A grandi mali, grandi rimedi – Conclusione
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Si può vivere senza Dio?
In un mondo come il nostro, dove la tentazione dell’autosufficienza è sempre più grande e dove l’uomo crede di avere raggiunto le più alte vette di conquista che lo libererebbero da Dio, l’atteggiamento di umiltà, di adorazione e di fede sono dei richiami urgenti che vengono non dal di fuori ma dal di dentro di noi stessi e potremmo dire dallo Spirito che guida la Chiesa nella storia.
Sembra paradossale che partendo da un peccato di autosufficienza siamo arrivati all’adorazione e alla fede. E credo che per finire proprio sul tema dell’adorazione, ci aiuterà ricordare il passo biblico dei tre re d’Oriente che arrivano a Gerusalemme guidati da una strana e straordinaria stella: “Abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorare”, confessano ad Erode. La stella misteriosa che li guida è stata diversamente interpretata, ma alcuni hanno visto la presenza interiore dello Spirito Santo che li conduceva alla presenza del Messia.
Come segno di riverenza portarono dei regali – oro, incenso e mirra- perché “l’adorazione, dice Benedetto XVI, ha un contenuto e comporta un dono”. Adorando questo piccolo bambino come un Re, fanno anche un atto di umiltà: capiscono che il vero Re non si distingue per il potere e la magnificenza. Capiscono che il dono principale non è un dono esteriore, ma se stesso, “un dono minore non basta per questo Re”. Imparano che l’umiltà è il modo divino di esercitare il potere.
Che il vero Dio ha modi totalmente inaspettati nelle sue manifestazioni e nelle sue esigenze. Imparano che “devono diventare uomini della verità, del diritto, della bontà, del perdono, della misericordia. Non domanderanno più: Questo a che cosa mi serve? Dovranno invece domandare: Con che cosa servo io la presenza di Dio nel mondo? Devono imparare a perdere se stessi e proprio così a trovare se stessi” e che la strada che li condurrà ai loro paesi non passa di nuovo per la prepotenza di Erode ma per la via dell’umiltà del Cristo bambino.
È proprio Gesù che ci libera dalla prepotenza e ci indica la via dell’umiltà e la via dell’adorazione come vie insolite per la risoluzione di tanti problemi del mondo e personali. Sono vie sconcertanti, ma comunque sono quelle vie che non sono le nostre, ma di Dio, quanto sovrasta il cielo la terra, le vie di Dio sovrastano le nostre vie, i suoi pensieri i nostri pensieri (Cf. Is 55, 8-9). E come Egli sapeva che lo spirito di autosufficienza non lo poteva sconfiggere gli uomini da soli, accetto la forma di servo e l’obbedienza della croce per aprirci una strada che sembra impervia ma che è tutta piena della luce della salvezza.
Soltanto chi ha schiacciato la propria autosufficienza è capace di perdonare, di manifestare misericordia e di giudicare il mondo con un metro che non è soltanto quello della razionalità chiusa in un immanentismo sia empirista sia idealista, ma aprirà la sua ragione e il suo cuore alla rivelazione della misericordia. A questo proposito, vorrei citare Sant’Ambrogio che, alla fine del suo commento ai sei giorni della creazione, parlando della creazione dell’uomo scrive:
“È finita la sesta giornata e si è conclusa la più eccelsa opera di questo mondo con la perfetta riuscita dell’uomo, di colui che domina su tutti gli esseri viventi ed è come il compendio dell’universo e la bellezza suprema delle creature del mondo. Davvero dovremmo restare assorti in muta contemplazione, poiché Dio ormai si riposa da ogni lavoro che aveva fatto. Però egli ha riposato nell’intimo santuario dell’uomo, ha riposato nel suo spirito e nel suo pensiero; egli infatti aveva creato l’uomo ragionevole, capace di imitarlo, emulo delle sue virtù, bramoso delle grazie celesti.
In questi sue doti riposa, egli che ha detto: ‘O su chi riposerò, se non nell’umile e sul quieto e su chi teme la mia parola?’ Io ringrazio il Signore nostro Dio il quale ha fatto una tale creatura, in cui trovare il suo riposo. Egli creò il cielo e non leggo nella Scrittura che ci si sia riposato. Creò la terra; non leggo che si sia riposato. Creò il sole e la luna e le stelle e nemmeno qui leggo che si sia riposato. Ma leggo che creò l’uomo e allora si riposò, avendo in lui uno a cui perdonare i peccati.
O forse si può dire che già in quel momento si preannunziava il mistero della futura passione del Signore e che si rivelava che Cristo avrebbe riposato nell’umana natura perché egli si destinava in anticipo di prender riposo in un corpo per la redenzione dell’uomo, secondo quanto egli stesso affermò: ‘Io dormii e riposai e mi sono alzato perché il Signore mi ha preso con sé’. A lui l’onore, la gloria, la perennità dei secoli e ora e sempre e per tutti i secoli. Amen”.
P. Pedro Barrajón, L.C.
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