle note molto sintetiche – delle indicazioni per farti capire qual è la natura del silenzio nei vari momenti.
Intanto cominciamo a cogliere questo: che TUTTA la celebrazione, parliamo della celebrazione eucaristica, ad esempio, ma ogni celebrazione sacramentale è segnata dal silenzio… dovrebbe esserci silenzio PRIMA, POI all’atto penitenziale, DOPO l’invito: “preghiamo”, PRIMA della preghiera di colletta.
Tra: “preghiamo” e la preghiera di colletta c’è uno spazio di silenzio.
Tutta la liturgia DELLA PAROLA è immersa dentro il silenzio.
Noi invece… la prima lettura che proclamiamo è sempre “dal primo libro dei ‘banchi che scricchiolano’ “…. perchè non fai in tempo nemmeno ad ascoltare da dove leggi ….perchè ti siedi, devi sistemare la borsa, c’è sempre qualcosa che devi prendere…e poi vuoi aprire la caramella e la caramella fa un tale frastuono! Ma PERCHE’ siamo così? Siamo “frullati”.
La liturgia della Parola è immersa dentro il silenzio.
Prima della proclamazione della Parola noi dovremmo poter sentire il silenzio. Non sto dicendo che dobbiamo fare una pausa infinita, eh? Perchè bastano 5 secondi per sentire il silenzio, però LO DEVI SENTIRE!
Perchè se io adesso mi fermo 5 secondi (si ferma per 5 secondi)….
Ecco, hai sentito che c’è la ventola che fa rumore, però hai sentito che stai FACENDO silenzio.
Cioè il silenzio, prima delle letture, NON E’ quello stacco minimo per prendere fiato tra una Parola e l’altra; E’ uno stacco minimo – perchè 5 secondi bastano – per sentire il silenzio. Tra una lettura e l’altra, prima dell’omelia, c’è silenzio.
Ma ripeto è un silenzio PRESCRITTO, cioè un fatto RITUALE, un gesto DA COMPIERE.
C’è silenzio nel compiere la preghiera eucaristica: al momento dell’elevazione del Corpo e del Sangue di Cristo c’è silenzio.
C’è silenzio dopo la Comunione.
Capite quanto è importante questa cosa? Se tu guardi semplicemente i momenti in cui è prescritto il silenzio già ti sorprende tutta la celebrazione.
Quasi verrebbe da dire che la celebrazione è ESSENZIALMENTE silenzio e DENTRO questo silenzio emergono parole, gesti, DENTRO il silenzio.
La frequenza, la lunghezza d’onda, è il SILENZIO, perchè lo Spirito parla su questa frequenza.
Notate, dice il Messale, come questo silenzio cambia natura a seconda del momento.
Ma come accade ‘sta cosa?
Dico subito la soluzione: cambia natura perchè il silenzio nell’azione celebrativa è simbolo della presenza e dell’azione dello Spirito per cui quando tu fai silenzio, quando l’assemblea fa silenzio, fa il gesto rituale che rende presente il SIMBOLO dello Spirito che è presente e agisce.
Perchè cambia natura? Perchè cambia l’AZIONE che lo Spirito fa!
E’ sempre LO STESSO Spirito, è sempre la Persona divina dello Spirito ma all’inizio della celebrazione ti muove al PENTIMENTO, fiducioso nella misericordia di Dio nell’atto penitenziale; quando il prete ti invita e dice: “preghiamo” SUSCITA nell’assemblea la preghiera. E’ chiaro che però il prete ti deve dare il tempo di pregare nel silenzio! Per poi raccogliere e fare colletta con la sua preghiera. Tu inviti l’assemblea a pregare e poi non le dai il tempo!
Dopo il: “preghiamo” c’è una pausa di silenzio! Non penso a delle pause infinite, penso a quella pause sufficienti per dire: “sto facendo silenzio e in questo momento lo Spirito presente mi muove alla preghiera”.
Qual è la preghiera che lo Spirito fa dentro di me? Perchè è questo che accade.
C’è silenzio, dicevamo, nella liturgia della Parola che è fondamentale perchè la Parola si muove sulla frequenza dello Spirito, è ispirata dallo Spirito e ci raggiunge su QUELLA frequenza!
San Francesco dice che quando facciamo la Comunione è lo Spirito CHE E’ IN NOI che RICONOSCE il Corpo di Cristo!
E la stessa cosa vale per la Parola: è lo Spirito CHE E’ IN NOI che riconosce la Parola che Dio stesso ha ispirato!
Capisci allora che il silenzio della Liturgia della Parola è L’ASCOLTO.
Vorrei dire qualcosa su questo ma….
E l’ascolto è una modalità di partecipazione FONDAMENTALE della celebrazione.
Poi lo stesso gesto, sempre il silenzio, lo troviamo dicevamo al momento dell’elevazione. E COSA fa lì lo Spirito? Ci muove all’ADORAZIONE, ci spinge all’adorazione.
Poi lo ritroviamo dopo la Comunione. COSA fa lo Spirito dopo la Comunione? Ci suggerisce le conseguenze dell’aver mangiato il Corpo di Cristo!
Dice : “ma guarda che nella tua vita il fatto che tu adesso hai mangiato il Corpo di Cristo porta queste decisioni!” ..e devi lasciartelo dire dallo Spirito, nel SILENZIO.
E’ chiaro che se poi termina la celebrazione e noi ci “rituffiamo” subito, alziamo subito il volume e ci “rituffiamo” subito dentro la confusione, è chiaro che forse facciamo fatica a custodire quell’intuizione che lo Spirito ci dà.
La partecipazione si muove a questo livello di disponibilità all’azione dello Spirito come la sua presenza per renderci disponibili, docili, per arrenderci alla sua azione.
Adesso mi fermo.
Senti già allora che se Guardini dice che queste condizioni sono necessarie alla celebrazione, senti già subito come questo QUALIFICA la nostra celebrazione e ti fa subito capire quello che dicevamo all’inizio: non è semplicemente un’ attenzione mentale od emotiva, è stare DI FRONTE alla presenza di una Persona, che è lo SPIRITO SANTO, e che agisce in tanti modi nella celebrazione, permettendo che la sua azione sia libera dentro di noi, che non trovi ostacoli, che non trovi l’ostacolo delle nostre confusioni interiori, delle nostre chiusure, delle nostre paure. Che possa entrare dentro di noi e muoversi. E fare ciò che fa con il pane e con il vino.
Tutta la partecipazione liturgica è questione di RESA all’azione dello Spirito. Che si rende presente in tutti questi simboli, di cui abbiamo detto il silenzio è il simbolo PER ECCELLENZA.
E capite già subito, in questo, quante cose dovremmo dirci…!
Già se noi, da stasera, dicessimo: “mah, fammi un po’ vigilare sul come faccio silenzio” …innanzitutto chi presiede. Perchè chi presiede condiziona sempre la sintonia con i fedeli, nel bene e nel male.
E poi anche qui, quando dico che il rito è indisponibile alle nostre sensibilità vuol dire che tu all’assemblea devi dare IL RITO che la Chiesa consegna e che non si può improvvisare.
Possiamo forse vivere nel caos totale e poi pretendere che varcando la soglia di questa chiesa non ce lo portiamo dietro? Forse dovremmo avere dei momenti in cui ci sintonizziamo di più sulla frequenza del silenzio….non so se sono riuscito a spiegarmi: non è tanto il mio sforzo ma è lo Spirito PRESENTE che muove dentro di me dei sentimenti.
E’ una resa alla sua azione altrimenti diventa tutto volontarismo.
E’ così, nella celebrazione noi riceviamo, veniamo trasformati…
L’altra cosa che volevo dirvi, e con questo concludo, forse ne parleremo più in là: noi celebriamo con parole, gesti, cose, soprattutto con il CORPO, il nostro corpo.
E anche qui si apre uno spazio dentro il quale spesso siamo analfabeti, anche se la celebrazione ci suggerisce molte cose.
Tu guarda tutti i gesti che noi, nella celebrazione, facciamo con il corpo: CAMMINIAMO durante le processioni dell’offertorio e alla Comunione, ci INGINOCCHIAMO, stiamo SEDUTI, ci alziamo IN PIEDI, ci BATTIAMO IL PETTO, ci SEGNIAMO il corpo con la mano facendo il segno di croce…. senti che sono tutti gesti che … però poi ci facciamo l’abitudine; l’abitudine è un po’ quella nebbia che rende tutto un po’ informe, che confonde, che deturpa tutto; per cui facciamo gesti potentissimi, i SIMBOLI, ma che poi diventano inefficaci perchè ti manca quello stupore proprio dell’atto in sè.
L’abitudine ci può essere nemica, eh? Molto nemica.
Senti che sono tutte cose che facciamo con il corpo: la GESTUALITA’, e poi anche la VOCE, e poi tutto ciò che riguarda I SENSI.
La celebrazione è VISTA, è UDITO -tantissimo udito- ma è anche OLFATTO, dicevamo dell’incenso, il profumo; è anche GUSTO… Insomma tutto il corpo è coinvolto nell’azione celebrativa.
Noi celebriamo con il corpo, il nostro corpo è coinvolto dall’azione dello Spirito.
Faccio solo un esempio perchè capiate che ciascuno di questi gesti si può correggerlo o capirlo.
SEGNARSI con la croce il corpo, stare in PIEDI mentre ascolti il Vangelo, INGINOCCHIATI nell’adorazione, i gesti nostri, eh? Adesso li abbiamo eliminati perchè la genuflessione non si fa più, io faccio l’inchino… sembra “occidentalis karma”…
I gesti della nostra tradizione: stare in ginocchio… ma quante cose esprime LO STARE IN GINOCCHIO?? “Ma sì, va bene..”, ci contestano..
Ma stare in ginocchio DAVANTI A DIO… senti come ti muove un moto interiore lo stare davanti a Dio?
Vi dicevo che faccio solo un esempio, sempre prendendolo da Guardini, sul segno della croce perchè è il primo gesto che facciamo sul nostro corpo all’inizio di ogni celebrazione.
Sentite cosa dice Guardini del segno della croce.
Questo è un libretto, un contenuto che si intitola: “I santi segni”, dove ci dà dei suggerimenti su come vivere i santi segni della celebrazione.
Ascoltate cosa dice del segno di croce:
“Quando fai il segno della croce, fallo bene, non così affrettato, rattrappito, tale che nessuno capisce quello che sta a significare..”
Questi “strani” segni della croce, poi c’è sempre il bacio del dito, so’ che cos’è!!! E’ un residuo di quando, da bambino, ti hanno detto: “dai un bacio a Gesù”… e magari, magari potessimo avere ancora quel sentimento del bacio dato a Gesù! Invece…
Al mio paese, alla scuola vicino alla chiesa, una madre disse a suo figlio: “prima di andare a scuola passa in chiesa a salutare Gesù”.
E quello prima di andare a scuola apriva la porta della chiesa: “Ciao, Gesù!” . E poi andava a scuola.
Ma magari fossimo così! Magari!
Magari avessimo la purezza del dire: “diamo un bacio a Gesù”.
Però capisci quel segno “affrettato”, come dice Guardini?
“Affrettato, rattrappito”, che se uno non lo sapesse dice: “ma cosa fa, scaccia le mosche?”.
Qui dice: “Un segno della croce giusto” -dice- “cioè lento, ampio, dalla fronte al petto. Da una spalla all’altra, senti come ti abbraccia tutto?”.
“Senti come ti abbraccia?”. Cos’è che ti abbraccia? LA CROCE.
E anche questa cosa che facciamo all’inizio della celebrazione: cioè INDOSSIAMO TUTTI LO STESSO ABITO: LA CROCE.
“Senti come esso ti abbraccia tutto? Raccogli dunque bene, raccogli in questo segno tutti i pensieri e tutto l’animo tuo”.
Capisci che per far questo: “raccogli tutti i pensieri e tutto l’animo tuo” …ma capisci che per fare questo, per raccogliere tutti i pensieri, non puoi fare un gesto veloce, fatto male!
“Allora lo senti, ti avvolge tutto, corpo e anima, ti raccoglie, ti consacra, ti santifica. Senti è proprio un abbraccio. Perchè è il segno della totalità, il segno della redenzione. Sulla Croce nostro Signore, mediante la Croce santifica il mondo nella sua totalità fin nelle ultime fibre del Suo Essere. Perciò lo facciamo prima della preghiera, perchè esso ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine”.
“Ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine” : Ti permette di concentrarti in Dio.
“Dopo la preghiera, affinchè rimanga in noi quello che Dio ci ha donato. Nel pericolo, perchè ci protegga. Nell’atto della benedizione perchè la potenza della vita divina entri nell’anima e la renda feconda e consacri ogni cosa”…E va avanti. Era solo un esempio eh?
Però senti come cambierebbe la nostra partecipazione se entrassimo in un luogo in cui si vivesse il silenzio, ci avvolgessimo nel segno della croce per raccogliere tutta la nostra persona… e poi tanti altri brani… non so, una cosa che mi piace molto…-ma poi leggetelo- bisogna leggerlo con calma, però è semplice.
Quando dice: “battersi il petto”, anche qui noi facciamo quei gesti…..! Sembra che se ci battiamo il petto con vigore andiamo a scombinare non si sa bene cosa.
“Battersi il petto”, qui dice, “è un gesto che SCUOTE IL TUO MONDO INTERIORE”.
Il gesto penitenziale che scuote il tuo mondo interiore e quell’inginocchiarsi perchè l’uomo sta dinanzi a Dio.
Senti cosa sono queste cose? Sono tutti gesti del corpo che però chiedono una PARTECIPAZIONE. Questa è la partecipazione! Quando dice: “attiva, piena, consapevole”. Non è che devi fare per forza qualcosa!
