Don Samuele Gardinale
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Don Samuele Gardinale – Sacerdote per soli 43 giorni, è ritornato alla casa del Padre.
Nasce a Canaro ( RO) il 23 Gennaio 1966. La sua formazione cristiana è avvenuta in famiglia e nella Parrocchia di Chiesuol del Fosso dove ha scoperto la sua vocazione sacerdotale. Don Samuele dopo aver conseguito la laurea in agronomia presso l’università di Bologna, ha esercitato per alcuni anni la professione presso un consorzio agrario della provincia. Nel settembre del ’96 una svolta radicale della sua vita lo porta in seminario. La decisione di passare dall’agricoltura al lavoro nella vigna del Signore non ha sorpreso del tutto chi lo conosceva da vicino e sapeva del suo impegno nella comunità parrocchiale di Chiesuol del Fosso: catechista, animatore del gruppo giovanile, prezioso collaboratore del parroco don Umberto Poli. In seminario ha iniziato lo studio della teologia, ha svolto l’incarico di responsabile della liturgia, di educatore dei ragazzi delle medie e anche animatore nel gruppo “ genitori in cammino”.
Nel Dicembre del ’98, la malattia; il calo delle forze, i frequenti ricoveri in ospedale le trafile per le cure specialistiche non gli permettono di continuare gli studi iniziati presso l’istituto teologico S.Antonio di Bologna così come il cammino comunitario in Seminario, ritorna in famiglia per la degenza.
Il 14 Settembre del 2000 redige la domanda per essere ammesso al presbiterato esprimendo la piena consapevolezza dei limiti della sua preparazione teologica e delle sue condizioni di salute, ma esprime pur tuttavia la volontà di donare tutto quello che possiede: la vocazione di essere sacerdote di Cristo, la vita di preghiera e il cammino di fede nella sofferenza alla scuola della croce.
La decisione dell’Arcivescovo Carlo Caffarra di anticipare l’ordinazione di Samuele è stata unanimemente compresa nel suo particolare significato. La comunità è stata condotta a chinarsi su chi soffre, a raccogliere il dolore come la realtà più preziosa, vero talento nascosto. L’arcivescovo, conoscendo la grande capacità di amare di questo giovane sacerdote così esprime la sua decisione : Samuele aveva finalizzato il suo olocausto, a tre grandi fini:” la santificazione dei sacerdoti, la grazia di tante vocazioni sacerdotali e religiose, l’incontro dei giovani con Cristo.
Con dispensa della Santa sede Samuele è ordinato diacono il 22 ottobre 2000 e presbitero il 4 Novembre del 2000.
La sua prima Messa la celebra nella parrocchia di Chiesuol del Fosso il 5 nov. 2000.
Don Samuele si è spento all’ospedale Sant’Anna di Ferrara il 17 Dicembre 2000 sacerdote da soli 43 giorni.
La diocesi ha detto, pur tra le lacrime il suo grazie a Don Samuele che ha accettato di non vivere privatamente il carisma di cui il signore lo ha misteriosamente favorito. Una testimonianza di vita. Tre solo in tutto le messe da lui celebrate, ma la sua vita è stata una Messa il cui significato ha oltrepassato il rito. I funerali sono stati celebrati in Cattedrale gremita di persone con la presenza di oltre cento sacerdoti.
Ordinazione Presbiterale di don Samuele Gardinale (Ferrara, Cattedrale, 4.11.2000)
Liturgia funebre per don Samuele Gardinale – Ferrara, Cattedrale, 21.12.2000
“ Tutto ciò che il Padre ha fatto, il dono stesso che egli fece a noi del suo Unigenito, ha come scopo di renderci capaci di amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza, e di amarci reciprocamente. “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra — dice il Signore — e come vorrei che fosse acceso!” (Lc 12,49). Questo fuoco è il suo Spirito, poiché, come insegna s. Paolo, “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). Venuta nel mondo attraverso Gesù Cristo, la carità poté essere partecipata dall’uomo.
Carissimo Samuele, da tempo il Signore ti ha unito al suo supremo atto di amore verso il Padre per la redenzione dell’uomo: il sacrificio della croce. Lo ha fatto configurandoti a sé nella sofferenza. Oggi ti dona e ti chiede di salire con lui sul Calvario per offrirlo al Padre, in un supremo atto di carità, nel sacrifico Eucaristico: ed assieme a lui, il Cristo, offrire te stesso per la redenzione dell’uomo.
Grazie per aver accettato questa chiamata! Viva il Signore e benedetta la nostra rupe; sia esaltato il Dio della nostra salvezza. Egli conceda a questa Chiesa di godere profondamente dei frutti dell’offerta che stai per fare di te stesso con Cristo, in Cristo e per Cristo.
1. “Ora l’anima mia è turbata: e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora?” (Gv 12,27). Il turbamento che ha preso l’animo di Gesù nell’imminenza della sua passione ha preso tutti noi, in questi giorni, di fronte a questa morte, la morte di don Samuele. Ha preso la sua famiglia naturale: papà, mamma e fratelli; ha preso la sua famiglia sacramentale: il presbiterio di questa Chiesa, che ha goduto del sacerdozio di don Samuele solo per 43 giorni; ha preso la sua famiglia di elezione: il seminario, che piange un suo alunno esemplare; ha preso la sua famiglia parrocchiale: ha perso in lui uno dei suoi frutti più stimati ed amati.
