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Droga: testimoni di speranza

28 Giugno 2013 | Filed under: Dipendenze
     

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Beati i puri di cuore, per-che vedranno Dio» (Mt 5, 8). Mi chiamo Andre) e vengo dalla Sìovacchia. Sono stato un bam­bino come tanti altri, pieno di desideri che speravo si realiz­zassero. A scuola, grazie all’aiu­to di mia madre e all’impegno, andavo bene, ottenendo spesso i voti migliori della classe. Face­vo sport, giocavo a pallone, se­guivo l’oratorio ed ero felice. La sofferenza ha iniziato a farsi strada vedendo gli scontri tra mia madre e mio padre. Dentro soffrivo per questa divisione, specialmente quando sentivo gli altri chiamare “papa” loro pa­dre.

Vedevo mio padre sola­mente al mattino, prima della scuola, e quando è definitiva­mente andato via di casa ho sofferto tanto perché avevo per­so una figura fondamentale del­la mia vita; da quel momento ho iniziato a isolarmi sempre più. Mi illudevo, cominciando a raccontare bugie e falsità, nella speranza che le cose cambiasse­ro, e vivevo sempre più la paura di sbagliare e di non essere più considerato il “bravo ragazzo” che riesce bene in tutto.

Quan­do mia madre si è sposata con un altro uomo, ho ritrovato di nuovo la speranza. Volevo vive­re come in una famiglia “nor­male” e, anche se spesso soffri­vo per la nuova autorità in casa, cercavo di obbedire e di fare amicizia. Quando avevo tredici anni ho conosciuto una compa­gnia di ragazzi più grandi di me e con loro ho cominciato con i primi spinelli. Le prime volte di­cevo di no, ma poi, vedendo che erano “tranquilli”, ho detto di sì.

La coscienza mi diceva che stavo sbagliando ma non l’ascoltavo, la soffocavo. All’ini­zio mi sembrava di avere tutto sotto controllo, ma quando poi ho iniziato a rubare i soldi in ca­sa, a mascherarmi sempre più, a non tornare quando dovevo, è iniziata la discesa che mi ha portato ad essere dipendente dalle droghe sintetiche. Non erano più “solo” spinelli, non mi bastavano, e cercavo qualco­sa di “più”, qualcosa di nuovo. Ho iniziato a frequentare i “rave partv” credendo che una “vita da sballo” fosse il vero diverti­mento, che fosse la “bella vita”.

Non ascoltavo più nessuno e mi illudevo di essere libero, cre­dendo di poter fare tutto ciò che volevo, fino al giorno in cui so­no stato arrestato. Lì è finita la mia corsa! Tutto mi è crollato addosso, tutto è divenuto insop­portabile: i rapporti in casa, con la ragazza e con gli amici. Per fare contenta mia mamma an­davo dallo psichiatra, ma gli raccontavo un po’ quello che volevo. Dopo due ricoveri per disintossicarmi sono entrato in riformatorio: ho vissuto un an­no tra giovani con i miei stessi problemi in una realtà molto dura dove vivevo tanta rabbia; non accettavo di essere rinchiu­so a soli sedici anni.

Mi rendevo conto che non ne potevo più di vivere nella falsità, ma personal­mente non sapevo cosa fosse la parola “verità”. Ricordo bene una notte in cui non riuscivo a dormire per il rimorso della co­scienza; in quel momento, per la prima volta, ho chiesto aiuto a Dio dicendo: «Dio, se ci sei,fammi vedere la strada giusta!». Dopo qualche mese è arrivato un ragazzo che mi ha racconta­to della Comunità da cui, pur­troppo, era scappato. Mi parlava di ragazzi di tutto il mondo che vivono insieme nella preghiera, nel lavoro, nell’amicizia. Mi ha toccato tanto la sua testimonian­za: anche se era scappato non ne parlava male e mi trasmetteva

molta speranza, mi diceva che avrei potuto farcela anch’io. Così ho iniziato a fare i colloqui nella mia terra, in Slovacchia, e sono entrato nella fraternità del­l’Austria. Tutto era strano: i volti sorridenti dei ragazzi, i loro oc­chi puliti e una pace che non provavo più da tanto tempo. Mi sentivo accettato per quello che ero, senza più il bisogno di mo­strare quello che non ero. Desi­deravo anch’io diventare come quei ragazzi che mi avevano ac­colto, ma pensa­vo che non fosse possibile senza l’uso di sostanze. Ripulendomi, ac­cettandomi, ma soprattutto acco­gliendo il mio passato, ho ini­ziato a fare dei passi in avanti. All’inizio pensa­vo che bastasse smettere di dro­garmi. Ma poi, l’essere scelto co­me parte del gruppo che apri­va la nuova fraternità di Loreto

e l’incontro con Madre Elvira mi hanno fatto cambiare. Mi ricordo le sue pa­role: «Ti devi mettere in ginoc­chio veramente, con fede». Da lì ho iniziato pian piano a pregare e ad affidare il mio passato nelle mani di Gesù. Tutto è cambiato: la fatica, le difficoltà… tutto ave­va finalmente un senso. Questo era il passo che mi mancava per iniziare un cammino vero.

Oggi credo che, se non ci fosse la Comunità, non ci sarei più neanch’io. Ho imparato a porta­re la mia croce, ho trovato la fe­de che non avevo, fede che ho conosciuto grazie ai ragazzi che mi hanno aiutato a fare i miei primi passi. Con l’aiuto di Dio e dei fratelli voglio vivere oggi una vita pulita, una vita vera. Voglio dire grazie a mia madre e a mio padre per la vita che mi hanno dato e per il perdono ri­trovato; grazie alla Comunità perché non ha mai smesso di credere in me. Voglio ringrazia­re la Madonna per i desideri puliti che oggi porto nel cuore e per i fratelli che mi aiutano nel mio cammino.

Andre


     

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