Cioè la partecipazione, anzi, è soprattutto il silenzio.
Capite, non è quella dimensione esteriore la partecipazione .
E’ una partecipazione attiva ma che scuote il mondo interiore.
E così per molte altre cose, ma adesso ci fermiamo…. e comunque vogliamo portarci dentro qualcosa di questo; davvero, anche se noi semplicemente avessimo un pochino la responsabilità, se ci ricordassimo queste intuizioni, se potessimo cominciare a custodirle…..
E non andate a cercare altre stravaganze che non servono a nulla! Leggiamo i simboli che abbiamo.
Ad esempio alla Processione offertoriale: si porta il pane, il vino e l’offerta per i poveri. BASTA e avanza. Invece oggi si porta di tutto, anche il pallone: e se lo consacro tu poi lo devi consumare!
Se noi comprendessimo davvero il significato di quello che facciamo!
Ma ci sono altre cose….. la partecipazione si gioca con il coinvolgimento, con l’azione dello Spirito che, invocato, si fa presente.
Mons. Vittorio Viola
Parrocchia San Gregorio VII
L’IMPORTANTE E’ . . . PARTECIPARE .
Bene, allora proviamo a vedere di ricapitolare qualcosa, sempre e solo “qualcosa” perchè non finiremo mai di dire della bellezza del celebrare cristiano; per quanto noi possiamo commentare qualcosa è pur sempre un “balbettare” di questa bellezza, di questa grandezza.
Abbiamo provato a dire che cos’è la liturgia e abbiamo ascoltato quei numeri fondamentali della Sacrosantum Concilium.
E poi abbiamo provato a dire qualcosa sul tema della presenza del Signore e delle molteplici modalità di come il Signore realmente si rende presente nell’azione celebrativa.
Ci siamo lasciati dicendo che una questione importante e decisiva è la PARTECIPAZIONE.
E il titolo di questo incontro stasera è: “l’importante è partecipare” però non nel senso in cui lo usiamo normalmente…ma proveremo a capire perchè è importante partecipare e che cos’è la partecipazione.
Allora riprendo necessariamente alcuni concetti per aggiungere, appunto, qualcosa.
Ormai ci è chiaro che, quando diciamo “liturgia”, non intendiamo la celebrazione.
La celebrazione è un MOMENTO della liturgia, il momento centrale, importante.
Quando diciamo “liturgia” intendiamo un movimento, un dinamismo. Intendiamo dire, così come ci insegna il Concilio, che la liturgia è la Pasqua di Gesù, il suo sacerdozio, che continua ad essere presente, attivo; l’esercizio del sacerdozio di Cristo nell’azione celebrativa quindi attraverso i riti, le preghiere, i gesti, le parole, le cose anche, tutto ciò che fa parte della dimensione attuale dell’azione celebrativa.
Quindi è la Pasqua di Gesù presente nell’azione celebrativa per la santificazione dei fedeli, cioè perchè la nostra vita possa essere plasmata dalla Pasqua.
Quindi noi nell’azione celebrativa incontriamo la sua presenza molteplice; abbiamo detto, in tanti modi, una presenza che agisce e che vuole coinvolgere la nostra esistenza.
E noi siamo coinvolti dalla Pasqua nel partecipare all’azione celebrativa.
In che modo la Pasqua di Gesù è presente nell’azione celebrativa? Abbiamo detto le varie realtà, ma la categoria con la quale si rende presente, la Pasqua, è una categoria che noi abbiamo imparato da Israele che è un popolo che sa pregare ed è la categoria del MEMORIALE: la Pasqua di Gesù è presente nelle nostre azioni celebrative perchè noi ne facciamo MEMORIA, “memoriale”, e qui su questo non mi trattengo ma sappiamo il senso profondo di quest’espressione.
Non è semplicemente un “ricordo” ma è il rendere presente.
Israele quando celebra la cena pasquale non fa semplicemente un ricordo dell’uscita dall’Egitto attraverso il mare aperto, ma rende PRESENTE quell’evento, per cui la cena pasquale di Israele è l’uscita dall’Egitto per l’Israele di sempre.
Ciò che accade ogni volta che Israele mangia la cena pasquale è il passare attraverso il Mar Rosso per l’Israele di sempre.
Per noi il memoriale è allo stesso modo con cui si rende presente la Pasqua di Gesù.
Per la verità c’è differenza non da poco.
Lo dico brevemente: quando Israele fa memoria, diciamo, della pasqua come evento principale, di quest’esperienza di liberazione, di questo Dio che è entrato nella storia di questo popolo.
Quando Israele fa memoria della liberazione dall’Egitto fa la memoria di un fatto di salvezza, ma quel fatto di salvezza realizzato è in realtà di se stesso, profetico. Cioè attende un ALTRO evento di salvezza,. quello definitivo, pieno.
Per cui fa memoria di un fatto di salvezza in ATTESA che si compia, con la venuta del Messia, la salvezza piena.
Noi invece quando facciamo memoria della Pasqua facciamo memoria della PIENEZZA della salvezza, non di un fatto che attende un compimento, ma di una salvezza realizzata, compiuta.
Non è una differenza da poco!
Come facciamo memoria? Come si rende presente la Pasqua di Gesù? Si rende presente proprio attraverso le parole, i gesti, i riti, le preghiere, tutto ciò che fa parte dell’azione celebrativa.
In questo noi abbiamo come una GARANZIA da parte della Chiesa, che ci consegna un’azione celebrativa e che, dicevo la volta scorsa, non è disponibile, cioè è indisponibile alle nostre sensibilità, alle nostre fantasie, perchè è la celebrazione che la CHIESA ci consegna.
Abbiamo la garanzia che nelle parole e nei gesti che noi compiamo nell’azione celebrativa si rende presente la PASQUA, nel suo molteplice agire chiaramente.
La questione è COME noi veniamo coinvolti dalla Pasqua? Quindi la questione è esattamente la nostra partecipazione.
La Pasqua è presente nell’azione celebrativa facendo memoriale, che è un modo forte, di pregare. Noi preghiamo così, facendo memoriale. Non so… a volte ci sfugge un po’ anche la forza di questo modo di rivolgerci a Dio; penso alla grande preghiera di benedizione dell’acqua del fonte battesimale: è un racconto fatto a Dio di che cosa Dio ha fatto servendosi della Sua creatura ACQUA, pensateci un po’: noi raccontiamo a Dio ciò che Lui ha fatto servendosi dell’acqua Sua creatura.
Anzi Gli diciamo: Tu quando hai creato l’acqua avevi in mente il Battesimo.
Pensate che immagine forte: il modo di pregare facendo il memoriale è un modo forte di rivolgersi a Dio.
A me sembra che sia come mettere un po’ Dio con le spalle al muro dicendo: hai fatto questo, non puoi NON rifarlo adesso! Per quella benedizione!
Quando noi abbiamo bisogno dell’acqua battesimale noi diciamo: Tu hai fatto quell’acqua pensando al Battesimo, poi ti sei servito dell’ acqua per PREPARARLA a diventare l’acqua del Battesimo.
Prima ci hai fatto PLANARE lo Spirito, racconta la Genesi, poi l’hai usata per LAVARE il luogo nel diluvio universale, poi l’hai USATA come strumento di liberazione quando l’hai aperta per far passare il Tuo popolo, poi l’hai fatta SCATURIRE dal costato del Tuo Figlio, mescolato al Suo Sangue.
Adesso noi abbiamo bisogno di QUELL’ACQUA!
Per questa fonte battesimale; e, come dicevamo all’inizio, quel Battesimo diventa l’oggi della storia della salvezza.
Per cui quando Dio ha creato l’acqua pensava al MIO Battesimo, al Battesimo di ciascuno di noi.
Senti come stiamo dentro a questa storia? Il modo in cui chiediamo che quell’acqua venga trasformata dall’azione dello Spirito è dire:
TU L’HAI FATTO, NON PUOI NON RIPETERLO ORA!
Se ci pensate, quando celebriamo l’Eucaristia, raggiungiamo il massimo della potenza del memoriale perchè noi, a volte, non ci pensiamo che è così forte il modo di pregare nell’Eucaristia: noi RACCONTIAMO al Padre l’Ultima Cena del Suo Figlio: la Preghiera Eucaristica è rivolta al Padre.
E noi diciamo al Padre: guarda, Ti ricordiamo che nell’Ultima Cena Lui ha preso il pane, lo ha spezzato, ha detto queste parole. ADESSO qui per noi E’ LA STESSA COSA: rendi presente quella Cena!
Senti che modo forte anche questo di raccontare al Padre l’Ultima Cena?
Per cui il Padre appena sente il racconto dell’Ultima Cena non può, per L’AMORE, per l’Amore con il quale ci ha amato, non può non rendere presente l’Ultima Cena per noi.
Memoriale: l’azione celebrativa contiene questa forza.
Questa forza, stavo dicendo, è per noi GARANTITA, garantita dalla Chiesa, la Chiesa garantisce questo!
La celebrazione che la Chiesa ci consegna, che – ripeto – non è disponibile alle nostre fantasie, sensibilità, e anche alle nostre comprensioni, perchè è ciò che la Chiesa ci consegna; ha in sè, contiene in sè QUESTA POTENZA.
Allora mi vuoi dire perchè io vado a Messa tutti i giorni e poi la mia vita non cambia? Cos’è che non funziona? Non funziona il memoriale?
No, il memoriale funziona, ce lo garantisce la Chiesa che funziona. Qual è la questione allora? La questione è la MIA partecipazione, la QUALITA’ della mia partecipazione.
Il Concilio, dopo averci detto che cos’è la liturgia, dopo averci parlato di questa molteplice presenza, insiste molto su questa questione.
Perchè comprendete che, questo dinamismo, il mistero pasquale, l’azione celebrativa, la nostra vita, se ha un punto dove può incepparsi è ESATTAMENTE nella nostra partecipazione.
Noi possiamo rendere, pensate, INEFFICACE la potenza della Pasqua presente in ogni azione celebrativa; dipende dalla nostra qualità di partecipazione.
Per questo il Concilio ci dice, la n. 14 della Sacrosantum Concilium, dice: “La Madre Chiesa desidera ARDENTEMENTE ardentemente”- “ardentemente” vuol dire desiderio forte- “che tutti i fedeli vengano guidati alla piena, consapevole e attiva partecipazione delle celebrazioni liturgiche che è richiesta dalla natura stessa della liturgia, e alla quale il popolo cristiano, stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto, ha diritto e dovere in forza del Battesimo”.
Dice che la partecipazione, che qui qualifica con questi aggettivi e ciascuno meriterebbe un lungo commento anche perchè sono attributi che hanno una loro storia.
Parla di “partecipazione piena, consapevole, attiva”.
Questa partecipazione, nelle celebrazioni liturgiche, è richiesta dalla natura stessa della liturgia. Che è, come abbiamo detto, quel dinamismo che fa, della nostra partecipazione, un punto nevralgico.
Allora io vorrei provare a dire qualcosa di questo, della nostra partecipazione,
Noi, quando diciamo “partecipazione”, rischiamo di avere, come dire, una comprensione un po’ limitata di partecipazione.
Che so, quando dici: “ho partecipato bene alla celebrazione”, quando lo dici? Magari quando hai sentito una qualche forma, una qualche intensità di coinvolgimento emotivo.
Magari perchè hai sentito quel canto che ti piace tanto.
Magari non è così, però può accadere che è per quel canto che ti piace tanto e se non c’è quel canto allora senti di partecipare di meno.
Ma capite che se fosse questa la partecipazione…. un qualcosa che dipende dalle mie emozioni, da ciò che sento o non sento, saremmo messi molto in difficoltà, saremmo un po’ nei guai se davvero la partecipazione di cui ci parla il Concilio sarebbe semplicemente un coinvolgimento emotivo, lo capiamo bene.
Anche perchè poi quante volte questo coinvolgimento emotivo dipende da come noi stiamo? Noi siamo “centrifugati” dalla vita per cui, prima di riuscire proprio a scaturire una connessione con la celebrazione ….eh, ci vuole a volte quasi tutta la celebrazione, e nemmeno ci basta!
Noi ce ne accorgiamo, c’è come un continuo rumore attorno a noi, dentro di noi; te ne accorgi per come sei continuamente “strattonato” dai tuoi pensieri, dalle tue preoccupazioni, dalle tue distrazioni..
E in quale partecipazione possiamo sperare dentro un mondo emotivo a volte così frammentato, devastato? Perchè siamo così eh? La nostra partecipazione richiede anche una grande cura interiore.
Per cui non può essere soltanto una partecipazione emotiva ma… attenti! Non sto dicendo che NON C’E’ emozione nella partecipazione liturgica! Perchè la partecipazione liturgica, adesso proveremo a dire come, coinvolge TUTTO della persona! E quindi anche le emozioni.
Non può essere, la partecipazione, di come sono stato attento: “ho partecipato perchè ho capito tutto quello che è stato detto”.
Ma è questo? Ma se la questione è COMPROMETTERE la nostra esistenza con la Pasqua, basta questo livello, quello del capire?? Possiamo noi pensare che l’efficacia della Parola si riduca semplicemente ad una elaborazione mentale di un concetto, per cui ascolto una parola e la trasformo in un’idea dentro di me? Questo può aver la forza di impastare la nostra vita con la Pasqua??
C’è una canzone di Giorgio Gaber, perdonate l’ “altezza” della citazione, che dice così: “un’idea, un concetto, un’idea finchè resta un’idea è soltanto un’astrazione. Se potessi mangiare un’idea avrei già fatto la mia rivoluzione”.
