Alcuni tratti dell’umanità di Cristo
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Uomo di preghiera
Gesù è stato un uomo di profonda preghiera: e attraverso la preghiera ha espresso un’originale visione delle relazioni tra Dio e gli esseri umani. Tuttavia la sua pietà si pone in continuità con quella dei giudei del suo tempo. Anche Gesù si è recato in sinagoga per pregare; è stato abituato a frequentare la Scrittura d’Israele. Come tutti i giudei osservanti ha pregato lo Shemah (cf. Dt 6,4-9). Contro un Gesù dall’umanità dimezzata, sarebbe opportuno inquadrare la sua vita di pietà nell’ottica di quanto è riportato nella Lettera agli Ebrei: “Nei giorni della sua carne (sarkos in greco), egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime, a Colui che poteva salvarlo da morte e, per la sua pietà, venne esaudito” (Eb 5,7). La “carne” a cui si allude è non solo la vita terrena, ma l’intera umanità di Gesù che si riversa, in modo drammatico, nella preghiera.
In tale contesto risaltano due espressioni della preghiera di Gesù: l’invocazione abba e il Padrenostro. Anzitutto abba, Padre è riportata nel contesto della passione di Gesù (cf. Me 14,36). Dopo il contributo pionieristico di J. Jeremias, su questo ipsissimum verbum Jesu si è concentrata l’attenzione di diversi studiosi. Fermo restando che si tratta di una parola autentica di Gesù, la ricerca successiva ha dimostrato che abba non corrisponde a “papa”, che in greco andrebbe reso con pappas, bensì a “padre”. Per questo l’invocazione esprime non soltanto la relazione infantile, ma anche quella degli adulti con Dio, com’è proprio di patèr. Inoltre non è inusuale considerare il Dio d’Israele come Padre poiché è ritenuto tale nell’AT e nel giudaismo del secondo tempio. Il passo di Is 64,7 invoca: “Ma, Signore, Tu sei nostro padre”. In Is 49,15 e Is 66,13 l’amore di Dio assume i tratti della maternità. Fra gli autori del I sec. d.C. che sviluppano l’idea della paternità di Dio c’è Filone Alessandrino, influenzato dallo stoicismo.
Per quanto riguarda il giudaismo, ricordiamo il Oaddish: “Sia magni-ficato e santificato il Suo grande nome, nel mondo che Egli ha creato secondo la sua volontà; venga il suo regno durante la nostra vita e ai nostri giorni e durante la vita di tutta la casa d’Israele, fra breve e nel tempo prossimo…”. E una delle Didotto Benedizioni o Shemoné Eshreh (redatte intorno al I-II sec. d.C.) così si rivolge a Dio: “Perdonaci, Padre nostro, perché abbiamo peccato, assolvici, o nostro Re, perché sei un Dio buono e die perdona. Benedetto tu Signore che sei pietoso’e perdoni con lar-ghcy./a” (Sesta benedizione).
Lo studio
Pertanto la novità apportata da Gesù riguarda non tanto il retroterra confidenziale, quanto il tipo di relazione che abba veicola. Gesù ha avuto la “pretesa” di dirsi Figlio di Dio in modo del tutto originale. Non a caso durante il processo, il sommo sacerdote lo interroga su questa pretesa scandalosa: “Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto” (Me 14,61). Senza tale pretesa non si spiega l’esito della crocifissione, poiché la messianicità di Gesù non crea problemi più di tanto in un periodo abbastanza florido di sedicenti “messia” in Israele.
L’incidenza di abba si riversa sulla vita delle prime comunità cristiane ed è riportata per esprimere la filiazione dei credenti (cf. Gai 4,6; Rm 8,15). All’invio del Figlio di Dio corrisponde la filiazione di quanti diventano figli nel tempo e si riconoscono come tali. Su questa emergenza della relazione filiale con Dio, s’innesta la “fratellanza” dei credenti per cui il termine adelphos (“fratello” nel senso inclusivo degli uomini e delle donne) caratterizza le relazioni ecclesiali. Di fatto il termine adelphos latita nel contesto sinagogale e in quello delle associazioni cultuali gentili del I sec. d.C., mentre è tipico delle prime comunità cristiane.
A Gesù si deve anche il Padrenostro, trasmesso dalla fonte O (Le 11,2-4//Mt 6,9-13). Sembra che la redazione lucana sia più originaria per la maggiore brevità rispetto a quella di Matteo. Se Matteo colloca il Padre-nostro all’inizio della vita pubblica, nel contesto del Discorso della montagna, Luca lo riporta all’inizio del viaggio verso Gerusalemme, ossia in una fase avanzata del rapporto tra Gesù e i discepoli. Le petizioni sul “pane quotidiano” da chiedere ogni giorno e sul “non essere messi in situazione (più che abbandonati) di tentazione” (cf. Le 11,3-4) si comprendono meglio non all’inizio, bensì in una fase avanzata della sequela di Gesù. Ben presto il Padrenostro si diffonde nelle prime comunità eri stiane. Tra la fine del I sec. e gli inizi del II sec. d.C. è redatta la Didaché in cui è riportata la preghiera nella forma più lunga del vangelo di Matteo e con l’aggiunta dossologica “perché tua è la potenza e la gloria nei secoli” (Didaché 8,2).Pertanto i due contenuti inaugurati da Gesù con l’invocazione abba, Padre e il Padrenostro spiegano gli sviluppi sulla preghiera nelle prime comunità cristiane e le modalità con cui quanti condividono la paternità di Dio e sono chiamati a considerarsi fratelli. La fraternità dei credenti in Cristo è conseguenza e non causa della loro filiazione dell’unico Padre. (continua)
Prof. D.Antonio Pitta – UAC
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