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Difendere i diritti di Dio

18 Gennaio 2012 | Filed under: Attualità
     

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Volevo porre agli amici del blog una domanda: se durante uno spettacolo a teatro fossero rivolte dagli attori oltraggi ad una gigantografia di Gesù sulla scena e, a conclusione della performance, venissero gettati anche degli escrementi su quell’immagine, un cattolico avrebbe il diritto di sentirsi offeso e perciò di reagire, oppure dovrebbe accettare tutto questo come arte?


Se tale domanda può sembrare teorica, debbo dire che purtroppo essa rispecchia quanto è successo – nell’assordante silenzio della nostra laica e democratica stampa – lo scorso dicembre in un teatro della “civilissima” Parigi. La trama della commedia, se così ancora vogliamo chiamarla, dal titolo “Sul concetto di volto nel Figlio di Dio”, scritta e diretta da un certo Romeo Castellucci,  autore d’avanguardia, denuncia la solitudine e la degradazione dell’uomo di fronte alla vecchiaia, alla malattia e all’abbandono di Dio stesso.


Ed ecco, allora, il colpo di genio dell’autore. Nella seconda parte della rappresentazione, il palcoscenico viene letteralmente cosparso da escrementi (degna immagine di quest’opera, ndr) per mostrare l’estrema degradazione umana. Poi, senza dire una parola, in scena salgono dei ragazzi che si chinano raccogliere queste feci per poi lanciarle, come si fa in un tiro a segno, sul volto di Gesù, illustrato dallo splendido capolavoro di Antonello da Messina. Alla fine di questa azione, sull’immagine, ormai completamente imbrattata, cala un velo nero con la scritta: “You are not my shepherd” (“Tu non sei il mio pastore”).


Davanti a tanta blasfemia non tutti i cristiani hanno voluto porgere l’altra guancia. Sono stati presentati decine di ricorsi giudiziari, esposti, petizioni con migliaia di firme un po’ in tutta la Francia per la cancellazione dello spettacolo, ma tutto è stato vano. 


Non vogliamo neanche pensare a che cosa sarebbe successo se, al posto del Volto di Cristo, ci fosse stato un simbolo islamico o ebraico, oppure il volto di un omosessuale. Si sarebbe gridato alla scandalo, al razzismo, al fascismo e via discorrendo; ma per offendere Cristo ci si appella all’arte e alla libertà d’espressione sapendo, con il coraggio dei vili, che a differenza di altre confessioni religiose, non c’è alcun pericolo di ritorsione, anzi solo tanta pubblicità.


Davanti al silenzio delle autorità parigine e, purtroppo, a quanto risulta, anche della Chiesa ufficiale, alcuni cattolici, tutti giovanissimi, hanno protestato cercando, dopo aver comprato regolarmente il biglietto, di interrompere più volte la rappresentazione, salendo sul palco e mettendosi a pregare, tra insulti e bestemmie degli altri spettatori, fino all’arrivo della polizia che li ha arrestati e messi in galera.


Si dirà che, nonostante lo scandalo per un tale spettacolo, la risposta dei ragazzi è stata di certo troppo violenta, degna della Chiesa ottusa ed oscurantista di un tempo, nel tentativo di voler proibire ad altri di godere di tale rappresentazione. Insomma si dirà che si trattava di gente poco dialogante.


Tutto vero; ma quando allora un cristiano deve intervenire per difendere i diritti di Dio e la dignità della propria fede? Forse, come vorrebbero molti, nel silenzio delle catacombe? Intanto i ragazzi arrestati sono passibili di pene che vanno da uno a tre anni di carcere, come per gli spacciatori di droga o gli sfruttatori della prostituzione, con multe da 15.000 a 45.000 euro.


Quasi tutti gli arrestati sono molto giovani e non hanno certo i mezzi finanziari per difendersi dalle tante cause intentate per la loro azione di disturbo, ma non è ancora finita. Alcuni hanno già perso il lavoro ed altri lo stanno perdendo come un giovane, con  famiglia a carico, che ha ricevuto un ultimatum dalla sua azienda e rischia di essere licenziato.


Tutto questo mentre chi offende Dio, grazie alla macchina della propaganda, si può erigere a martire della libertà. Giornali come Le Monde, Libération, l’Humanité, Rue89, il Nouvel Observateur, Télérama hanno messo alla gogna mediatica questi “ribelli” e, lo dico con tristezza, anche il cattolico la Croix.

Ma questa è la giustizia del mondo, come sanno bene tutti i veri cristiani. ”Se hanno perseguitato me – dice Gesù agli apostoli – perseguiteranno anche voi” (Gv 15, 17 18 20) e così, purtroppo, sarà fino alla fine dei tempi. Ma questo non significa che si debba per forza tacere fino a quella data.

Antonello Cannarozzo

(Rai Vaticano)


     

One Response to "Difendere i diritti di Dio"

  1. Anonymous ha detto:
    25 Gennaio 2012 alle 19:01

    Cosa vuol dire “Diritti di Dio”? Parlare di diritto, evidentemente in senso di diritto soggettivo (quello che generalmente si intende leso come in questo caso), significa implicitamente porre Dio a soggetto di diritto tutelato da norme giuridiche.

    Non so se questo si possa considerare blasfemo, una volta nemmeno la riduzione a immagine di Dio era ben vista, ma sicuramente è una locuzione che rasenta la follia.

    Ha senso invece rivendicare il suo diritto di non vedere la propria religione profanata: questo può essere un suo diritto ma non certo di Dio, che pare abbia posposto la data del suo intervento “giudicativo” alla fine dei tempi.Stiamo parlando di ciò che urta la sua sensibilità, in contrasto con quella di chi ha scritto lo spettacolo; immagino siano entrambe opinabili e parimenti potenzialmente soggette a valutazione giuridica su quale sia preminente.

    Un buon cristiano non separa la zizania dal grano prima del tempo, non paragona il volto di Cristo a quello di altri, siano essi soggetti adorati da qualcuno o orientati sessualmente in qualsivoglia modo.

    Un buon cristiano può esprimere la sua opinione, come tutti, ma non può avere la presunzione di essere chiamato a porre rimedio ad offese all’Onnipotente. Dio ha un piano per tutto si dice, chi assicura lei che non ne abbia uno per il nostro “autore blasfemo”?

    Un buon cristiano può menare vanto di professare una religione che ha compreso da tempo che Dio non ha bisogno di giustizieri (umani) in terra.

    Fabio

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