Io non so a cosa pensasse Gaber dicendo questo, a me però impressiona la forza di questa intuizione… poi la canzone è simpatica, è molto ironica.
Però dice: “un’idea non ha la forza di cambiare la vita. Se potessi mangiare un’idea allora avrei fatto già la mia rivoluzione”.
Io la sento una cosa molto cristiana questa: noi mangiamo non un’idea, mangiamo la Pasqua, capite? Non possiamo ridurre la Pasqua ad un’idea, perchè questa non ci cambia la vita.
Capisci subito che allora la partecipazione NON E’ SOLO questione di emozioni, di ciò che senti.
La partecipazione di cui stiamo parlando NON E’ semplicemente questione di ciò che capisci!
Non sto escludendo queste componenti, eh? Sono componenti ben presenti: il nostro mondo emotivo, la nostra ragione, la nostra conoscenza, anche, lo studio, tutto.
Ma non può essere SOLO QUESTO, perchè questo non arriva a compromettere la nostra esistenza con la Pasqua!
Occorre qualcos’altro. Cioè è ad un altro livello, più profondo che riesce a coinvolgere anche queste dimensioni. Altrimenti NON ACCADE NULLA!
E quante volte, parlo per me, quante volte mi accorgo che la mia partecipazione – come dire – non genera vita? Non mi cambia la vita, non mi cambia l’esistenza!
La nostra fede… noi siamo diventati Suoi discepoli NON SOLO perchè abbiamo accolto mentalmente un’annuncio ma PERCHE’ abbiamo fatto esperienza, o meglio, perchè abbiamo INCONTRATO la Presenza dello Spirito che ha preso possesso di noi!
Noi non siamo cristiani perchè abbiamo ascoltato l’annuncio del Vangelo e vi abbiamo aderito mentalmente…questo è certamente necessario, fondamentale, ma la fede, a questo livello intendo dire, non comporta una nostra incorporazione a Cristo, conformazione a Lui.
Come accade che io posso essere conformato a Cristo o perlomeno iniziare un processo di reale conformazione?
Accade quando io INCONTRO il dono dello Spirito, la Persona dello Spirito! E dove mi vien dato di poter incontrare la Persona dello Spirito? Nel Mistero del Battesimo o comunque nel Sacramento dell’iniziazione cristiana. Dove io, in forza dell’annuncio che ho ricevuto, incontro la presenza di una persona, lo Spirito, che è il dono della Pasqua, che mi permette una conoscenza di Gesù Cristo che non si ferma ad un’emozione o ad un’idea ma che diventa COMPROMISSIONE della mia vita.
Dentro di noi lo Spirito è presente, in forza dei Sacramenti di iniziazione, e vuole trasformare la nostra vita nella vita di Gesù Cristo, volendo operare la piena conformazione a Cristo.
Lo Spirito fa sempre e solo il Corpo di Cristo. E ne vedi la potenza, l’efficacia quando, invocato sull’altare sul pane e sul vino, trasforma il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo.
E lo Spirito vuole fare LA STESSA COSA con noi! Ma noi lo Spirito DOVE lo incontriamo? DOVE abbiamo la garanzia che ci viene dato lo Spirito? Nella celebrazione dei Misteri, nei Sacramenti. Lì ci vien data la garanzia che lo Spirito Santo è presente e agisce e coinvolge la nostra vita; e nella varietà dei Sacramenti ci viene detto anche che lo Spirito ha in noi una molteplice azione a seconda anche di come STIAMO e di cosa siamo chiamati a vivere.
Siamo nel peccato? Lo Spirito che incontriamo nel Sacramento della Penitenza diventa per noi riconciliazione.
Sei nella malattia e nella sofferenza? Nel Sacramento dell’Unzione incontri lo Spirito che diventa per te la possibilità di unire la tua sofferenza alla sofferenza di Cristo.
Ma il tutto avviene in forza dell’azione dello Spirito.
La partecipazione non è questione di emozione o di comprensione mentale: la partecipazione è sempre questione, io dico, di compromissione con la persona dello Spirito. Per permettere allo Spirito di fare in noi ciò per cui E’ STATO MANDATO.
Che cosa? Gesù Cristo.
Come? Facendoci conoscere la Pasqua.
Dove? Nelle situazioni di vita, in ciò che noi siamo, là dove viviamo.
La celebrazione ha questa potenza: CONTIENE la potenza dello Spirito. Sta a noi entrare DENTRO la celebrazione con questa consapevolezza, con questa consapevolezza anche del linguaggio che usa la liturgia; dicevamo la volta scorsa… la potenza dei simboli è lasciare che lo Spirito, dentro di noi, riconosca lo stesso Spirito presente nell’azione celebrativa e scateni dentro di noi quell’azione che ci viene semplicemente resa incondizionata e che ci permette di conformarci a Cristo.
Ma questo come avviene? Avviene attraverso le parole, i gesti, senza di questo NON C’E’ partecipazione.
La partecipazione alla celebrazione avviene sempre e solo in FORZA del dono dello Spirito.
La nostra relazione con Gesù Cristo non può diventare, ripeto, un’elaborazione della nostra mente.
Tra il Risorto e i Suoi, nel Cenacolo, non c’è semplicemente la forza di un ricordo che si impone, magari con alcune apparizioni.
Se fosse così, Se Lui si fosse affidato ad un ricordo di Sè, magari anche un po’ rafforzato da quei 40 giorni di apparizione… ma è evidente che Lui sarebbe finito con lo sbiadire di quel ricordo!
Perchè tutti i nostri ricordi sono segnati dalla nostra fragilità, sbiadiscono tutti; a volte facciamo fatica anche a ricordare il volto delle persone amate.
Accade, questo, tutto si ingiallisce.
E questo, il rapporto tra il Risorto e i Suoi non sta solo nel ricordo; certo, Lui visse con loro, ma sta nel dono dello Spirito che è Persona. Cristo, l’Unto, il Consacrato -dicevamo la prima volta- cioè intriso di Spirito; Egli ha effuso il Suo Spirito nella Pasqua e lo Spirito raggiunge noi in che modo? NON SOLO credendo questa Parola, ma ATTRAVERSO le parole, i gesti e le cose dell’azione celebrativa; per cui nell’azione celebrativa TUTTO è intriso di Spirito. E TUTTO ha forza nell’azione dello Spirito.
Noi siamo un po’ abituati, ditemi se mi sbaglio, ad avere con lo Spirito una strana relazione: l’unica cosa che facciamo con lo Spirito è invocarlo. come abbiamo fatto prima.
E facciamo bene a fare l’invocazione dello Spirito, eh? Vieni Santo Spirito!
Però poi accade che se questa è L’UNICA modalità di relazione con lo Spirito, cioè se noi allo Spirito diciamo sempre e solo “Vieni”, rischiamo poi di vivere come se Lui non ci fosse mai. Se quella è l’unica relazione.
Se Gli dici sempre e solo “Vieni” e poi NON CONSIDERI che l’invocazione della Chiesa, l’epiclesi, chiama lo Spirito sopra (ogni Sacramento contiene un’epiclesi cioè un’invocazione dello Spirito che è l’invocazione della Chiesa e rende presente lo Spirito) ..e poi lo Spirito viene ma poi FA QUALCOSA! Noi sempre e solo “vieni”.
Ma poi Lui risponde a questa chiamata, certo che risponde! E le conseguenze quali sono? Quali sono le conseguenze della Sua presenza?
Noi abbiamo la CERTEZZA, nell’azione celebrativa, che lo Spirito invocato VIENE.
Lo invochiamo sul pane e sul vino: viene. E fa ciò che la Chiesa dice: Del pane il Corpo, del vino il Sangue.
Lo invochiamo sul battezzato peccatore pentito, e fa ciò che la Chiesa chiede: riconcilia.
E così per tutti i sacramenti.
Lo Spirito invocato viene e FA. Compie l’azione.
A noi a volte sfugge questa dimensione. Cioè la dimensione dell’AZIONE dello Spirito, di che cosa lo Spirito FA.
Come si dispiega completamente questa azione? Si dispiega con il linguaggio della liturgia, nelle parole e nei gesti della liturgia. Di cui noi dobbiamo avere quella comprensione di cui dicevamo la volta scorsa e di cui vi accennavo ora.
Cioè quella comprensione del valore delle nostre parole e dei nostri gesti nell’azione celebrativa che hanno la forza del simbolo. Non del “facciamo finta che sia”. O semplicemente di un rimando, ma del simbolo, come dicevamo.
Questa doppia realtà: pane e Corpo, vino e Sangue.
Dicevamo anche che il simbolo è una realtà potentissima ma anche fragile. Fragile, se noi non lo riconosciamo come tale.
Cosa c’è di più fragile, di più debole, di più inerme di una piccola porzione di pane, dice Francesco?
Cosa c’è di più fragile di una porziuncola di pane.
Eppure, Francesco, che comprende che cosa è quella piccola porzione di pane: c’è tutta l’ umanità REDENTA, ESULTAil cielo quando è sull’altare nelle mani del SACERDOTE.
Il simbolo è una realtà umanissima e fragile: va conosciuto, va rispettato.
A noi vien dato di INCONTRARE lo Spirito, che è la Persona che ANIMA la Liturgia, ma noi a volte usiamo immagini inappropriate. “Anima” la liturgia quello che suona la chitarra e sta sull’ambone.
No, semmai quello può essere motivo di DISTURBO, il più delle volte. Anima la liturgia LO SPIRITO.
Poi ci sarà un servizio del canto, che verrà fatto in modo corretto, perchè se poi appare che è lui l’animatore della liturgia già non ci siamo.
A noi serve di fare in modo di comprendere che è lo Spirito che anima la liturgia.
Ma questo accade, dicevo, attraverso le parole e i gesti.
Per cui la questione della partecipazione è intanto questione che attiene allo Spirito, all’azione che lo Spirito vuole compiere, una volta invocato.
E nella nostra azione celebrativa lo Spirito SEMPRE viene invocato e a Lui SEMPRE viene chiesta un’azione specifica.
Ogni Sacramento è un’azione dello Spirito specifica SEMPRE con la stessa finalità, eh? Farci partecipi della Pasqua.
Allora adesso vorrei farvi alcuni esempi aggiungendo qualcosa per comprendere insieme appunto qual è la qualità della partecipazione che l’azione celebrativa ci chiede.
Allora tutto nell’azione celebrativa è animata dallo Spirito, tutto rimanda alla Sua presenza e alla Sua azione.
Abituatevi a dire sempre PRESENZA e AZIONE dello Spirito.
Lo Spirito, invocato, VIENE, è presente. Ma viene per FARE qualcosa. Ciò che lo Spirito fa, lo abbiamo detto, è sempre e solo il Corpo di Cristo. Lo fa col pane e lo fa con noi. Vorrebbe, perlomeno, farlo con noi. Cerca la disponibilità per poterlo fare. E lo fa facendoci vivere la Pasqua, a seconda di ciò che noi stiamo vivendo, cioè impastandoci con la Pasqua nel momento in cui ci troviamo.
Allora provo a fare alcuni esempi di come lo Spirito è presente, per poi capire anche quale partecipazione ci chiede.
Sempre a livello di linguaggio simbolico che, ripeto, non è “far finta che sia” o semplicemente un rimando ma è la realtà di SEMPRE, la Pasqua di SEMPRE.
Allora dico di un simbolo dello Spirito, della presenza dell’azione dello Spirito che è il più potente e quindi anche il più fragile.
E’ insita nel simbolo, questa contraddizione. Vi dico qual è il simbolo più potente della presenza dell’azione dello Spirito e per questo anche quello più esposto, quello più fragile di tutti. Sapete qual è?
E’ il SILENZIO, il silenzio.
Ascoltate cosa dice Romano Guardini, grande maestro, rispetto al silenzio. Ho delle pagine bellissime di un libro che si intitola “Il testamento di Gesù” .. che ci serve, leggetevelo! …. piuttosto che tante altre cose…i maestri dobbiamo leggere noi! “II testamento di Gesù” ci aiuta ad entrare dentro la celebrazione eucaristica.
Sentite cosa dice del silenzio, è una citazione, sono tre capitoli che aprono questo libro.
“Il tema è la liturgia e, a mio avviso, la vita liturgica inizia con il silenzio. Senza di esso tutto appare inutile e vano”.
Nessuna pretesa insolita di carattere estetico, eh? Considerare il silenzio come un argomento che va da sè significherebbe vanificare tutto, noi abbiamo una comprensione del silenzio come se fosse più un “non fare”: sto zitto, faccio silenzio per il fatto che non parlo o non faccio rumori.
Ma NON è così, non è di questo silenzio che sta parlando Guardini!
Il tema è molto serio, molto importante e molto trascurato: il PRIMO presupposto di ogni AZIONE SACRA.
Arriva fino a dire, più avanti, che SENZA SILENZIO NON C’E’ CELEBRAZIONE.
Ah, forse ci viene qualche intuizione del “perchè” le nostre celebrazioni non funzionano!!
C’è silenzio nelle nostre celebrazioni?
Eppure se tu vai a vedere il rito, per come la Chiesa ce lo consegna… dicevo che la Chiesa ci garantisce che nella celebrazione c’è la presenza dello Spirito…. poi però noi celebriamo a seconda delle nostre fantasie.
Se tu vai a vedere, faccio un esempio sulla celebrazione eucaristica, se tu vai a vedere come la Chiesa ci consegna la celebrazione eucaristica, il silenzio è esattamente un gesto rituale PRESCRITTO.
In molti momenti della celebrazione.
Dice l’Ordinamento Generale del Messale Romano, n° 45: “Si deve anche osservare, a suo tempo, il sacro silenzio come PARTE della celebrazione”.
