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Che cosa significa “Misericordia” per un prete?

6 Settembre 2014 | Filed under: Clero, UAC
     

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Certamente è cosa utile, anzi preziosa, per noi ministri ordinati rileggerci con attenzione alcuni passaggi del discorso che il Vescovo di Roma, il Santo Padre Francesco, ha tenuto ai preti di Roma il 6 marzo scorso. C’è davvero tanto da meditare.

Il brano del Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato ci fa rivolgere lo sguardo a Gesù che cam­mina per le città e i villaggi. E questo è curioso. Qual è il posto dove Gesù era più spesso, dove lo si poteva trovare con più facilità? Sulle strade. Po­teva sembrare che fosse un senzatetto, perché era sempre sulla strada. La vita di Gesù era nella strada. Soprattutto ci invita a cogliere la profondità del suo cuore, ciò che Lui prova per le folle, per la gente che incontra: quell’atteggiamento interiore di “compassione”, vedendo le folle, ne sentì compas­sione. Perché vede le persone “stanche e sfinite, come pecore senza pastore”. Abbiamo sentito tante volte queste parole che forse non entrano con forza. Ma sono forti! Un po’ come tante persone che voi incontrate oggi per le strade dei vostri quar­tieri. .. Poi l’orizzonte si allarga, e vediamo che que­ste città e questi villaggi sono non solo Roma e l’Italia, ma sono il mondo… e quelle folle sfinite sono popolazioni di tanti Paesi che stanno sof­frendo situazioni ancora più difficili…

Allora comprendiamo che noi non siamo qui per (.. .cercare di comprendere insieme che) noi stiamo vivendo in tempo di misericordia, da trentanni o più, fino adesso.

1. Nella Chiesa tutta è il tempo della misericordia.

Questa è stata un’intuizione del beato Giovanni Paolo IL Lui ha avuto il “fiuto” che questo era il tempo della misericordia. Pensiamo alla beatifica­zione e canonizzazione di Suor Faustina Kowalska; poi ha introdotto la festa della Divina Misericordia. Piano piano è avanzato, è andato avanti su questo.

NelP Omelia per la Canonizzazione, che avvenne nel 2000, Giovanni Paolo II sottolineò che il mes­saggio di Gesù Cristo a Suor Faustina si colloca temporalmente tra le due guerre mondiali ed è molto legato alla storia del ventesimo secolo. E guardando al futuro disse: «Che cosa ci porteranno gli anni che sono davanti a noi? Come sarà l’avve­nire dell’uomo sulla terra? A noi non è dato di sa­perlo. È certo tuttavia che accanto a nuovi progressi non mancheranno, purtroppo, esperienze dolo­rose. Ma la luce della divina misericordia, che il Si­gnore ha voluto quasi riconsegnare al mondo attra­verso il carisma di suor Faustina, illuminerà il cam­mino degli uomini del terzo millennio». È chiaro. Qui è esplicito, nel 2000, ma è una cosa che nel

suo cuore maturava da tempo. Nella sua preghiera ha avuto questa intuizione.

Oggi dimentichiamo tutto troppo in fretta, anche il Magistero della Chiesa! In parte è inevita­bile, ma i grandi contenuti, le grandi intuizioni e le consegne lasciate al Popolo di Dio non possiamo dimenticarle. E^ quella della divina misericordia è una di queste. È una consegna che lui ci ha dato, ma che viene dall’alto. Sta a noi, come ministri della Chiesa, tenere vivo questo messaggio soprat­tutto nella predicazione e nei gesti, nei segni, nelle scelte pastorali, ad esempio la scelta di restituire priorità al sacramento della Riconciliazione, e al tempo stesso alle opere di misericordia.

