Bisogna svuotarsi di quanto è cattivo in noi
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XXX parte – Le nostre migliori azioni sono di solito insudiciate e corrotte dall’indole cattiva che sta in noi. Quando si mette acqua pulita e chiara in un vaso che puzza, o vino in un bariletto il cui interno è stato guastato da un precedente vino inacidito, allora l’acqua chiara ed il vino buono rimangono viziati ed impregnati di puzza.
Così, quando Dio mette nel vaso dell’anima nostra guastata dal peccato originale ed attuale, le grazie e le celesti ambrosie oppure il delizioso vino del suo amore, questi doni di solito vengono rovinati e guastati dal cattivo lievito e dal fondiglio che il peccato vi ha lasciato, e le nostre azioni, perfino le virtù più sublimi, ne risentono. E’ perciò importantissimo svuotarci di quanto c’è di cattivo in noi se si vuole acquistare la perfezione reperibile soltanto nell’unione con Cristo. Altrimenti il Signore Gesù, infinitamente puro e che odia infinitamente la minima sozzura nell’anima, ci respinge da sé e non si unisce a noi.
Per creare in noi il vuoto di noi stessi, bisogna innanzitutto conoscere, alla luce dello Spirito Santo, la nostra perversa indole, la nostra incapacità del bene (utile alla salvezza), la nostra completa debolezza, l’incostanza di ogni momento, l’indegnità ad ogni grazia e l’iniquità di ogni tempo. Il peccato del primo padre ci ha (quasi completamente) guastati, inaciditi, fermentati, corrotti, come il lievito inasprisce, solleva e corrompe la pasta in cui è messo.
I peccati attuali da noi commessi, mortali o veniali, per quanto perdonati, hanno esacerbato la concupiscenza, la debolezza e la corruzione che è in noi ed hanno lasciato scorie cattive nell’anima.
Abbiamo il corpo tanto corrotto che lo Spirito Santo lo definisce: corpo di peccato, concepito nel peccato, nutrito nel peccato e capace di (ogni) peccato; corpo soggetto a migliaia di malanni, in progressiva decadenza quotidiana, incapace di generare se non scabbia, parassiti e disfacimento.
Abbiamo il corpo tanto corrotto che lo Spirito Santo lo definisce: corpo di peccato, concepito nel peccato, nutrito nel peccato e capace di (ogni) peccato; corpo soggetto a migliaia di malanni, in progressiva decadenza quotidiana, incapace di generare se non scabbia, parassiti e disfacimento.
L’anima unita a tal corpo è diventata tanto carnale da essere chiamata carne : “Ogni carne aveva depravato la sua condotta”. Di nostro non c’è che orgoglio ed accecamento dello spirito, indurimento del cuore, debolezza ed incostanza della volontà, concupiscenza, passioni incontrollabili e malattie del corpo. Allo stato naturale siamo più boriosi dei pavoni, più abbarbicati alla terra dei rospi, più brutti dei caproni, più invidiosi delle serpi, più golosi degli animali immondi, più rabbiosi delle tigri e più pigri delle tartarughe, più deboli delle canne e più instabili delle banderuole.
Non abbiamo, alla base, che il niente ed il peccato, e non meritiamo che l’ira di Dio e l’inferno dell’eternità. E dopo questo ci meraviglieremo se il Salvatore dice che chi vuole seguirlo deve rinunciare a se stesso e odiare la sua anima, e che se qualcuno ama la propria anima la perderà, e chi la odia la salverà..,? (Gv 12, 25). Questa Sapienza infinita non impartisce ordini a vanvera: non comanda di odiare se stessi se non perché siamo davvero degni di disprezzo. Nulla è degno d’amore fuori di Dio; niente è degno di odio oltre noi stessi.
San Luigi da Montfort
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