Già questo: “parte della celebrazione”, non è sospensione.
Noi abbiamo questa impressione: tu prova a fare una pausa di silenzio che supera i 7 secondi, e già senti che si crea nell’assemblea la “sindrome dell’ascensore”.
Quando vai in ascensore con qualcuno che non conosci, devi fare un piano, e un piano ti sembra un’eternità e non sai cosa dire.
E’ così, tu fai un silenzio di 7 secondi…. e subito tutti pensano: “ma perchè non parla?”
Noi poi abbiamo questo “horror” che appena c’è un momento di silenzio dobbiamo RIEMPIRLO, riempirlo con le nostre parole, le nostre agitazioni.
Dice il Messale: “Il silenzio è PARTE della celebrazione”; non è la sospensione per cui non facciamo niente, stiamo zitti e la celebrazione è sospesa, no!! E’ PARTE della celebrazione.
“La sua natura”, parla della natura del silenzio, “dipende dal momento in cui ha luogo la singola celebrazione”.
E’ particolare questa cosa, eh? Dice: non è sempre lo stesso; cambia natura. Il silenzio, dentro l’azione celebrativa, cambia natura; e in che modo cambia natura? A seconda del momento in cui viene fatto. Ricordate che abbiamo detto? Non pensiate che il silenzio sia un argomento che “va da sè”, come un qualcosa che si fa in modo automatico: stai zitto, non ti muovi, non fai rumore, allora vuol dire che fai silenzio.
No. Il silenzio cambia natura in base al MOMENTO in cui viene fatto nella celebrazione. E quindi vi sono alcuni momenti in cui il silenzio deve essere fatto.
Cioè sono indicazioni RITUALI, cioè gesti da FARE nell’azione celebrativa.
Dice, così: “Durante l’atto penitenziale”… e parte subito dall’atto penitenziale perchè è PARTE della celebrazione.
In realtà c’è un momento che PRECEDE l’atto penitenziale: è il nostro INGRESSO in chiesa.
Noi viviamo in una città; ebbene dovremmo fare esperienza -lo accennavo la volta scorsa- entrando in chiesa, di entrare in un luogo che è, sì sulla terra, ma che, in qualche modo, CI FA SENTIRE IN CIELO.
Noi dovremmo, entrando in chiesa, sentire che questo è un posto di confine, di passaggio, tra TERRA E CIELO.
Una questione decisiva è quella del silenzio. Se tu entri dentro e ti porti dentro tutti i rumori del mondo… prima che tu possa fare il gesto rituale del silenzio ci vorrà quanto? Quanto ci vorrà?!
E’ come se noi dovessimo far assestare i rumori dentro di noi; tu te ne accorgi, il silenzio ha poi questa forza: AMPLIFICA il mondo interiore.
Un po’ come accade con la sveglia che hai sul comodino: non è che durante il giorno senti “tic-tac, tic-tac” ma, appena spegni la luce e tutto si quieta, quel “tic tac” ti sembra un frastuono insopportabile.
Il silenzio amplifica ciò che normalmente non sentiamo, e amplifica il mondo interiore.
Se noi ci portiamo la confusione del mondo ANCHE nel luogo dove siamo chiamati a FARE silenzio come condizione necessaria per la celebrazione …. capisci che poi non partecipo? Capisci perchè la mia partecipazione non funziona? Non abbiamo le PREMESSE necessarie perchè la celebrazione possa essere efficace!
Capite come a volte siamo proprio dispersi? Poi magari facciamo le riunioni dei nostri gruppi liturgici e ci inventiamo stratagemmi per accendere l’attenzione!
Che sono esattamente la dichiarazione del fatto che NON SIAMO CAPACI di partecipare. Abbiamo bisogno di cose nuove; ad esempio alla recita dei salmi, siccome siamo molto distratti, allora vengono date delle indicazioni per i salmi: “Allora, il primo salmo lo fa il solista, poi risponderanno solo le donne, e gli uomini stanno su una gamba sola…” …. e alla fine è più difficile capire COME e QUANDO devi rispondere piuttosto che il salmo stesso!
“No, perchè così stiamo più attenti, partecipiamo meglio” ….è un inganno, è un INGANNO! Non è quello il livello della partecipazione. La fantasia ha potere: ci inventiamo gesti, segni, che sono invece il più delle volte la dichiarazione che non sappiamo che cos’è una partecipazione perchè ci mancano i FONDAMENTI della partecipazione. E uno di questi è il silenzio.
Allora dicevo: c’è un silenzio che inizia, a me viene da dire che comincia da quando USCIAMO DI CASA per venire a Messa. Non è che non dobbiamo salutare nessuno… non è questo, è INTERIORMENTE: devi già PREDISPORTI al silenzio.
Non che vieni qui dopo che hai finito di parlare con quello che ti è vicino ….e poi non voglio dirvi di che cosa… e arrivi a canto inoltrato. E poi cosa pensi….che immediatamente “scatti” chissà quale qualità di partecipazione?
Deve esserci un silenzio che precede, un luogo dove regna il silenzio ma – ripeto,- come diceva Guardini, non è un fatto estetico: di più, MOLTO DI PIU’, molto alto, che è il simbolo dello Spirito.
Ma torniamo a quelle che dice il Messale:
“La sua natura dipende dal momento e dal luogo delle sue singole circostanze. Così, durante l’atto penitenziale, e DOPO l’invito alla preghiera, il silenzio AIUTA IL RACCOGLIMENTO.
DOPO la lettura e l’omelia, è un RICHIAMO A MEDITARE ciò che si è ascoltato, DOPO la Comunione FAVORISCE LA PREGHIERA INTERIORE interiore di lode e di supplica.
Anche PRIMA della stessa celebrazione è bene osservare il silenzio in chiesa, in sacrestia, nel luogo dove si assumono i paramenti e nei locali annessi…”; tutto immerso nel silenzio.
Se ci pensi, poi …è il luogo delle chiacchiere, “nei locali annessi, in modo che tutti possano prepararsi adeguatamente e nei giusti modi alla sacra celebrazione”.
Attenti, eh, perchè questo ci aiuta molto; Guardini dice: “Non illudetevi: senza silenzio NON C’E’ celebrazione”, cioè senza silenzio non è possibile la partecipazione di cui stiamo parlando.
Avete sentito cosa dice? Dice una cosa importante: “cambia natura a seconda dei momenti”… e qui ti dà – sono delle note molto sintetiche – delle indicazioni per farti capire qual è la natura del silenzio nei vari momenti.
Intanto cominciamo a cogliere questo: che TUTTA la celebrazione, parliamo della celebrazione eucaristica, ad esempio, ma ogni celebrazione sacramentale è segnata dal silenzio… dovrebbe esserci silenzio PRIMA, POI all’atto penitenziale, DOPO l’invito: “preghiamo”, PRIMA della preghiera di colletta.
Tra: “preghiamo” e la preghiera di colletta c’è uno spazio di silenzio.
Tutta la liturgia DELLA PAROLA è immersa dentro il silenzio.
Noi invece… la prima lettura che proclamiamo è sempre “dal primo libro dei ‘banchi che scricchiolano’ “…. perchè non fai in tempo nemmeno ad ascoltare da dove leggi ….perchè ti siedi, devi sistemare la borsa, c’è sempre qualcosa che devi prendere…e poi vuoi aprire la caramella e la caramella fa un tale frastuono! Ma PERCHE’ siamo così? Siamo “frullati”.
La liturgia della Parola è immersa dentro il silenzio.
Prima della proclamazione della Parola noi dovremmo poter sentire il silenzio. Non sto dicendo che dobbiamo fare una pausa infinita, eh? Perchè bastano 5 secondi per sentire il silenzio, però LO DEVI SENTIRE!
Perchè se io adesso mi fermo 5 secondi (si ferma per 5 secondi)….
Ecco, hai sentito che c’è la ventola che fa rumore, però hai sentito che stai FACENDO silenzio.
Cioè il silenzio, prima delle letture, NON E’ quello stacco minimo per prendere fiato tra una Parola e l’altra; E’ uno stacco minimo – perchè 5 secondi bastano – per sentire il silenzio. Tra una lettura e l’altra, prima dell’omelia, c’è silenzio.
Ma ripeto è un silenzio PRESCRITTO, cioè un fatto RITUALE, un gesto DA COMPIERE.
C’è silenzio nel compiere la preghiera eucaristica: al momento dell’elevazione del Corpo e del Sangue di Cristo c’è silenzio.
C’è silenzio dopo la Comunione.
Capite quanto è importante questa cosa? Se tu guardi semplicemente i momenti in cui è prescritto il silenzio già ti sorprende tutta la celebrazione.
Quasi verrebbe da dire che la celebrazione è ESSENZIALMENTE silenzio e DENTRO questo silenzio emergono parole, gesti, DENTRO il silenzio.
La frequenza, la lunghezza d’onda, è il SILENZIO, perchè lo Spirito parla su questa frequenza.
Notate, dice il Messale, come questo silenzio cambia natura a seconda del momento.
Ma come accade ‘sta cosa?
Dico subito la soluzione: cambia natura perchè il silenzio nell’azione celebrativa è simbolo della presenza e dell’azione dello Spirito per cui quando tu fai silenzio, quando l’assemblea fa silenzio, fa il gesto rituale che rende presente il SIMBOLO dello Spirito che è presente e agisce.
Perchè cambia natura? Perchè cambia l’AZIONE che lo Spirito fa!
E’ sempre LO STESSO Spirito, è sempre la Persona divina dello Spirito ma all’inizio della celebrazione ti muove al PENTIMENTO, fiducioso nella misericordia di Dio nell’atto penitenziale; quando il prete ti invita e dice: “preghiamo” SUSCITA nell’assemblea la preghiera. E’ chiaro che però il prete ti deve dare il tempo di pregare nel silenzio! Per poi raccogliere e fare colletta con la sua preghiera. Tu inviti l’assemblea a pregare e poi non le dai il tempo!
Dopo il: “preghiamo” c’è una pausa di silenzio! Non penso a delle pause infinite, penso a quella pause sufficienti per dire: “sto facendo silenzio e in questo momento lo Spirito presente mi muove alla preghiera”.
Qual è la preghiera che lo Spirito fa dentro di me? Perchè è questo che accade.
C’è silenzio, dicevamo, nella liturgia della Parola che è fondamentale perchè la Parola si muove sulla frequenza dello Spirito, è ispirata dallo Spirito e ci raggiunge su QUELLA frequenza!
San Francesco dice che quando facciamo la Comunione è lo Spirito CHE E’ IN NOI che RICONOSCE il Corpo di Cristo!
E la stessa cosa vale per la Parola: è lo Spirito CHE E’ IN NOI che riconosce la Parola che Dio stesso ha ispirato!
Capisci allora che il silenzio della Liturgia della Parola è L’ASCOLTO.
Vorrei dire qualcosa su questo ma….
E l’ascolto è una modalità di partecipazione FONDAMENTALE della celebrazione.
Poi lo stesso gesto, sempre il silenzio, lo troviamo dicevamo al momento dell’elevazione. E COSA fa lì lo Spirito? Ci muove all’ADORAZIONE, ci spinge all’adorazione.
Poi lo ritroviamo dopo la Comunione. COSA fa lo Spirito dopo la Comunione? Ci suggerisce le conseguenze dell’aver mangiato il Corpo di Cristo!
Dice : “ma guarda che nella tua vita il fatto che tu adesso hai mangiato il Corpo di Cristo porta queste decisioni!” ..e devi lasciartelo dire dallo Spirito, nel SILENZIO.
E’ chiaro che se poi termina la celebrazione e noi ci “rituffiamo” subito, alziamo subito il volume e ci “rituffiamo” subito dentro la confusione, è chiaro che forse facciamo fatica a custodire quell’intuizione che lo Spirito ci dà.
La partecipazione si muove a questo livello di disponibilità all’azione dello Spirito come la sua presenza per renderci disponibili, docili, per arrenderci alla sua azione.
Adesso mi fermo.
Senti già allora che se Guardini dice che queste condizioni sono necessarie alla celebrazione, senti già subito come questo QUALIFICA la nostra celebrazione e ti fa subito capire quello che dicevamo all’inizio: non è semplicemente un’ attenzione mentale od emotiva, è stare DI FRONTE alla presenza di una Persona, che è lo SPIRITO SANTO, e che agisce in tanti modi nella celebrazione, permettendo che la sua azione sia libera dentro di noi, che non trovi ostacoli, che non trovi l’ostacolo delle nostre confusioni interiori, delle nostre chiusure, delle nostre paure. Che possa entrare dentro di noi e muoversi. E fare ciò che fa con il pane e con il vino.
Tutta la partecipazione liturgica è questione di RESA all’azione dello Spirito. Che si rende presente in tutti questi simboli, di cui abbiamo detto il silenzio è il simbolo PER ECCELLENZA.
E capite già subito, in questo, quante cose dovremmo dirci…!
Già se noi, da stasera, dicessimo: “mah, fammi un po’ vigilare sul come faccio silenzio” …innanzitutto chi presiede. Perchè chi presiede condiziona sempre la sintonia con i fedeli, nel bene e nel male.
E poi anche qui, quando dico che il rito è indisponibile alle nostre sensibilità vuol dire che tu all’assemblea devi dare IL RITO che la Chiesa consegna e che non si può improvvisare.
Possiamo forse vivere nel caos totale e poi pretendere che varcando la soglia di questa chiesa non ce lo portiamo dietro? Forse dovremmo avere dei momenti in cui ci sintonizziamo di più sulla frequenza del silenzio….non so se sono riuscito a spiegarmi: non è tanto il mio sforzo ma è lo Spirito PRESENTE che muove dentro di me dei sentimenti.
