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Dispositivo della Cassazione: il Crocifisso è ammesso nei luoghi pubblici

16 Marzo 2011 | Filed under: Attualità
     

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Il Simbolo della cristianità secondo la Suprema Corte è l’unico che può essere ammesso nei luoghi pubblici e non danneggia né la libertà religiosa né la laicità.
L’esposizione del crocifisso nelle aule dei tribuna­li, e negli uffici pubblici, non può essere avvertita come un pericolo per la libertà religiosa. Lo ha stabilito la Cassazione, nel­le motivazioni della sentenza con la quale ha confermato la rimo­zione dalla Magistratura del giu­dice di Camerino Luigi Tosti, che si rifiutava di tenere udienze in aule nelle quali era presente ap­punto il crocifisso o in alternati­va alla rimozione, chiedeva di po­ter esporre anche la Menorah, sim­bolo della fede ebraica.

Il dispositivo deci­so dalla Suprema corte è però più ar­ticolato. Per i giu­dici infatti per esporre negli uffici pubblici, tra i quali rientrano le aule di giustizia, nuovi simboli religiosi diversi dal crocifisso «è necessaria una scelta discrezionale del legi­slatore, che allo stato non sussi­ste». Non solo, dopo aver respin­to la pretesa di Tosti per quanto riguarda la richiesta di esporre il simbolo ebraico accanto al croci­fisso, la Cassazione rileva che una simile scelta potrebbe anche es­sere fatta dal legislatore, valutan­do però anche il rischio di “possi­bili conflitti” che potrebbero na­scere dall’esposizione di simboli di identità religiose diverse.

In pratica, il crocifisso è l’unico sim­bolo religioso ammesso all’inter­no degli spazi pubblici. «È vero che sul piano teorico il principio di laicità – scrive anco­ra la Cassazione – è compatibile sia con un modello di equipara­zione verso l’alto (laicità per ad­dizione) che consenta ad ogni soggetto di vedere rappresentati nei luoghi pubblici i simboli del­la propria religione, sia con un modello di equiparazione verso il basso (laicità per sottrazione)».

Tale scelta legislativa, però, pre­suppone, spiega ancorala Cassa­zione, «che siano valutati una plu­ralità di profili, primi tra tutti la praticabilità concreta e il bilan­ciamento tra l’esercizio della li­bertà religiosa da parte degli utenti di un luogo pubblico con l’a­nalogo esercizio della libertà reli­giosa negativa da parte dell’ateo o del non credente, nonché il bi­lanciamento tra garanzia del plu­ralismo e possibili conflitti tra una pluralità di iden­tità religiose tra lo­ro incompatibili».

«Quindi la presen­za di un crocifisso -ribadiscono defi­nitivamente i giu­dici della Suprema corte – non può costituire necessariamente minaccia ai propri diritti di libertà religiosa per tutti quelli che frequentano un’aula di giustizia per i più svariati motivi e non so­lo necessariamente per essere ta­li utenti dei cristiani». Con la con­seguenza che il giudice Tosti non poteva «rifiutare la propria pre­stazione professionale solo per­ché in altre aule di giustizia (ri­spetto a quella in cui egli opera­va) era presente il crocifisso».

Secondo Tosti, invece, la presen­za del simbolo della cristianità violava i diritti di libertà religiosa e di coscienza degli utenti di quel­le aule. A Tosti, tuttavia, era stata messa a disposizione un’aula sen­za alcun simbolo ma lui, aveva ugualmente rifiutato di tenere udienza, chiedendo la rimozione della croce da tutti i tribunali ita­liani e aprendo così il contenzio­so giuridico, che ieri appunto la Cassazione ha risolto.

Davide Re
Avvenire

     

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