“Annunciare Cristo nei deserti dell’uomo”
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«Fin dall’inizio del mio ministero come Successore di Pietro ho ricordato l’esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo». Con queste parole Papa Benedetto XVI nella lettera apostolica Porta fidei, con la quale ha indetto l’Anno della fede, spiegava il senso di questa scelta e, nello stesso tempo, rivelava un impegno costante di tutta la sua azione pastorale: fare in modo che tutti gli uomini, soprattutto coloro che hanno abbandonato la vita di fede, possano ritornare al Signore, sentano il desiderio di convertirsi nuovamente a Lui che è l’unico Salvatore dell’uomo.
In quelle parole c’è anche il senso dell’impegno per la nuova evangelizzazione. Essa è la sfida che la Chiesa assume con nuovo vigore, in vista di individuare le forme adeguate per l’annuncio del Vangelo presso tanti battezzati che non comprendono più il senso di appartenenza alla comunità cristiana e sono vittime del relativismo, caratteristica dei nostri tempi. Questo è l’esito del secolarismo che ha portato l’uomo ad escludere dal proprio orizzonte Dio determinando una crisi che è innanzitutto di ordine antropologico: l’uomo è disorientato, ha paura, non vede più chiaramente l’obiettivo da raggiungere.
Parlare di nuova evangelizzazione non vuol dire formulare un giudizio negativo sull’opera di evangelizzazione svolta finora o dichiararne il fallimento. Significa, piuttosto, fare riferimento alle mutate condizioni culturali e sociali, che richiedono un impegno nuovo. L’istituzione, da parte di Papa Benedetto XVI, del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, nel settembre del 2010, è la più recente di una serie di intuizioni e di scelte che si ricollegano al Concilio Vaticano II.
Sin dal discorso di apertura dell’assise conciliare, Giovanni XXIII ne indicava l’obiettivo mostrando la necessità di incontrare l’uomo contemporaneo e usare con lui un linguaggio che rendesse accessibile l’annuncio di Gesù Cristo e la verità immutabile della fede. Al Concilio ha fatto seguito il Sinodo dei Vescovi e la Evangelii Nunziandi (1975) di Paolo VI e poi Giovanni Paolo II, nel suo primo viaggio in Polonia, ha introdotto l’espressione “nuova evangelizzazione”, che nei suoi oltre 26 anni di pontificato ha declinato con una ricchezza sorprendente.
Tutto questo cammino ha contribuito ad attivare grandi energie nella Chiesa: uomini e donne, religiosi, diocesi, parrocchie, movimenti di antica e nuova costituzione, nuove comunità e famiglie religiose si sono riconosciuti in questo invito alla nuova evangelizzazione, hanno seguito lo Spirito che li guidava ad intraprendere strade nuove per dare attuazione alle indicazioni che man mano la Chiesa offriva.
Per questo credo che il primo impegno sia quello di riuscire a far confluire i tanti rivoli di queste esperienze in un cammino condiviso, pur nel rispetto e nella complementarità delle varie esperienze. Un primo passo promettente è stato l’incontro dei Nuovi evangelizzatori con il Papa, che si è svolto nei giorni 15 e 16 ottobre 2011. Promettente perché ha messo in risalto che la nuova evangelizzazione è una realtà presente, e che l’invito del Papa ha già trovato terreno fertile in tanti cristiani che, in forza del loro Battesimo, si sono sentiti coinvolti in prima persona nell’impegno di annuncio del Vangelo, che è il compito fondamentale della Chiesa.
La XIII Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che dal 7 al 28 ottobre si riunirà per riflettere sul tema La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, e la conseguente Esortazione apostolica del Papa costituiranno un punto di riferimento importante per dare concretizzazione a questo impegno nel quale tutti i cristiani sono chiamati a svolgere un ruolo da protagonisti, in comunione con i loro Pastori.
Un ruolo di primaria importanza, in questo percorso che si intuisce lungo e tutt’altro che semplice, sarà svolto dalle parrocchie. Può essere capitato che si sia confusa la fedeltà al mandato missionario del Signore con la stanca ripetizione di forme pastorali superate. È invece urgente che, rimettendo al centro della vita della comunità cristiana l’ascolto della Parola di Dio unito alla catechesi, e la celebrazione dei Sacramenti, ogni battezzato si senta impegnato a vivere una fede consapevole, capace di «rendere ragione della speranza» (cf 1Pt 3,15) con «dolcezza, rispetto e retta coscienza» (cf 1Pt 3,16).
Questa è la prima e fondamentale “riforma” richiesta affinché le comunità cristiane siano luoghi di comunione, capaci di dare vita a percorsi formativi che sappiano riscattare le persone dalla condizione di individualismo e di isolamento tipica del nostro contesto culturale.
+ Mons. Rino Fisichella
Presidente del Pontificio Consiglio
per la Promozione della Nuova
Evangelizzazione
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