E’ una resa alla sua azione altrimenti diventa tutto volontarismo.
E’ così, nella celebrazione noi riceviamo, veniamo trasformati…
L’altra cosa che volevo dirvi, e con questo concludo, forse ne parleremo più in là: noi celebriamo con parole, gesti, cose, soprattutto con il CORPO, il nostro corpo.
E anche qui si apre uno spazio dentro il quale spesso siamo analfabeti, anche se la celebrazione ci suggerisce molte cose.
Tu guarda tutti i gesti che noi, nella celebrazione, facciamo con il corpo: CAMMINIAMO durante le processioni dell’offertorio e alla Comunione, ci INGINOCCHIAMO, stiamo SEDUTI, ci alziamo IN PIEDI, ci BATTIAMO IL PETTO, ci SEGNIAMO il corpo con la mano facendo il segno di croce…. senti che sono tutti gesti che … però poi ci facciamo l’abitudine; l’abitudine è un po’ quella nebbia che rende tutto un po’ informe, che confonde, che deturpa tutto; per cui facciamo gesti potentissimi, i SIMBOLI, ma che poi diventano inefficaci perchè ti manca quello stupore proprio dell’atto in sè.
L’abitudine ci può essere nemica, eh? Molto nemica.
Senti che sono tutte cose che facciamo con il corpo: la GESTUALITA’, e poi anche la VOCE, e poi tutto ciò che riguarda I SENSI.
La celebrazione è VISTA, è UDITO -tantissimo udito- ma è anche OLFATTO, dicevamo dell’incenso, il profumo; è anche GUSTO… Insomma tutto il corpo è coinvolto nell’azione celebrativa.
Noi celebriamo con il corpo, il nostro corpo è coinvolto dall’azione dello Spirito.
Faccio solo un esempio perchè capiate che ciascuno di questi gesti si può correggerlo o capirlo.
SEGNARSI con la croce il corpo, stare in PIEDI mentre ascolti il Vangelo, INGINOCCHIATI nell’adorazione, i gesti nostri, eh? Adesso li abbiamo eliminati perchè la genuflessione non si fa più, io faccio l’inchino… sembra “occidentalis karma”…
I gesti della nostra tradizione: stare in ginocchio… ma quante cose esprime LO STARE IN GINOCCHIO?? “Ma sì, va bene..”, ci contestano..
Ma stare in ginocchio DAVANTI A DIO… senti come ti muove un moto interiore lo stare davanti a Dio?
Vi dicevo che faccio solo un esempio, sempre prendendolo da Guardini, sul segno della croce perchè è il primo gesto che facciamo sul nostro corpo all’inizio di ogni celebrazione.
Sentite cosa dice Guardini del segno della croce.
Questo è un libretto, un contenuto che si intitola: “I santi segni”, dove ci dà dei suggerimenti su come vivere i santi segni della celebrazione.
Ascoltate cosa dice del segno di croce:
“Quando fai il segno della croce, fallo bene, non così affrettato, rattrappito, tale che nessuno capisce quello che sta a significare..”
Questi “strani” segni della croce, poi c’è sempre il bacio del dito, so’ che cos’è!!! E’ un residuo di quando, da bambino, ti hanno detto: “dai un bacio a Gesù”… e magari, magari potessimo avere ancora quel sentimento del bacio dato a Gesù! Invece…
Al mio paese, alla scuola vicino alla chiesa, una madre disse a suo figlio: “prima di andare a scuola passa in chiesa a salutare Gesù”.
E quello prima di andare a scuola apriva la porta della chiesa: “Ciao, Gesù!” . E poi andava a scuola.
Ma magari fossimo così! Magari!
Magari avessimo la purezza del dire: “diamo un bacio a Gesù”.
Però capisci quel segno “affrettato”, come dice Guardini?
“Affrettato, rattrappito”, che se uno non lo sapesse dice: “ma cosa fa, scaccia le mosche?”.
Qui dice: “Un segno della croce giusto” -dice- “cioè lento, ampio, dalla fronte al petto. Da una spalla all’altra, senti come ti abbraccia tutto?”.
“Senti come ti abbraccia?”. Cos’è che ti abbraccia? LA CROCE.
E anche questa cosa che facciamo all’inizio della celebrazione: cioè INDOSSIAMO TUTTI LO STESSO ABITO: LA CROCE.
“Senti come esso ti abbraccia tutto? Raccogli dunque bene, raccogli in questo segno tutti i pensieri e tutto l’animo tuo”.
Capisci che per far questo: “raccogli tutti i pensieri e tutto l’animo tuo” …ma capisci che per fare questo, per raccogliere tutti i pensieri, non puoi fare un gesto veloce, fatto male!
“Allora lo senti, ti avvolge tutto, corpo e anima, ti raccoglie, ti consacra, ti santifica. Senti è proprio un abbraccio. Perchè è il segno della totalità, il segno della redenzione. Sulla Croce nostro Signore, mediante la Croce santifica il mondo nella sua totalità fin nelle ultime fibre del Suo Essere. Perciò lo facciamo prima della preghiera, perchè esso ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine”.
“Ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine” : Ti permette di concentrarti in Dio.
“Dopo la preghiera, affinchè rimanga in noi quello che Dio ci ha donato. Nel pericolo, perchè ci protegga. Nell’atto della benedizione perchè la potenza della vita divina entri nell’anima e la renda feconda e consacri ogni cosa”…E va avanti. Era solo un esempio eh?
Però senti come cambierebbe la nostra partecipazione se entrassimo in un luogo in cui si vivesse il silenzio, ci avvolgessimo nel segno della croce per raccogliere tutta la nostra persona… e poi tanti altri brani… non so, una cosa che mi piace molto…-ma poi leggetelo- bisogna leggerlo con calma, però è semplice.
Quando dice: “battersi il petto”, anche qui noi facciamo quei gesti…..! Sembra che se ci battiamo il petto con vigore andiamo a scombinare non si sa bene cosa.
“Battersi il petto”, qui dice, “è un gesto che SCUOTE IL TUO MONDO INTERIORE”.
Il gesto penitenziale che scuote il tuo mondo interiore e quell’inginocchiarsi perchè l’uomo sta dinanzi a Dio.
Senti cosa sono queste cose? Sono tutti gesti del corpo che però chiedono una PARTECIPAZIONE. Questa è la partecipazione! Quando dice: “attiva, piena, consapevole”. Non è che devi fare per forza qualcosa!
Cioè la partecipazione, anzi, è soprattutto il silenzio.
Capite, non è quella dimensione esteriore la partecipazione .
E’ una partecipazione attiva ma che scuote il mondo interiore.
E così per molte altre cose, ma adesso ci fermiamo…. e comunque vogliamo portarci dentro qualcosa di questo; davvero, anche se noi semplicemente avessimo un pochino la responsabilità, se ci ricordassimo queste intuizioni, se potessimo cominciare a custodirle…..
E non andate a cercare altre stravaganze che non servono a nulla! Leggiamo i simboli che abbiamo.
Ad esempio alla Processione offertoriale: si porta il pane, il vino e l’offerta per i poveri. BASTA e avanza. Invece oggi si porta di tutto, anche il pallone: e se lo consacro tu poi lo devi consumare!
Se noi comprendessimo davvero il significato di quello che facciamo!
Ma ci sono altre cose….. la partecipazione si gioca con il coinvolgimento, con l’azione dello Spirito che, invocato, si fa presente.
Mons. Vittorio Viola
Parrocchia San Gregorio VII
L’IMPORTANTE E’ . . . PARTECIPARE .
Bene, allora proviamo a vedere di ricapitolare qualcosa, sempre e solo “qualcosa” perchè non finiremo mai di dire della bellezza del celebrare cristiano; per quanto noi possiamo commentare qualcosa è pur sempre un “balbettare” di questa bellezza, di questa grandezza.
Abbiamo provato a dire che cos’è la liturgia e abbiamo ascoltato quei numeri fondamentali della Sacrosantum Concilium.
E poi abbiamo provato a dire qualcosa sul tema della presenza del Signore e delle molteplici modalità di come il Signore realmente si rende presente nell’azione celebrativa.
Ci siamo lasciati dicendo che una questione importante e decisiva è la PARTECIPAZIONE.
E il titolo di questo incontro stasera è: “l’importante è partecipare” però non nel senso in cui lo usiamo normalmente…ma proveremo a capire perchè è importante partecipare e che cos’è la partecipazione.
Allora riprendo necessariamente alcuni concetti per aggiungere, appunto, qualcosa.
Ormai ci è chiaro che, quando diciamo “liturgia”, non intendiamo la celebrazione.
La celebrazione è un MOMENTO della liturgia, il momento centrale, importante.
Quando diciamo “liturgia” intendiamo un movimento, un dinamismo. Intendiamo dire, così come ci insegna il Concilio, che la liturgia è la Pasqua di Gesù, il suo sacerdozio, che continua ad essere presente, attivo; l’esercizio del sacerdozio di Cristo nell’azione celebrativa quindi attraverso i riti, le preghiere, i gesti, le parole, le cose anche, tutto ciò che fa parte della dimensione attuale dell’azione celebrativa.
Quindi è la Pasqua di Gesù presente nell’azione celebrativa per la santificazione dei fedeli, cioè perchè la nostra vita possa essere plasmata dalla Pasqua.
Quindi noi nell’azione celebrativa incontriamo la sua presenza molteplice; abbiamo detto, in tanti modi, una presenza che agisce e che vuole coinvolgere la nostra esistenza.
E noi siamo coinvolti dalla Pasqua nel partecipare all’azione celebrativa.
In che modo la Pasqua di Gesù è presente nell’azione celebrativa? Abbiamo detto le varie realtà, ma la categoria con la quale si rende presente, la Pasqua, è una categoria che noi abbiamo imparato da Israele che è un popolo che sa pregare ed è la categoria del MEMORIALE: la Pasqua di Gesù è presente nelle nostre azioni celebrative perchè noi ne facciamo MEMORIA, “memoriale”, e qui su questo non mi trattengo ma sappiamo il senso profondo di quest’espressione.
Non è semplicemente un “ricordo” ma è il rendere presente.
Israele quando celebra la cena pasquale non fa semplicemente un ricordo dell’uscita dall’Egitto attraverso il mare aperto, ma rende PRESENTE quell’evento, per cui la cena pasquale di Israele è l’uscita dall’Egitto per l’Israele di sempre.
Ciò che accade ogni volta che Israele mangia la cena pasquale è il passare attraverso il Mar Rosso per l’Israele di sempre.
Per noi il memoriale è allo stesso modo con cui si rende presente la Pasqua di Gesù.
Per la verità c’è differenza non da poco.
Lo dico brevemente: quando Israele fa memoria, diciamo, della pasqua come evento principale, di quest’esperienza di liberazione, di questo Dio che è entrato nella storia di questo popolo.
Quando Israele fa memoria della liberazione dall’Egitto fa la memoria di un fatto di salvezza, ma quel fatto di salvezza realizzato è in realtà di se stesso, profetico. Cioè attende un ALTRO evento di salvezza,. quello definitivo, pieno.
Per cui fa memoria di un fatto di salvezza in ATTESA che si compia, con la venuta del Messia, la salvezza piena.
Noi invece quando facciamo memoria della Pasqua facciamo memoria della PIENEZZA della salvezza, non di un fatto che attende un compimento, ma di una salvezza realizzata, compiuta.
Non è una differenza da poco!
Come facciamo memoria? Come si rende presente la Pasqua di Gesù? Si rende presente proprio attraverso le parole, i gesti, i riti, le preghiere, tutto ciò che fa parte dell’azione celebrativa.
In questo noi abbiamo come una GARANZIA da parte della Chiesa, che ci consegna un’azione celebrativa e che, dicevo la volta scorsa, non è disponibile, cioè è indisponibile alle nostre sensibilità, alle nostre fantasie, perchè è la celebrazione che la CHIESA ci consegna.
Abbiamo la garanzia che nelle parole e nei gesti che noi compiamo nell’azione celebrativa si rende presente la PASQUA, nel suo molteplice agire chiaramente.
La questione è COME noi veniamo coinvolti dalla Pasqua? Quindi la questione è esattamente la nostra partecipazione.
La Pasqua è presente nell’azione celebrativa facendo memoriale, che è un modo forte, di pregare. Noi preghiamo così, facendo memoriale. Non so… a volte ci sfugge un po’ anche la forza di questo modo di rivolgerci a Dio; penso alla grande preghiera di benedizione dell’acqua del fonte battesimale: è un racconto fatto a Dio di che cosa Dio ha fatto servendosi della Sua creatura ACQUA, pensateci un po’: noi raccontiamo a Dio ciò che Lui ha fatto servendosi dell’acqua Sua creatura.
Anzi Gli diciamo: Tu quando hai creato l’acqua avevi in mente il Battesimo.
Pensate che immagine forte: il modo di pregare facendo il memoriale è un modo forte di rivolgersi a Dio.
A me sembra che sia come mettere un po’ Dio con le spalle al muro dicendo: hai fatto questo, non puoi NON rifarlo adesso! Per quella benedizione!
Quando noi abbiamo bisogno dell’acqua battesimale noi diciamo: Tu hai fatto quell’acqua pensando al Battesimo, poi ti sei servito dell’ acqua per PREPARARLA a diventare l’acqua del Battesimo.
Prima ci hai fatto PLANARE lo Spirito, racconta la Genesi, poi l’hai usata per LAVARE il luogo nel diluvio universale, poi l’hai USATA come strumento di liberazione quando l’hai aperta per far passare il Tuo popolo, poi l’hai fatta SCATURIRE dal costato del Tuo Figlio, mescolato al Suo Sangue.