2. Che cosa significa misericordia per i preti?

Domandiamoci che cosa significa misericordia per un prete, permettetemi di dire per noi preti. Per noi, per tutti noi! I preti si commuovono davanti alle pecore, come Gesù, quando vedeva la gente stanca e sfinita come pecore senza pastore. Gesù ha le “viscere” di Dio, Isaia ne parla tanto: è pieno di tenerezza verso la gente, specialmente verso le per­sone escluse, cioè verso i peccatori, verso i malati di cui nessuno si prende cura… Così a immagine del Buon Pastore, il prete è uomo di misericordia e di compassione, vicino alla sua gente e servitore di tutti. Questo è un criterio pastorale che vorrei sot­tolineare tanto: la vicinanza. La prossimità e il ser­vizio. Chiunque si trovi ferito nella propria vita, in qualsiasi modo, può trovare in lui attenzione e ascolto… In particolare il prete dimostra viscere di misericordia nell’amministrare il sacramento della Riconciliazione; lo dimostra in tutto il suo atteg­giamento, nel modo di accogliere, di ascoltare, di consigliare, di assolvere… Ma questo deriva da come lui stesso vive il sacramento in prima per­sona, da come si lascia abbracciare da Dio Padre nella Confessione, e rimane dentro questo abbrac­cio… Se uno vive questo su di sé, nel proprio cuore, può anche donarlo agli altri nel ministero. E vi lascio la domanda: Come mi confesso? Mi la­scio abbracciare? Mi viene alla mente un grande sa­cerdote di Buenos Aires, ha meno anni di me, ne avrà 72… Una volta è venuto da me. E un grande confessore: c’è sempre la coda lì da lui… I preti, la maggioranza, vanno da lui a confessarsi… È un grande confessore. E una volta è venuto da me: “Ma Padre…”, “Dimmi”, “Io ho un po’ di scrupolo, perché io so che perdono troppo!”; “Prega… se tu perdoni troppo…”. E abbiamo parlato della mise­ricordia. A un certo punto mi ha detto: “Sai, quando io sento che è forte questo scrupolo, vado in cappella, davanti al Tabernacolo, e Gli dico: Scu­sami, Tu hai la colpa, perché mi hai dato il cattivo esempio! E me ne vado tranquillo…”. È una bella preghiera di misericordia! Se uno nella Confessione vive questo su di sé, nel proprio cuore, può anche donarlo agli altri.

Il prete è chiamato a imparare questo, ad avere un cuore che si commuove. I preti – mi permetto la parola – “asettici” quelli “di laboratorio”, tutto pulito, tutto bello, non aiutano la Chiesa. La Chiesa oggi possiamo pensarla come un “ospedale da campo”. Questo scusatemi lo ripeto, perché lo vedo così, lo sento così: un “ospedale da campo”. C’è bisogno di curare le ferite, tante ferite! Tante ferite! C’è tanta gente ferita, dai problemi materiali, dagli scandali, anche nella Chiesa… Gente ferita dalle illusioni del mondo… Noi preti dobbiamo essere lì, vicino a questa gente. Misericordia signi­fica prima di tutto curare le ferite. Quando uno è ferito, ha bisogno subito di questo, non delle ana­lisi, come i valori del colesterolo, della glicemia… Ma c’è la ferita, cura la ferita, e poi vediamo le ana­lisi. Poi si faranno le cure specialistiche, ma prima si devono curare le ferite aperte. Per me questo, in questo momento, è più importante. E ci sono anche ferite nascoste, perché c’è gente che si allon­tana per non far vedere le ferite… Mi viene in mente l’abitudine, per la legge mosaica, dei leb­brosi al tempo di Gesù, che sempre erano allonta­nati, per non contagiare… E si allontanano forse un po’ con la faccia storta, contro la Chiesa, ma nel fondo, dentro c’è la ferita… Vogliono una ca­rezza! E voi, cari confratelli – vi domando – cono­scete le ferite dei vostri parrocchiani? Le intuite? Siete vicini a loro? E la sola domanda…