Come Gesù ci siamo tutti domandati durante questi due anni di malattia: “che devo dire? Padre, salvami da quest’ora?”. Quante preghiere e suppliche sono state elevate al Padre perché ci risparmiasse questa morte, perché salvasse dalla morte Samuele! Quante lacrime sono state versate dalle persone a lui più vicine! “Ma per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome” (Gv 12,28).
Nel divino ed inscrutabile disegno di misericordia e di pace, Samuele era stato preparato a quest’ora: all’ora del sacrificio della sua vita, perché il Padre lo ha saggiato come oro nel crogiolo e lo ha gradito come un olocausto. Don Samuele è stato guidato dolcemente e fortemente dallo Spirito giorno dopo giorno a penetrare nel misterioso disegno che il Padre aveva pensato nei suoi confronti. Nei colloqui avuti con lui amava spesso ripetermi: “le vie del Signore non sono le nostre vie”. Erano parole che manifestavano l’interiore e dolorosa purificazione che si stava verificando nel suo cuore. Domenica 10 dicembre mi diceva: “desidero ormai solamente essere con Cristo, ma capisco che non sono ancora giunto alla cima del Calvario e devo obbedire alla sua volontà, anche se sono tentato di fuggire”.
Dentro questa visione di fede, a questa esperienza di assimilazione a Cristo, si inscrive il suo sacerdozio. Abbiamo saputo che al pellegrinaggio diocesano di Lourdes aveva chiesto a Maria il dono del sacerdozio che, ottenutolo, “l’ha avvolto” egli scrive “con il suo manto e la sua intercessione”. Come ha vissuto don Samuele i 43 giorni del suo sacerdozio?
“In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24).
Nell’imminenza della sua passione Gesù dona a noi l’interpretazione vera della sua morte. Egli è il grano di frumento che piantato dentro la nostra morte, la redime; egli è colui che morendo ha distrutto la nostra morte e ci ha resi partecipi della sua vita immortale.
Durante l’ordinazione sacerdotale, quando il vescovo consegna al neo-ordinato il pane e il vino, gli dice: “Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore”. Don Samuele ha vissuto il suo sacerdozio così: come olocausto della sua persona. I 43 giorni del suo sacerdozio, durante i quali ha celebrato solo tre sante Messe, sono stati i giorni in cui ha imitato ciò che aveva celebrato. Dopo la sua ordinazione mi ripeteva spesso: “Questa è la mia s. Messa; questo (indicava il suo letto) è il mio altare”. La scientia Crucis (“Ho conosciuto — egli scrive — in prima persona il valore della croce di Gesù Cristo”) generò in lui la scientia Amoris: “Conosciuto il Suo amore — egli scriveva — essere sacerdote è il modo migliore per la mia persona per rimanere nel suo amore, per essere in intima unione con lui”. Ed in Cristo, don Samuele ritrova l’uomo, ogni uomo: “Il sacerdote — egli scrive — non è un solitario: deve cercare di portare nel cuore e nella preghiera tutto il mondo”. Scientia Crucis, scientia Amoris, scientia hominis: la croce, l’Amore, l’uomo. Si comprende allora perché don Samuele avesse finalizzato, su mia richiesta, il suo olocausto a tre grandi finalità: la santificazione dei sacerdoti, la grazia di tante vocazioni sacerdotali e religiose, e l’incontro dei giovani con Cristo. Quando lo visitavo, egli mi assicurava sempre dicendomi: “Ricordo, non dimentico: i tre!”.
La legge di fecondità enunciata da Gesù nella parola del chicco di grano è valida fino alla fine del mondo, ed è fondamentale per l’evangelizzazione: la fecondità apostolica è legata alla sofferenza, alla comunione con la passione di Cristo. Il sacerdozio di don Samuele ci ha insegnato che ancora una volta al mondo incredulo non sarà dato nessun segno — come dice Gesù — se non il segno di Giona profeta. Il segno è Gesù crocefisso; sono i testimoni che completano nella loro carne “quello che manca ai patimenti di Cristo” (Col 1,24); sono i martiri.
2. “Giunto in breve alla perfezione, ha compiuto una lunga carriera” (Sap 4, 13). Il nostro modo di calcolare gli anni, il tempo di durata di una vita è molto diverso da quello del Signore: “vecchiaia veneranda non è la longevità, né si calcola dal numero degli anni; ma la canizie degli uomini sta nella sapienza” (Sap 4,8-9).
Grazie, don Samuele, per averci insegnato l’unica, vera sapienza: quella della croce. Riposa in pace: la tua memoria sarà sempre in benedizione nella nostra s. Chiesa.
Una benedizione per il nostro presbiterio, perché nessuno di noi cessi di essere il grano piantato nella terra dell’uomo e disposto a morire perché si generi la vita; una benedizione per il seminario, perché sia vero cenacolo dove con Maria si preparano numerosi missionari; una benedizione per i nostri giovani, perché siano veri testimoni di Cristo, costruttori in lui del nuovo millennio. Prega per noi tutti”.
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