Adesso noi abbiamo bisogno di QUELL’ACQUA!
Per questa fonte battesimale; e, come dicevamo all’inizio, quel Battesimo diventa l’oggi della storia della salvezza.
Per cui quando Dio ha creato l’acqua pensava al MIO Battesimo, al Battesimo di ciascuno di noi.
Senti come stiamo dentro a questa storia? Il modo in cui chiediamo che quell’acqua venga trasformata dall’azione dello Spirito è dire:
TU L’HAI FATTO, NON PUOI NON RIPETERLO ORA!
Se ci pensate, quando celebriamo l’Eucaristia, raggiungiamo il massimo della potenza del memoriale perchè noi, a volte, non ci pensiamo che è così forte il modo di pregare nell’Eucaristia: noi RACCONTIAMO al Padre l’Ultima Cena del Suo Figlio: la Preghiera Eucaristica è rivolta al Padre.
E noi diciamo al Padre: guarda, Ti ricordiamo che nell’Ultima Cena Lui ha preso il pane, lo ha spezzato, ha detto queste parole. ADESSO qui per noi E’ LA STESSA COSA: rendi presente quella Cena!
Senti che modo forte anche questo di raccontare al Padre l’Ultima Cena?
Per cui il Padre appena sente il racconto dell’Ultima Cena non può, per L’AMORE, per l’Amore con il quale ci ha amato, non può non rendere presente l’Ultima Cena per noi.
Memoriale: l’azione celebrativa contiene questa forza.
Questa forza, stavo dicendo, è per noi GARANTITA, garantita dalla Chiesa, la Chiesa garantisce questo!
La celebrazione che la Chiesa ci consegna, che – ripeto – non è disponibile alle nostre fantasie, sensibilità, e anche alle nostre comprensioni, perchè è ciò che la Chiesa ci consegna; ha in sè, contiene in sè QUESTA POTENZA.
Allora mi vuoi dire perchè io vado a Messa tutti i giorni e poi la mia vita non cambia? Cos’è che non funziona? Non funziona il memoriale?
No, il memoriale funziona, ce lo garantisce la Chiesa che funziona. Qual è la questione allora? La questione è la MIA partecipazione, la QUALITA’ della mia partecipazione.
Il Concilio, dopo averci detto che cos’è la liturgia, dopo averci parlato di questa molteplice presenza, insiste molto su questa questione.
Perchè comprendete che, questo dinamismo, il mistero pasquale, l’azione celebrativa, la nostra vita, se ha un punto dove può incepparsi è ESATTAMENTE nella nostra partecipazione.
Noi possiamo rendere, pensate, INEFFICACE la potenza della Pasqua presente in ogni azione celebrativa; dipende dalla nostra qualità di partecipazione.
Per questo il Concilio ci dice, la n. 14 della Sacrosantum Concilium, dice: “La Madre Chiesa desidera ARDENTEMENTE ardentemente”- “ardentemente” vuol dire desiderio forte- “che tutti i fedeli vengano guidati alla piena, consapevole e attiva partecipazione delle celebrazioni liturgiche che è richiesta dalla natura stessa della liturgia, e alla quale il popolo cristiano, stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto, ha diritto e dovere in forza del Battesimo”.
Dice che la partecipazione, che qui qualifica con questi aggettivi e ciascuno meriterebbe un lungo commento anche perchè sono attributi che hanno una loro storia.
Parla di “partecipazione piena, consapevole, attiva”.
Questa partecipazione, nelle celebrazioni liturgiche, è richiesta dalla natura stessa della liturgia. Che è, come abbiamo detto, quel dinamismo che fa, della nostra partecipazione, un punto nevralgico.
Allora io vorrei provare a dire qualcosa di questo, della nostra partecipazione,
Noi, quando diciamo “partecipazione”, rischiamo di avere, come dire, una comprensione un po’ limitata di partecipazione.
Che so, quando dici: “ho partecipato bene alla celebrazione”, quando lo dici? Magari quando hai sentito una qualche forma, una qualche intensità di coinvolgimento emotivo.
Magari perchè hai sentito quel canto che ti piace tanto.
Magari non è così, però può accadere che è per quel canto che ti piace tanto e se non c’è quel canto allora senti di partecipare di meno.
Ma capite che se fosse questa la partecipazione…. un qualcosa che dipende dalle mie emozioni, da ciò che sento o non sento, saremmo messi molto in difficoltà, saremmo un po’ nei guai se davvero la partecipazione di cui ci parla il Concilio sarebbe semplicemente un coinvolgimento emotivo, lo capiamo bene.
Anche perchè poi quante volte questo coinvolgimento emotivo dipende da come noi stiamo? Noi siamo “centrifugati” dalla vita per cui, prima di riuscire proprio a scaturire una connessione con la celebrazione ….eh, ci vuole a volte quasi tutta la celebrazione, e nemmeno ci basta!
Noi ce ne accorgiamo, c’è come un continuo rumore attorno a noi, dentro di noi; te ne accorgi per come sei continuamente “strattonato” dai tuoi pensieri, dalle tue preoccupazioni, dalle tue distrazioni..
E in quale partecipazione possiamo sperare dentro un mondo emotivo a volte così frammentato, devastato? Perchè siamo così eh? La nostra partecipazione richiede anche una grande cura interiore.
Per cui non può essere soltanto una partecipazione emotiva ma… attenti! Non sto dicendo che NON C’E’ emozione nella partecipazione liturgica! Perchè la partecipazione liturgica, adesso proveremo a dire come, coinvolge TUTTO della persona! E quindi anche le emozioni.
Non può essere, la partecipazione, di come sono stato attento: “ho partecipato perchè ho capito tutto quello che è stato detto”.
Ma è questo? Ma se la questione è COMPROMETTERE la nostra esistenza con la Pasqua, basta questo livello, quello del capire?? Possiamo noi pensare che l’efficacia della Parola si riduca semplicemente ad una elaborazione mentale di un concetto, per cui ascolto una parola e la trasformo in un’idea dentro di me? Questo può aver la forza di impastare la nostra vita con la Pasqua??
C’è una canzone di Giorgio Gaber, perdonate l’ “altezza” della citazione, che dice così: “un’idea, un concetto, un’idea finchè resta un’idea è soltanto un’astrazione. Se potessi mangiare un’idea avrei già fatto la mia rivoluzione”.
Io non so a cosa pensasse Gaber dicendo questo, a me però impressiona la forza di questa intuizione… poi la canzone è simpatica, è molto ironica.
Però dice: “un’idea non ha la forza di cambiare la vita. Se potessi mangiare un’idea allora avrei fatto già la mia rivoluzione”.
Io la sento una cosa molto cristiana questa: noi mangiamo non un’idea, mangiamo la Pasqua, capite? Non possiamo ridurre la Pasqua ad un’idea, perchè questa non ci cambia la vita.
Capisci subito che allora la partecipazione NON E’ SOLO questione di emozioni, di ciò che senti.
La partecipazione di cui stiamo parlando NON E’ semplicemente questione di ciò che capisci!
Non sto escludendo queste componenti, eh? Sono componenti ben presenti: il nostro mondo emotivo, la nostra ragione, la nostra conoscenza, anche, lo studio, tutto.
Ma non può essere SOLO QUESTO, perchè questo non arriva a compromettere la nostra esistenza con la Pasqua!
Occorre qualcos’altro. Cioè è ad un altro livello, più profondo che riesce a coinvolgere anche queste dimensioni. Altrimenti NON ACCADE NULLA!
E quante volte, parlo per me, quante volte mi accorgo che la mia partecipazione – come dire – non genera vita? Non mi cambia la vita, non mi cambia l’esistenza!
La nostra fede… noi siamo diventati Suoi discepoli NON SOLO perchè abbiamo accolto mentalmente un’annuncio ma PERCHE’ abbiamo fatto esperienza, o meglio, perchè abbiamo INCONTRATO la Presenza dello Spirito che ha preso possesso di noi!
Noi non siamo cristiani perchè abbiamo ascoltato l’annuncio del Vangelo e vi abbiamo aderito mentalmente…questo è certamente necessario, fondamentale, ma la fede, a questo livello intendo dire, non comporta una nostra incorporazione a Cristo, conformazione a Lui.
Come accade che io posso essere conformato a Cristo o perlomeno iniziare un processo di reale conformazione?
Accade quando io INCONTRO il dono dello Spirito, la Persona dello Spirito! E dove mi vien dato di poter incontrare la Persona dello Spirito? Nel Mistero del Battesimo o comunque nel Sacramento dell’iniziazione cristiana. Dove io, in forza dell’annuncio che ho ricevuto, incontro la presenza di una persona, lo Spirito, che è il dono della Pasqua, che mi permette una conoscenza di Gesù Cristo che non si ferma ad un’emozione o ad un’idea ma che diventa COMPROMISSIONE della mia vita.
Dentro di noi lo Spirito è presente, in forza dei Sacramenti di iniziazione, e vuole trasformare la nostra vita nella vita di Gesù Cristo, volendo operare la piena conformazione a Cristo.
Lo Spirito fa sempre e solo il Corpo di Cristo. E ne vedi la potenza, l’efficacia quando, invocato sull’altare sul pane e sul vino, trasforma il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo.
E lo Spirito vuole fare LA STESSA COSA con noi! Ma noi lo Spirito DOVE lo incontriamo? DOVE abbiamo la garanzia che ci viene dato lo Spirito? Nella celebrazione dei Misteri, nei Sacramenti. Lì ci vien data la garanzia che lo Spirito Santo è presente e agisce e coinvolge la nostra vita; e nella varietà dei Sacramenti ci viene detto anche che lo Spirito ha in noi una molteplice azione a seconda anche di come STIAMO e di cosa siamo chiamati a vivere.
Siamo nel peccato? Lo Spirito che incontriamo nel Sacramento della Penitenza diventa per noi riconciliazione.
Sei nella malattia e nella sofferenza? Nel Sacramento dell’Unzione incontri lo Spirito che diventa per te la possibilità di unire la tua sofferenza alla sofferenza di Cristo.
Ma il tutto avviene in forza dell’azione dello Spirito.
La partecipazione non è questione di emozione o di comprensione mentale: la partecipazione è sempre questione, io dico, di compromissione con la persona dello Spirito. Per permettere allo Spirito di fare in noi ciò per cui E’ STATO MANDATO.
Che cosa? Gesù Cristo.
Come? Facendoci conoscere la Pasqua.
Dove? Nelle situazioni di vita, in ciò che noi siamo, là dove viviamo.
La celebrazione ha questa potenza: CONTIENE la potenza dello Spirito. Sta a noi entrare DENTRO la celebrazione con questa consapevolezza, con questa consapevolezza anche del linguaggio che usa la liturgia; dicevamo la volta scorsa… la potenza dei simboli è lasciare che lo Spirito, dentro di noi, riconosca lo stesso Spirito presente nell’azione celebrativa e scateni dentro di noi quell’azione che ci viene semplicemente resa incondizionata e che ci permette di conformarci a Cristo.
Ma questo come avviene? Avviene attraverso le parole, i gesti, senza di questo NON C’E’ partecipazione.
La partecipazione alla celebrazione avviene sempre e solo in FORZA del dono dello Spirito.
La nostra relazione con Gesù Cristo non può diventare, ripeto, un’elaborazione della nostra mente.
Tra il Risorto e i Suoi, nel Cenacolo, non c’è semplicemente la forza di un ricordo che si impone, magari con alcune apparizioni.
Se fosse così, Se Lui si fosse affidato ad un ricordo di Sè, magari anche un po’ rafforzato da quei 40 giorni di apparizione… ma è evidente che Lui sarebbe finito con lo sbiadire di quel ricordo!
Perchè tutti i nostri ricordi sono segnati dalla nostra fragilità, sbiadiscono tutti; a volte facciamo fatica anche a ricordare il volto delle persone amate.
Accade, questo, tutto si ingiallisce.
E questo, il rapporto tra il Risorto e i Suoi non sta solo nel ricordo; certo, Lui visse con loro, ma sta nel dono dello Spirito che è Persona. Cristo, l’Unto, il Consacrato -dicevamo la prima volta- cioè intriso di Spirito; Egli ha effuso il Suo Spirito nella Pasqua e lo Spirito raggiunge noi in che modo? NON SOLO credendo questa Parola, ma ATTRAVERSO le parole, i gesti e le cose dell’azione celebrativa; per cui nell’azione celebrativa TUTTO è intriso di Spirito. E TUTTO ha forza nell’azione dello Spirito.
Noi siamo un po’ abituati, ditemi se mi sbaglio, ad avere con lo Spirito una strana relazione: l’unica cosa che facciamo con lo Spirito è invocarlo. come abbiamo fatto prima.
E facciamo bene a fare l’invocazione dello Spirito, eh? Vieni Santo Spirito!
Però poi accade che se questa è L’UNICA modalità di relazione con lo Spirito, cioè se noi allo Spirito diciamo sempre e solo “Vieni”, rischiamo poi di vivere come se Lui non ci fosse mai. Se quella è l’unica relazione.
Se Gli dici sempre e solo “Vieni” e poi NON CONSIDERI che l’invocazione della Chiesa, l’epiclesi, chiama lo Spirito sopra (ogni Sacramento contiene un’epiclesi cioè un’invocazione dello Spirito che è l’invocazione della Chiesa e rende presente lo Spirito) ..e poi lo Spirito viene ma poi FA QUALCOSA! Noi sempre e solo “vieni”.
Ma poi Lui risponde a questa chiamata, certo che risponde! E le conseguenze quali sono? Quali sono le conseguenze della Sua presenza?
Noi abbiamo la CERTEZZA, nell’azione celebrativa, che lo Spirito invocato VIENE.
