ALCUNI TRATTI IRRIDUCIBILI DELL’UMANITÀ DI GESÙ CRISTO
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Introduzione
II Convegno ecclesiale italiano propone come titolo: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. In dipendenza degli interlocutori, un titolo così suggestivo esprime diversi significati. Se consideriamo Gesù come soggetto principale della proposizione, l’attenzione si concentra sul contributo della sua missione : dalla vita pubblica sino alla sua morte. Per inverso se il soggetto è il nuovo umanesimo l’attenzione si sposta sull’essere in Cristo e sull’uomo nuovo o sulla nuova creatura di cui tratta Paolo nelle sue lettere. In pratica, da una parte si trova l’originalità della missione di Gesù, dall’altra quella del movimento sviluppatosi dopo la sua morte. Nondimeno i due livelli possono essere rivisitati in sinergia e nel rispetto delle loro proprietà, giacché resta vero che con la vicenda storica di Gesù qualcosa di nuovo s’innesta sulla concezione dell’uomo e si ripercuote, in modo irriducibile, sulle prime comunità cristiane.
Difficile è cercare di ridurre all’essenziale le novità che Gesù ha por-lalo sulla persona umana e sono irriducibili per la Chiesa delle origini e di ogni U’inpo. l;ra queste, l’abbondante produ/.ione della Terza ricerca su Gesù eli-lira hi sua matrice giudaica, la predica/ione itinerante, alcu ni contenuti della preghiera, l’amore per il prossimo, l’uso del titolo “il figlio dell’uomo”, la remissione dei peccati, la contestazione del tempio, l’eucaristia con l’alleanza nuova e la morte di croce. In questa sede fecalizziamo l’attenzione su quattro tratti della vita pubblica di Gesù demandando ad altra occasione gli ulteriori apporto che abbiamo citato: l’impulso missionario della sua predicazione, la preghiera, il compimento della Legge e la remissione dei peccati.
Un movimento missionario
Gli storici che si sono occupati di Gesù concordano su un dato acquisito: la sua è stata una predicazione itinerante, svoltasi nei piccoli centri della bassa Galilea e con alcune escursioni in Giudea. Due episodi della sua vita pubblica estendono i confini della sua missione: il miracolo della figlia della donna siro-fenicia e l’invio dei suoi discepoli. La guarigione della figlia di una donna siro-fenicia (cf. Me 7,24-30//Mt 15,21-28), posseduta da “uno spirito impuro” deve aver creato diversi imbarazzi nelle prime comunità cristiane. Di fronte all’insistente richiesta della straniera, Gesù risponde che “non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini” (Me 7,27). Sorpreso dalla reazione della donna (“Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangano le briciole dei figli”, in Me 7,28), Gesù assicura la guarigione della figlia.
A prima vista, l’episodio riflette una concezione tutt’altro che umanitaria. In realtà esprime l’umanità di un giudeo del suo tempo. Considerare gli stranieri come “cagnolini” significa riconoscere che si tratta di persone impure non dal versante morale o etico, bensì da quello etnico-religioso. Ora tale concezione è comune ai giudei del tempo di Gesù (cf. Fil 3,2). Tuttavia la risposta della donna costringe in certo senso Gesù a compiere il miracolo.
Lo stesso episodio è riportato da Matteo, che segue il canovaccio di Marco. Dopo la mediazione dei discepoli affinchè esaudisca la straniera, è riportato il detto sulla missione di Gesù: “Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 15,24). Dunque non un Gesù dall’umanità disincarnata, ma che appartiene al tempo e alle persone che lo cercano, costrette da condizioni di estrema precarietà. E sono tali precarietà umane che segnalano un Gesù profondamente umano, capace di rivedere anche le concezioni religiose del suo ambiente.
Lo studio (Mfei
Restiamo nel Vangelo di Matteo e trasferiamoci sul discorso missionario, riportato in Mt 10,1-42. Dopo la scelta dei Dodici, Gesù chiede di rivolgersi soltanto “alle pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 10,5-6). Come Gesù, anche i Dodici sono mandati non oltre i confini d’Israele, ma a quanti sono nel suo ovile.
Quelli che possiamo definire “i due imbarazzi” della vita pubblica di Gesù presentano alcune importanti ripercussioni. Gesù ha compiuto una predicazione missionaria; ha comunicato lo stesso impulso ai discepoli che ha scelto; e ha limitato la loro predicazione a Israele. Tuttavia le situazioni di emergenza lo hanno portato ad allargare i confini della sua missione e a prendersi cura degli stranieri.
Su questi due imbarazzi s’innesta la conformazione missionaria del movimento cristiano. Si deve a Paolo se la predicazione di Gesù trasborda i confini d’Israele e raggiunge i gentili. E Paolo affronta l’imbarazzo sulla missione di Gesù e dei discepoli, rileggendolo nella prospettiva positiva della missione. Per esortare i forti e i deboli ad accogliersi vicendevolmente, in Rm 15,7-12 precisa che Cristo è diventato servo della circoncisione o del popolo giudaico per dimostrare la fedeltà di Dio alle sue promesse e i gentili possano glorificare Dio. La missione di Gesù per Israele non va negata, ma andrebbe riletta nell’orizzonte di una finalità universale che comprende i gentili.
Secondo la narrazione degli Atti degli apostoli, di fronte alla richiesta dei discepoli sulla restaurazione a favore d’Israele, il Risorto presenta il programma missionario: “Non spetta ai voi conoscere i tempi e i momenti che Dio ha scelto nella sua potenza, ma riceverete potenza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in Giudea, in Sama-ria, sino ai confini della terra” (At 1,8). Dopo la Pasqua i discepoli continuano a sperate in una liberazione politica per Israele. Luca intuisce molto bene che l’universalismo centripeto, incentrato sulla città santa e sul tempio di Gerusalemme, è destinato a diventare centrifugo con la missione dei discepoli.
Pertanto l’impulso missionario di Gesù non si estingue con la sua morte, ma provoca una missione senza confini. A Gesù che rompe i confini entico-religiosi nel suo popolo, corrispondono la predicazione di Paolo che annuncia Gesù Cristo tanto al giudeo, quanto al greco (cf. Rm 1,16-17) e quella attestata dagli Atti degli apostoli.(Continua)
Prof. d. Antonio Pitta
Pontificia Università Lateranense, Roma
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