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Dire Dio al femminile

9 Marzo 2017 | Filed under: Riflessioni
     

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Nel 1988, con la Mulieris Dignitatem, l’argomento “donna” perse il carattere settoriale mantenuto fino a quel momento, per essere proposto alla Chiesa in modo autorevole, come tema importante dal quale non si poteva più prescindere se si voleva cogliere nella sua interezza il disegno originario di Dio sull’umanità.

Anche a distanza di anni è innegabile che la MD sia ancora oggi ricca di spunti capaci di offrire la possibilità di progredire ulteriormente nell’approfondimento della riflessione sulla donna nella chiesa e nella società. Tra le varie “piste di lavoro” individuabili nel testo, vorrei segnalarne in particolare due. La prima sottolinea la possibilità di parlare di Dio con immagini femminili.

“In diversi passi della Sacra Scrittura (specie nell’A.T.), troviamo dei paragoni che attribuiscono a Dio qualità «maschili» oppure «femminili». Troviamo in essi l’indiretta conferma della verità che ambedue, sia l’uomo che la donna, sono stati creati ad immagine e somiglianza di Dio. Se c’è somiglianza tra il Creatore e le creature, è comprensibile che la Bibbia abbia usato nei suoi riguardi espressioni che gli attribuiscono qualità sia «maschili» sia «femminili».” (MD 8)

A parte l’indubbio valore teologico-biblico dei cap. 6-14 della Lettera, è stato storicamente molto significativo che, per la prima volta, in un documento ufficiale della Chiesa, apparissero come recepite e accolte, alcune riflessioni degli studi teologici femminili del tempo. Riconoscendo la “Rivelazione biblica come un discorso di Dio su se stesso” e parlando di Dio come padre e madre, nella MD c’è un effettivo superamento della concezione tradizionale e istintiva di un Dio “maschile”.

La possibilità di “dire Dio al femminile” è stata infatti uno dei principali temi di approfondimento di tutta la teologia delle donne che partendo da una critica del linguaggio teologico tradizionale – incentrato su un uso quasi esclusivo di simboli maschili che aveva contribuito ad una emarginazione delle donne – ha ampliato progressivamente la propria ricerca relativamente a modi nuovi di parlare di Dio. A partire dall’esperienza femminile di Dio e della fede, si sono infatti recuperati i simboli femminili presenti nelle Scritture, richiamando l’attenzione anche su tutti quegli aspetti ritenuti, per secoli, secondari proprio perché femminili.

Recuperare le immagini femminili per dire Dio (come il papa fa in tutta la seconda parte del n. 8 per quanto riguarda l’immagine di Dio madre) significa riconoscere la necessità che a fare teologia siano anche le donne perché, se le donne non “producono” teologia, Dio viene detto “a metà” facendo venir meno l’integralità della riflessione teologica fatta dalla chiesa.

Diventa forse maturo il tempo per i credenti e per la Chiesa di lavorare ad una integrazione dei simboli maschili e femminili, facendola diventare naturale ed acquisita sia nello studio di un pensiero teologico che indaghi il mistero di Dio da più prospettive, che nella prassi di una vita di fede per cominciare a contemplare un volto di Dio più ricco e completo.

Una seconda interessante pista offerta dalla MD riguarda la possibilità di discernere l’atteggiamento tenuto nei confronti della donna dalla Scrittura – e quindi dalla Tradizione – assumendo come discriminante di giudizio lo stile di Cristo nei confronti delle donne. I punti da 12 a 16 della Lettera sono infatti un commento  delle principali pagine evangeliche in cui si racconta l’incontro di Gesù con alcune donne.

“L’atteggiamento di Gesù nei riguardi delle donne che incontra lungo la strada del suo servizio messianico, è il disegno dell’eterno riflesso di Dio che, creando ciascuna di loro, la sceglie e la ama in Cristo (cfr. Ef 1,1-5). Ciascuna, perciò, è quella «sola creatura in terra che Dio ha voluto per se stessa». Ciascuna dal «principio» eredita la dignità di persona proprio come donna. Gesù di Nazareth conferma questa dignità, la ricorda, la rinnova, ne fa un contenuto del Vangelo e della redenzione, per la quale è inviato nel mondo. (MD 13)

È proprio nell’atteggiamento avuto da Gesù Cristo nei confronti delle donne che ogni donna – e la Chiesa intera – devono cercare il significato e la ricchezza della redenzione e della novità evangelica per coloro che fino a quel momento – e purtroppo anche nei secoli seguenti – avevano pesantemente subito le conseguenze del peccato.

Negli esempi riportati da Giovanni Paolo II in questa parte della Lettera emerge come Gesù protesti continuamente con le parole e soprattutto con i gesti contro tutto ciò che al suo tempo offendeva la dignità della donna. Proprio per questo le donne si sentirono da Lui amate e liberate fino al punto da seguirlo sempre – discepole fedeli – dall’inizio (Lc 8, 1-3) fin sotto alla croce (Gv 19,25) contemplatrici del mistero di Dio, interlocutrici sulle più profonde verità della fede (Gv 4, 1-26; Gv 11,21-27) testimoni della Resurrezione (Mt 28,1-10; Lc 24,8-11).

L’atteggiamento di Cristo, la novità del suo annuncio, viene indicato come criterio di giudizio e di discernimento nei confronti di comportamenti e di affermazioni che risentono di uno stile “antico” di discriminazione e sottomissione. Diventa così particolarmente significativa, sempre proseguendo nell’approfondimento della novità evangelica, l’affermazione che appare più avanti nella Lettera,  al n. 24: “Incontriamo diversi passi in cui gli scritti apostolici esprimono questa novità, sebbene in essi si faccia sentire ciò che è «antico», ciò che è radicato anche nella tradizione religiosa di Israele, nel suo modo di comprendere e di spiegare i sacri testi”. (MD 24)

Il criterio di discernimento “dell’evento Cristo” riguarda quindi anche la Scrittura stessa: non solo testi dell’Antico Testamento come sarebbe più facile ed indiscusso indicare, ma anche brani neotestamentari come il Pontefice stesso fa nella nota n. 49 con citazioni di alcune lettere apostoliche.

Questa pista di ricerca, indicata dalla MD, è particolarmente importante e necessaria: interrogarsi su quali sono stati i luoghi e i momenti in cui la tradizione cristiana non è stata conforme alla novità del Vangelo vissuta da Cristo e applicare un simile discernimento alla tradizione teologica ed ecclesiale fino ad arrivare ai giorni nostri, permetterebbe di leggere ed agire il tempo e la storia che stiamo vivendo assumendo, donne e uomini,  lo stile di Gesù come giudice dell’autenticità cristiana.
 Donatella Mottin

 

Preghiamo sempre  il Padre nostro


     

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