Lo invochiamo sul pane e sul vino: viene. E fa ciò che la Chiesa dice: Del pane il Corpo, del vino il Sangue.
Lo invochiamo sul battezzato peccatore pentito, e fa ciò che la Chiesa chiede: riconcilia.
E così per tutti i sacramenti.
Lo Spirito invocato viene e FA. Compie l’azione.
A noi a volte sfugge questa dimensione. Cioè la dimensione dell’AZIONE dello Spirito, di che cosa lo Spirito FA.
Come si dispiega completamente questa azione? Si dispiega con il linguaggio della liturgia, nelle parole e nei gesti della liturgia. Di cui noi dobbiamo avere quella comprensione di cui dicevamo la volta scorsa e di cui vi accennavo ora.
Cioè quella comprensione del valore delle nostre parole e dei nostri gesti nell’azione celebrativa che hanno la forza del simbolo. Non del “facciamo finta che sia”. O semplicemente di un rimando, ma del simbolo, come dicevamo.
Questa doppia realtà: pane e Corpo, vino e Sangue.
Dicevamo anche che il simbolo è una realtà potentissima ma anche fragile. Fragile, se noi non lo riconosciamo come tale.
Cosa c’è di più fragile, di più debole, di più inerme di una piccola porzione di pane, dice Francesco?
Cosa c’è di più fragile di una porziuncola di pane.
Eppure, Francesco, che comprende che cosa è quella piccola porzione di pane: c’è tutta l’ umanità REDENTA, ESULTAil cielo quando è sull’altare nelle mani del SACERDOTE.
Il simbolo è una realtà umanissima e fragile: va conosciuto, va rispettato.
A noi vien dato di INCONTRARE lo Spirito, che è la Persona che ANIMA la Liturgia, ma noi a volte usiamo immagini inappropriate. “Anima” la liturgia quello che suona la chitarra e sta sull’ambone.
No, semmai quello può essere motivo di DISTURBO, il più delle volte. Anima la liturgia LO SPIRITO.
Poi ci sarà un servizio del canto, che verrà fatto in modo corretto, perchè se poi appare che è lui l’animatore della liturgia già non ci siamo.
A noi serve di fare in modo di comprendere che è lo Spirito che anima la liturgia.
Ma questo accade, dicevo, attraverso le parole e i gesti.
Per cui la questione della partecipazione è intanto questione che attiene allo Spirito, all’azione che lo Spirito vuole compiere, una volta invocato.
E nella nostra azione celebrativa lo Spirito SEMPRE viene invocato e a Lui SEMPRE viene chiesta un’azione specifica.
Ogni Sacramento è un’azione dello Spirito specifica SEMPRE con la stessa finalità, eh? Farci partecipi della Pasqua.
Allora adesso vorrei farvi alcuni esempi aggiungendo qualcosa per comprendere insieme appunto qual è la qualità della partecipazione che l’azione celebrativa ci chiede.
Allora tutto nell’azione celebrativa è animata dallo Spirito, tutto rimanda alla Sua presenza e alla Sua azione.
Abituatevi a dire sempre PRESENZA e AZIONE dello Spirito.
Lo Spirito, invocato, VIENE, è presente. Ma viene per FARE qualcosa. Ciò che lo Spirito fa, lo abbiamo detto, è sempre e solo il Corpo di Cristo. Lo fa col pane e lo fa con noi. Vorrebbe, perlomeno, farlo con noi. Cerca la disponibilità per poterlo fare. E lo fa facendoci vivere la Pasqua, a seconda di ciò che noi stiamo vivendo, cioè impastandoci con la Pasqua nel momento in cui ci troviamo.
Allora provo a fare alcuni esempi di come lo Spirito è presente, per poi capire anche quale partecipazione ci chiede.
Sempre a livello di linguaggio simbolico che, ripeto, non è “far finta che sia” o semplicemente un rimando ma è la realtà di SEMPRE, la Pasqua di SEMPRE.
Allora dico di un simbolo dello Spirito, della presenza dell’azione dello Spirito che è il più potente e quindi anche il più fragile.
E’ insita nel simbolo, questa contraddizione. Vi dico qual è il simbolo più potente della presenza dell’azione dello Spirito e per questo anche quello più esposto, quello più fragile di tutti. Sapete qual è?
E’ il SILENZIO, il silenzio.
Ascoltate cosa dice Romano Guardini, grande maestro, rispetto al silenzio. Ho delle pagine bellissime di un libro che si intitola “Il testamento di Gesù” .. che ci serve, leggetevelo! …. piuttosto che tante altre cose…i maestri dobbiamo leggere noi! “II testamento di Gesù” ci aiuta ad entrare dentro la celebrazione eucaristica.
Sentite cosa dice del silenzio, è una citazione, sono tre capitoli che aprono questo libro.
“Il tema è la liturgia e, a mio avviso, la vita liturgica inizia con il silenzio. Senza di esso tutto appare inutile e vano”.
Nessuna pretesa insolita di carattere estetico, eh? Considerare il silenzio come un argomento che va da sè significherebbe vanificare tutto, noi abbiamo una comprensione del silenzio come se fosse più un “non fare”: sto zitto, faccio silenzio per il fatto che non parlo o non faccio rumori.
Ma NON è così, non è di questo silenzio che sta parlando Guardini!
Il tema è molto serio, molto importante e molto trascurato: il PRIMO presupposto di ogni AZIONE SACRA.
Arriva fino a dire, più avanti, che SENZA SILENZIO NON C’E’ CELEBRAZIONE.
Ah, forse ci viene qualche intuizione del “perchè” le nostre celebrazioni non funzionano!!
C’è silenzio nelle nostre celebrazioni?
Eppure se tu vai a vedere il rito, per come la Chiesa ce lo consegna… dicevo che la Chiesa ci garantisce che nella celebrazione c’è la presenza dello Spirito…. poi però noi celebriamo a seconda delle nostre fantasie.
Se tu vai a vedere, faccio un esempio sulla celebrazione eucaristica, se tu vai a vedere come la Chiesa ci consegna la celebrazione eucaristica, il silenzio è esattamente un gesto rituale PRESCRITTO.
In molti momenti della celebrazione.
Dice l’Ordinamento Generale del Messale Romano, n° 45: “Si deve anche osservare, a suo tempo, il sacro silenzio come PARTE della celebrazione”.
Già questo: “parte della celebrazione”, non è sospensione.
Noi abbiamo questa impressione: tu prova a fare una pausa di silenzio che supera i 7 secondi, e già senti che si crea nell’assemblea la “sindrome dell’ascensore”.
Quando vai in ascensore con qualcuno che non conosci, devi fare un piano, e un piano ti sembra un’eternità e non sai cosa dire.
E’ così, tu fai un silenzio di 7 secondi…. e subito tutti pensano: “ma perchè non parla?”
Noi poi abbiamo questo “horror” che appena c’è un momento di silenzio dobbiamo RIEMPIRLO, riempirlo con le nostre parole, le nostre agitazioni.
Dice il Messale: “Il silenzio è PARTE della celebrazione”; non è la sospensione per cui non facciamo niente, stiamo zitti e la celebrazione è sospesa, no!! E’ PARTE della celebrazione.
“La sua natura”, parla della natura del silenzio, “dipende dal momento in cui ha luogo la singola celebrazione”.
E’ particolare questa cosa, eh? Dice: non è sempre lo stesso; cambia natura. Il silenzio, dentro l’azione celebrativa, cambia natura; e in che modo cambia natura? A seconda del momento in cui viene fatto. Ricordate che abbiamo detto? Non pensiate che il silenzio sia un argomento che “va da sè”, come un qualcosa che si fa in modo automatico: stai zitto, non ti muovi, non fai rumore, allora vuol dire che fai silenzio.
No. Il silenzio cambia natura in base al MOMENTO in cui viene fatto nella celebrazione. E quindi vi sono alcuni momenti in cui il silenzio deve essere fatto.
Cioè sono indicazioni RITUALI, cioè gesti da FARE nell’azione celebrativa.
Dice, così: “Durante l’atto penitenziale”… e parte subito dall’atto penitenziale perchè è PARTE della celebrazione.
In realtà c’è un momento che PRECEDE l’atto penitenziale: è il nostro INGRESSO in chiesa.
Noi viviamo in una città; ebbene dovremmo fare esperienza -lo accennavo la volta scorsa- entrando in chiesa, di entrare in un luogo che è, sì sulla terra, ma che, in qualche modo, CI FA SENTIRE IN CIELO.
Noi dovremmo, entrando in chiesa, sentire che questo è un posto di confine, di passaggio, tra TERRA E CIELO.
Una questione decisiva è quella del silenzio. Se tu entri dentro e ti porti dentro tutti i rumori del mondo… prima che tu possa fare il gesto rituale del silenzio ci vorrà quanto? Quanto ci vorrà?!
E’ come se noi dovessimo far assestare i rumori dentro di noi; tu te ne accorgi, il silenzio ha poi questa forza: AMPLIFICA il mondo interiore.
Un po’ come accade con la sveglia che hai sul comodino: non è che durante il giorno senti “tic-tac, tic-tac” ma, appena spegni la luce e tutto si quieta, quel “tic tac” ti sembra un frastuono insopportabile.
Il silenzio amplifica ciò che normalmente non sentiamo, e amplifica il mondo interiore.
Se noi ci portiamo la confusione del mondo ANCHE nel luogo dove siamo chiamati a FARE silenzio come condizione necessaria per la celebrazione …. capisci che poi non partecipo? Capisci perchè la mia partecipazione non funziona? Non abbiamo le PREMESSE necessarie perchè la celebrazione possa essere efficace!
Capite come a volte siamo proprio dispersi? Poi magari facciamo le riunioni dei nostri gruppi liturgici e ci inventiamo stratagemmi per accendere l’attenzione!
Che sono esattamente la dichiarazione del fatto che NON SIAMO CAPACI di partecipare. Abbiamo bisogno di cose nuove; ad esempio alla recita dei salmi, siccome siamo molto distratti, allora vengono date delle indicazioni per i salmi: “Allora, il primo salmo lo fa il solista, poi risponderanno solo le donne, e gli uomini stanno su una gamba sola…” …. e alla fine è più difficile capire COME e QUANDO devi rispondere piuttosto che il salmo stesso!
“No, perchè così stiamo più attenti, partecipiamo meglio” ….è un inganno, è un INGANNO! Non è quello il livello della partecipazione. La fantasia ha potere: ci inventiamo gesti, segni, che sono invece il più delle volte la dichiarazione che non sappiamo che cos’è una partecipazione perchè ci mancano i FONDAMENTI della partecipazione. E uno di questi è il silenzio.
Allora dicevo: c’è un silenzio che inizia, a me viene da dire che comincia da quando USCIAMO DI CASA per venire a Messa. Non è che non dobbiamo salutare nessuno… non è questo, è INTERIORMENTE: devi già PREDISPORTI al silenzio.
Non che vieni qui dopo che hai finito di parlare con quello che ti è vicino ….e poi non voglio dirvi di che cosa… e arrivi a canto inoltrato. E poi cosa pensi….che immediatamente “scatti” chissà quale qualità di partecipazione?
Deve esserci un silenzio che precede, un luogo dove regna il silenzio ma – ripeto,- come diceva Guardini, non è un fatto estetico: di più, MOLTO DI PIU’, molto alto, che è il simbolo dello Spirito.
Ma torniamo a quelle che dice il Messale:
“La sua natura dipende dal momento e dal luogo delle sue singole circostanze. Così, durante l’atto penitenziale, e DOPO l’invito alla preghiera, il silenzio AIUTA IL RACCOGLIMENTO.
DOPO la lettura e l’omelia, è un RICHIAMO A MEDITARE ciò che si è ascoltato, DOPO la Comunione FAVORISCE LA PREGHIERA INTERIORE interiore di lode e di supplica.
Anche PRIMA della stessa celebrazione è bene osservare il silenzio in chiesa, in sacrestia, nel luogo dove si assumono i paramenti e nei locali annessi…”; tutto immerso nel silenzio.
Se ci pensi, poi …è il luogo delle chiacchiere, “nei locali annessi, in modo che tutti possano prepararsi adeguatamente e nei giusti modi alla sacra celebrazione”.
Attenti, eh, perchè questo ci aiuta molto; Guardini dice: “Non illudetevi: senza silenzio NON C’E’ celebrazione”, cioè senza silenzio non è possibile la partecipazione di cui stiamo parlando.
Avete sentito cosa dice? Dice una cosa importante: “cambia natura a seconda dei momenti”… e qui ti dà – sono delle note molto sintetiche – delle indicazioni per farti capire qual è la natura del silenzio nei vari momenti.
Intanto cominciamo a cogliere questo: che TUTTA la celebrazione, parliamo della celebrazione eucaristica, ad esempio, ma ogni celebrazione sacramentale è segnata dal silenzio… dovrebbe esserci silenzio PRIMA, POI all’atto penitenziale, DOPO l’invito: “preghiamo”, PRIMA della preghiera di colletta.
Tra: “preghiamo” e la preghiera di colletta c’è uno spazio di silenzio.
Tutta la liturgia DELLA PAROLA è immersa dentro il silenzio.
Noi invece… la prima lettura che proclamiamo è sempre “dal primo libro dei ‘banchi che scricchiolano’ “…. perchè non fai in tempo nemmeno ad ascoltare da dove leggi ….perchè ti siedi, devi sistemare la borsa, c’è sempre qualcosa che devi prendere…e poi vuoi aprire la caramella e la caramella fa un tale frastuono! Ma PERCHE’ siamo così? Siamo “frullati”.
La liturgia della Parola è immersa dentro il silenzio.
