Bestemmia e benedizione
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Siamo al tempo del socialismo. In tram. Il cav. Giovanni Bonazzi è seduto su uno degli ultimi posti. Davanti a lui gli altri posti sono tutti occupati. Ci sono anche due signori che dal vestito sembrano due persone distinte. Ed ecco che uno dei due dimostra invece d’essere una persona assai poco distinta, cominciando a bestemmiare.
Il nostro Cavaliere grida forte, dal suo posto, un poderoso: «Dio sia benedetto!». La gente si volge, e con gli occhi, se non altro, approva. Il nostro non sa bene da chi sia partita la bestemmia e tace. L’altro, dopo un po’ di tempo, riprende a chiacchierare col compagno, e di nuovo bestemmia. Fa riscontro un secondo e più poderoso: «Dio sia benedetto!».
Di nuovo la gente si volta indietro e guarda il Bonazzi, ma nessuno parla… «Non sono libero di bestemmiare, io?», domanda una voce irritata, rivolta verso il Bonazzi, che intanto s’è alzato in piedi. «Se lei è libero di bestemmiare Iddio, non sono io libero di benedirlo?», risponde con fermezza e con calma il Cavaliere. I presenti questa volta approvano con gesti e con parole.
Il bestemmiatore esce sulla piattaforma del tram. Il nostro Bonazzi lo segue e gli rivolge queste parole: «Lo faccio per il suo bene. Non creda ch’io sia arrabbiato con lei. Le offese fatte a Dio bisogna ripararle ed io le riparo per lei». Forse così Giovanni Bonazzi ottenne la conversione di quel peccatore.
Dopo ben sedici anni, infatti, lo fermò sulla via uno sconosciuto e gli disse: «Io sono quel tale, cui lei ha avuto il coraggio di rinfacciare una bestemmia. Ebbene, sappia che da quel giorno non ho più bestemmiato. La ringrazio!»
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