3. Misericordia significa né manica larga né rigidità.

Ritorniamo al sacramento della Riconciliazione. Capita spesso, a noi preti, di sentire l’esperienza dei nostri fedeli che ci raccontano di aver incontrato nella Confessione un sacerdote molto “stretto”, op­pure molto “largo”, rigorista o lassista.. E questo non va bene. Che tra i confessori ci siano differenze di stile è normale, ma queste differenze non possono riguardare la sostanza, cioè la sana dottrina morale e la misericordia. Né il lassista né il rigorista rende testimonianza a Gesù Cristo, perché né l’uno né l’altro si fa carico della persona che incontra. Il ri­gorista si lava le mani: infatti la inchioda alla legge intesa in modo freddo e rigido; il lassista anche si lava le mani: solo apparentemente è misericor­dioso, ma in realtà non prende sul serio il problema

di quella coscienza, minimizzando il peccato. La vera misericordia si fa carico della persona, la ascolta attentamente, si accosta con rispetto e con verità alla sua situazione, e la accompagna nel cammino della riconciliazione. E questo è faticoso, sì, certa­mente. Il sacerdote veramente misericordioso si comporta come il Buon Samaritano… ma perché lo fa? Perché il suo cuore è capace di compassione, è il cuore di Cristo!

Per spiegarmi faccio anche a voi alcune do­mande che mi aiutano quando un sacerdote viene da me. Mi aiutano anche quando sono solo davanti al Signore! Dimmi: Tu piangi? O abbiamo perso le lacrime? Ricordo che nei Messali antichi, quelli di un altro tempo, c’è una preghiera bellissima per chiedere il dono delle lacrime. Incominciava così, la preghiera: “Signore, Tu che hai dato a Mosè il mandato di colpire la pietra perché venisse l’acqua, colpisci la pietra del mio cuore perché le lacrime… “: era così, più o meno, la preghiera. Era bellissima. Ma, quanti di noi piangiamo davanti alla soffe­renza di un bambino, davanti alla distruzione di una famiglia, davanti a tanta gente che non trova il cammino?… Il pianto del prete… Tu piangi? O in questo presbiterio abbiamo perso le lacrime? Piangi per il tuo popolo? Dimmi, tu fai la preghiera di in­tercessione davanti al Tabernacolo?

Tu lotti con il Signore per il tuo popolo, come Abramo ha lottato: “E se fossero meno? E se fos­sero 25? E se fossero 20?…” (cfr Gen 18,22-33). Quella preghiera coraggiosa di intercessione… Noi parliamo di parresia, di coraggio apostolico, e pen­siamo ai piani pastorali, questo va bene, ma la stessa parresia è necessaria anche nella preghiera. Lotti con il Signore? Discuti con il Signore come ha fatto Mosè? Quando il Signore era stufo, stanco del suo popolo e gli disse: “Tu stai tranquillo… di­struggerò tutti, e ti farò capo di un altro popolo”. “No, no! Se tu distruggi il popolo, distruggi anche a me!”. Ma questi avevano i pantaloni! E io faccio la domanda: Noi abbiamo i pantaloni per lottare con Dio per il nostro popolo?

Un’altra domanda che faccio: la sera, come con­cludi la tua giornata? Con il Signore o con la tele­visione? Quanto bene fa l’esempio di un prete mi­sericordioso, di un prete che si avvicina alle ferite… Se pensate, voi sicuramente ne avete conosciuti tanti, tanti, perché i preti dell’Italia sono bravi! Sono bravi. Io credo che se l’Italia ancora è tanto forte, non è tanto per noi Vescovi, ma per i parroci, per i preti! È vero, questo è vero! Non è un po’ d’incenso per confortarvi, lo sento così.

La misericordia. Pensate a tanti preti che sono in ciclo e chiedete questa grazia! Che vi diano quella misericordia che hanno avuto con i loro fe­deli. E questo fa bene.

UAC Notizie


     

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