Prima della proclamazione della Parola noi dovremmo poter sentire il silenzio. Non sto dicendo che dobbiamo fare una pausa infinita, eh? Perchè bastano 5 secondi per sentire il silenzio, però LO DEVI SENTIRE!
Perchè se io adesso mi fermo 5 secondi (si ferma per 5 secondi)….
Ecco, hai sentito che c’è la ventola che fa rumore, però hai sentito che stai FACENDO silenzio.
Cioè il silenzio, prima delle letture, NON E’ quello stacco minimo per prendere fiato tra una Parola e l’altra; E’ uno stacco minimo – perchè 5 secondi bastano – per sentire il silenzio. Tra una lettura e l’altra, prima dell’omelia, c’è silenzio.
Ma ripeto è un silenzio PRESCRITTO, cioè un fatto RITUALE, un gesto DA COMPIERE.
C’è silenzio nel compiere la preghiera eucaristica: al momento dell’elevazione del Corpo e del Sangue di Cristo c’è silenzio.
C’è silenzio dopo la Comunione.
Capite quanto è importante questa cosa? Se tu guardi semplicemente i momenti in cui è prescritto il silenzio già ti sorprende tutta la celebrazione.
Quasi verrebbe da dire che la celebrazione è ESSENZIALMENTE silenzio e DENTRO questo silenzio emergono parole, gesti, DENTRO il silenzio.
La frequenza, la lunghezza d’onda, è il SILENZIO, perchè lo Spirito parla su questa frequenza.
Notate, dice il Messale, come questo silenzio cambia natura a seconda del momento.
Ma come accade ‘sta cosa?
Dico subito la soluzione: cambia natura perchè il silenzio nell’azione celebrativa è simbolo della presenza e dell’azione dello Spirito per cui quando tu fai silenzio, quando l’assemblea fa silenzio, fa il gesto rituale che rende presente il SIMBOLO dello Spirito che è presente e agisce.
Perchè cambia natura? Perchè cambia l’AZIONE che lo Spirito fa!
E’ sempre LO STESSO Spirito, è sempre la Persona divina dello Spirito ma all’inizio della celebrazione ti muove al PENTIMENTO, fiducioso nella misericordia di Dio nell’atto penitenziale; quando il prete ti invita e dice: “preghiamo” SUSCITA nell’assemblea la preghiera. E’ chiaro che però il prete ti deve dare il tempo di pregare nel silenzio! Per poi raccogliere e fare colletta con la sua preghiera. Tu inviti l’assemblea a pregare e poi non le dai il tempo!
Dopo il: “preghiamo” c’è una pausa di silenzio! Non penso a delle pause infinite, penso a quella pause sufficienti per dire: “sto facendo silenzio e in questo momento lo Spirito presente mi muove alla preghiera”.
Qual è la preghiera che lo Spirito fa dentro di me? Perchè è questo che accade.
C’è silenzio, dicevamo, nella liturgia della Parola che è fondamentale perchè la Parola si muove sulla frequenza dello Spirito, è ispirata dallo Spirito e ci raggiunge su QUELLA frequenza!
San Francesco dice che quando facciamo la Comunione è lo Spirito CHE E’ IN NOI che RICONOSCE il Corpo di Cristo!
E la stessa cosa vale per la Parola: è lo Spirito CHE E’ IN NOI che riconosce la Parola che Dio stesso ha ispirato!
Capisci allora che il silenzio della Liturgia della Parola è L’ASCOLTO.
Vorrei dire qualcosa su questo ma….
E l’ascolto è una modalità di partecipazione FONDAMENTALE della celebrazione.
Poi lo stesso gesto, sempre il silenzio, lo troviamo dicevamo al momento dell’elevazione. E COSA fa lì lo Spirito? Ci muove all’ADORAZIONE, ci spinge all’adorazione.
Poi lo ritroviamo dopo la Comunione. COSA fa lo Spirito dopo la Comunione? Ci suggerisce le conseguenze dell’aver mangiato il Corpo di Cristo!
Dice : “ma guarda che nella tua vita il fatto che tu adesso hai mangiato il Corpo di Cristo porta queste decisioni!” ..e devi lasciartelo dire dallo Spirito, nel SILENZIO.
E’ chiaro che se poi termina la celebrazione e noi ci “rituffiamo” subito, alziamo subito il volume e ci “rituffiamo” subito dentro la confusione, è chiaro che forse facciamo fatica a custodire quell’intuizione che lo Spirito ci dà.
La partecipazione si muove a questo livello di disponibilità all’azione dello Spirito come la sua presenza per renderci disponibili, docili, per arrenderci alla sua azione.
Adesso mi fermo.
Senti già allora che se Guardini dice che queste condizioni sono necessarie alla celebrazione, senti già subito come questo QUALIFICA la nostra celebrazione e ti fa subito capire quello che dicevamo all’inizio: non è semplicemente un’ attenzione mentale od emotiva, è stare DI FRONTE alla presenza di una Persona, che è lo SPIRITO SANTO, e che agisce in tanti modi nella celebrazione, permettendo che la sua azione sia libera dentro di noi, che non trovi ostacoli, che non trovi l’ostacolo delle nostre confusioni interiori, delle nostre chiusure, delle nostre paure. Che possa entrare dentro di noi e muoversi. E fare ciò che fa con il pane e con il vino.
Tutta la partecipazione liturgica è questione di RESA all’azione dello Spirito. Che si rende presente in tutti questi simboli, di cui abbiamo detto il silenzio è il simbolo PER ECCELLENZA.
E capite già subito, in questo, quante cose dovremmo dirci…!
Già se noi, da stasera, dicessimo: “mah, fammi un po’ vigilare sul come faccio silenzio” …innanzitutto chi presiede. Perchè chi presiede condiziona sempre la sintonia con i fedeli, nel bene e nel male.
E poi anche qui, quando dico che il rito è indisponibile alle nostre sensibilità vuol dire che tu all’assemblea devi dare IL RITO che la Chiesa consegna e che non si può improvvisare.
Possiamo forse vivere nel caos totale e poi pretendere che varcando la soglia di questa chiesa non ce lo portiamo dietro? Forse dovremmo avere dei momenti in cui ci sintonizziamo di più sulla frequenza del silenzio….non so se sono riuscito a spiegarmi: non è tanto il mio sforzo ma è lo Spirito PRESENTE che muove dentro di me dei sentimenti.
E’ una resa alla sua azione altrimenti diventa tutto volontarismo.
E’ così, nella celebrazione noi riceviamo, veniamo trasformati…
L’altra cosa che volevo dirvi, e con questo concludo, forse ne parleremo più in là: noi celebriamo con parole, gesti, cose, soprattutto con il CORPO, il nostro corpo.
E anche qui si apre uno spazio dentro il quale spesso siamo analfabeti, anche se la celebrazione ci suggerisce molte cose.
Tu guarda tutti i gesti che noi, nella celebrazione, facciamo con il corpo: CAMMINIAMO durante le processioni dell’offertorio e alla Comunione, ci INGINOCCHIAMO, stiamo SEDUTI, ci alziamo IN PIEDI, ci BATTIAMO IL PETTO, ci SEGNIAMO il corpo con la mano facendo il segno di croce…. senti che sono tutti gesti che … però poi ci facciamo l’abitudine; l’abitudine è un po’ quella nebbia che rende tutto un po’ informe, che confonde, che deturpa tutto; per cui facciamo gesti potentissimi, i SIMBOLI, ma che poi diventano inefficaci perchè ti manca quello stupore proprio dell’atto in sè.
L’abitudine ci può essere nemica, eh? Molto nemica.
Senti che sono tutte cose che facciamo con il corpo: la GESTUALITA’, e poi anche la VOCE, e poi tutto ciò che riguarda I SENSI.
La celebrazione è VISTA, è UDITO -tantissimo udito- ma è anche OLFATTO, dicevamo dell’incenso, il profumo; è anche GUSTO… Insomma tutto il corpo è coinvolto nell’azione celebrativa.
Noi celebriamo con il corpo, il nostro corpo è coinvolto dall’azione dello Spirito.
Faccio solo un esempio perchè capiate che ciascuno di questi gesti si può correggerlo o capirlo.
SEGNARSI con la croce il corpo, stare in PIEDI mentre ascolti il Vangelo, INGINOCCHIATI nell’adorazione, i gesti nostri, eh? Adesso li abbiamo eliminati perchè la genuflessione non si fa più, io faccio l’inchino… sembra “occidentalis karma”…
I gesti della nostra tradizione: stare in ginocchio… ma quante cose esprime LO STARE IN GINOCCHIO?? “Ma sì, va bene..”, ci contestano..
Ma stare in ginocchio DAVANTI A DIO… senti come ti muove un moto interiore lo stare davanti a Dio?
Vi dicevo che faccio solo un esempio, sempre prendendolo da Guardini, sul segno della croce perchè è il primo gesto che facciamo sul nostro corpo all’inizio di ogni celebrazione.
Sentite cosa dice Guardini del segno della croce.
Questo è un libretto, un contenuto che si intitola: “I santi segni”, dove ci dà dei suggerimenti su come vivere i santi segni della celebrazione.
Ascoltate cosa dice del segno di croce:
“Quando fai il segno della croce, fallo bene, non così affrettato, rattrappito, tale che nessuno capisce quello che sta a significare..”
Questi “strani” segni della croce, poi c’è sempre il bacio del dito, so’ che cos’è!!! E’ un residuo di quando, da bambino, ti hanno detto: “dai un bacio a Gesù”… e magari, magari potessimo avere ancora quel sentimento del bacio dato a Gesù! Invece…
Al mio paese, alla scuola vicino alla chiesa, una madre disse a suo figlio: “prima di andare a scuola passa in chiesa a salutare Gesù”.
E quello prima di andare a scuola apriva la porta della chiesa: “Ciao, Gesù!” . E poi andava a scuola.
Ma magari fossimo così! Magari!
Magari avessimo la purezza del dire: “diamo un bacio a Gesù”.
Però capisci quel segno “affrettato”, come dice Guardini?
“Affrettato, rattrappito”, che se uno non lo sapesse dice: “ma cosa fa, scaccia le mosche?”.
Qui dice: “Un segno della croce giusto” -dice- “cioè lento, ampio, dalla fronte al petto. Da una spalla all’altra, senti come ti abbraccia tutto?”.
“Senti come ti abbraccia?”. Cos’è che ti abbraccia? LA CROCE.
E anche questa cosa che facciamo all’inizio della celebrazione: cioè INDOSSIAMO TUTTI LO STESSO ABITO: LA CROCE.
“Senti come esso ti abbraccia tutto? Raccogli dunque bene, raccogli in questo segno tutti i pensieri e tutto l’animo tuo”.
Capisci che per far questo: “raccogli tutti i pensieri e tutto l’animo tuo” …ma capisci che per fare questo, per raccogliere tutti i pensieri, non puoi fare un gesto veloce, fatto male!
“Allora lo senti, ti avvolge tutto, corpo e anima, ti raccoglie, ti consacra, ti santifica. Senti è proprio un abbraccio. Perchè è il segno della totalità, il segno della redenzione. Sulla Croce nostro Signore, mediante la Croce santifica il mondo nella sua totalità fin nelle ultime fibre del Suo Essere. Perciò lo facciamo prima della preghiera, perchè esso ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine”.
“Ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine” : Ti permette di concentrarti in Dio.
“Dopo la preghiera, affinchè rimanga in noi quello che Dio ci ha donato. Nel pericolo, perchè ci protegga. Nell’atto della benedizione perchè la potenza della vita divina entri nell’anima e la renda feconda e consacri ogni cosa”…E va avanti. Era solo un esempio eh?
Però senti come cambierebbe la nostra partecipazione se entrassimo in un luogo in cui si vivesse il silenzio, ci avvolgessimo nel segno della croce per raccogliere tutta la nostra persona… e poi tanti altri brani… non so, una cosa che mi piace molto…-ma poi leggetelo- bisogna leggerlo con calma, però è semplice.
Quando dice: “battersi il petto”, anche qui noi facciamo quei gesti…..! Sembra che se ci battiamo il petto con vigore andiamo a scombinare non si sa bene cosa.
“Battersi il petto”, qui dice, “è un gesto che SCUOTE IL TUO MONDO INTERIORE”.
Il gesto penitenziale che scuote il tuo mondo interiore e quell’inginocchiarsi perchè l’uomo sta dinanzi a Dio.
Senti cosa sono queste cose? Sono tutti gesti del corpo che però chiedono una PARTECIPAZIONE. Questa è la partecipazione! Quando dice: “attiva, piena, consapevole”. Non è che devi fare per forza qualcosa!
Cioè la partecipazione, anzi, è soprattutto il silenzio.
Capite, non è quella dimensione esteriore la partecipazione .
E’ una partecipazione attiva ma che scuote il mondo interiore.
E così per molte altre cose, ma adesso ci fermiamo…. e comunque vogliamo portarci dentro qualcosa di questo; davvero, anche se noi semplicemente avessimo un pochino la responsabilità, se ci ricordassimo queste intuizioni, se potessimo cominciare a custodirle…..
E non andate a cercare altre stravaganze che non servono a nulla! Leggiamo i simboli che abbiamo.
Ad esempio alla Processione offertoriale: si porta il pane, il vino e l’offerta per i poveri. BASTA e avanza. Invece oggi si porta di tutto, anche il pallone: e se lo consacro tu poi lo devi consumare!
Se noi comprendessimo davvero il significato di quello che facciamo!
Ma ci sono altre cose….. la partecipazione si gioca con il coinvolgimento, con l’azione dello Spirito che, invocato, si fa presente.
Mons. Vittorio Viola
Parrocchia San Gregorio VII
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