Commento al Messaggio della Regina della pace, del 25 giugno
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“Cari figli! Con la grande speranza nel cuore anche oggi vi invito alla preghiera. Se pregate figlioli, voi siete con me, cercate la volontà di mio Figlio e la vivete. Siate aperti e vivete la preghiera; in ogni momento sia essa sapore e gioia della vostra anima. Io sono con voi e intercedo per tutti voi presso mio Figlio Gesù. Grazie per aver risposto alla mia chiamata”.
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Questa volta la Madre Santissima si rivolge ai suoi figli ”con grande speranza nel cuore”. La speranza a cui fa riferimento non è quella di chi gioca al lotto o sulle corse dei cavalli ma è una delle tre sublimi virtù teologali: “fede, speranza e carità”. Teologali perché in esse si esprime la salvezza che Dio realizza a favore degli uomini, giacchè la fede, la speranza e l’amore sono doni della grazia di Dio, per mezzo dei quali facciamo l’esperienza della salvezza.
Apostoli e Dottori della Chiesa hanno più volte parlato di questo dono Divino: “Noi infatti ci affatichiamo e combattiamo perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono” (1Timoteo 4,10). “Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso” (Ebrei 10,23). “Siate pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto” (1Pt 3,15). Il Nuovo Testamento chiama «Cristo Gesù nostra speranza» (1Tm1,1). Cristo è il contenuto e la ragione della speranza dell’uomo, il mediatore della nuova alleanza che introduce alla comunione con il «Dio della speranza» (Rm 15,13).
Bisogna peraltro tener presente che la libertà conquistata da Gesù per gli uomini, con la sua morte e Risurrezione, pur essendo frutto di una vittoria eterna, non annulla la logica della speranza intesa come pienezza già ottenuta, anzi la conferma, poiché ogni cristiano è tenuto a lasciarsi guidare da essa, a saper resistere alle seduzioni del maligno e ad accettare le sfide e le prove richieste dall’Amore, nella prospettiva della vita eterna. La speranza cristiana non va concepita come un’attesa fiduciosa e tranquilla, per contro, essa deve intendere un atteggiamento di piena responsabilità del credente nei confronti dell’esistenza.
Premesso che senza la fede non ci potrebbe essere la speranza, va anche rilevato lo stretto legame che unisce la speranza con l’amore. Non si potrebbe trascendere la morte senza la disponibilità del credente a dedicare la propria vita a favore degli altri, come previsto nei progetti divini.
Ecco dunque che il cristiano deve cercare di conoscere quale sia la volontà di Dio, per poterla vivere. Bisogna quindi dedicarsi seriamente alla preghiera, anzi – come dice la Madonna – vivere la preghiera in modo da entrare in perfetta comunione con Lei, con il Padre, con il Figlio suo. Quando ci si apre a Dio e si riesce ad entrare nella preghiera profonda, l’anima si riempie di luce, si avvolge del profumo del Paradiso e ne gusta le delizie, si immerge in una gioia che non ha uguale sulla terra.
Il Santo Padre Benedetto ci ricorda che non può esserci felicità lontano da Dio. Sappiamo per esperienza che non si riesce ad essere felici soltanto con la soddisfazione dei desideri materiali (Molti hanno tutto, eppure non sono felici). Noi siamo usciti dalle mani di Dio e la nostra anima anela al Padre, al Dio dell’Amore, della verità, della giustizia, della pace. Allora, decidiamoci a mettere Dio al primo posto e lasciamoci accompagnare da Maria verso la gioia.
Don Manlio
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