Essere donna
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Ciò che la donna deve desiderare ed a cui deve aspirare è la famiglia, perché questa è la sua vocazione. La donna, che è chiamata alla vita coniugale dovrà pensare ai figli, ai bambini a come educarli ed anche a come giocare con loro. Per questo una donna non può continuare a giocare con i suoi piaceri e le sue lune, non può non essere capace di autogestirsi e dominarsi. Se è chiusa nel suo guscio, limitata alla sua famiglia, non è neppure più sposa, perché la donna è un grembo che accoglie l’umanità, e quindi deve chinarsi su ogni realtà umana con quella tenerezza, quella disponibilità, quell’amore, quella generosità, quell’altruismo che è proprio di una madre.
La donna è fatta per dare la vita, a costo del suo sangue e della sua stessa vita. E’ lì che si realizza, che si toglie di dosso i suoi limiti, le paure, l’egoismo, le chiusure, le timidezze, che non sono altro che banali alterazioni. La donna deve mettere al mondo la vita per sentirsi pienamente realizzata. Il Signore ha messo nel cuore, nella testa, nel corpo della donna la vita dell’umanità e lei non può rifiutare questo ruolo. La donna che non prende coscienza della sua vocazione di madre, è un mostro. Credere a questa realtà che il Signore ha messo dentro di noi significa prima di tutto accettarci come donne, e aprire il cuore alla gratitudine a Dio per averci progettate, pensate e volute così.
Allora abbiamo aperto le comunità proprio perché la donna prenda coscienza del suo valore, della sua essenzialità, del suo essere donna, del suo essere madre, del suo essere sposa. Questi sono i valori senza i quali la donna non conosce la profondità della responsabilità e usa male la sua libertà e rischia di continuare a fare la Èva dei giorni d’oggi, la Èva tentatrice, la Èva ambiziosa, la Èva sensuale, la Èva curiosa, la Èva che vuole emergere. Rimaniamo sempre con questo peccato originale addosso e lo trasferiamo all’uomo.
Così com’è avvenuto nell’Eden, continua ad avvenire purtroppo anche oggi quando la donna non conosce la propria identità, originalità e allora non scopre che dentro di sé c’è tutta la Èva ambiziosa, sensuale, prepotente, egoista. Ma c’è anche la tenerezza di Maria, la capacità di servire di Maria, la tenerezza di una madre feconda, c’è la bellezza di una sposa che attende con ansia il proprio sposo. La donna che affascina lo sposo al punto tale che decidono entrambi di stare insieme tutta la vita; la donna deve conoscere le qualità di se stessa e il potenziale che Dio le ha donato.
Se la donna non lascia invadere tutto il suo essere dì amore, se rifiuta di essere madre, non potrà neppure essere sposa. La maternità è una cosa straordinaria ed importante non da mostrare agli altri, ma da vivere.La donna sposata che rifiuta la maternità uccide sé stessa, ed infatti quelle che non vogliono i figli non sono serene, gioiose, ottimiste. Dentro la donna c’è questa splendida realtà che va annunciata.
Ma la cosa più importante nella maternità è accettare il figlio come figlio di Dio, dando a Lui fiducia massima, perché Lui sa quando è il momento ed il tempo di deporre questo Suo figlio nell’utero della donna e poi tra le braccia dei genitori. Per questo la donna non si deve solo limitare a dare la vita fisica, altrimenti quel figlio è destinato a morire. Dobbiamo accettare e credere che quel bambino, prima di essere figlio di un uomo e di una donna, e figlio di Dio che è Padre.
Credere in questo vuoi dire aspirare alla famiglia del dialogo, della comunione, del dono di sé agli altri. La donna può innalzare il mondo se è Maria, ma può abbassarlo se rimane Èva.
Suor Elvira Petrozzi
Fondatrice “Comunità Cenacolo”
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